Uova pasquali ed avvertenze: giocattolo sì o giocattolo no?

La Corte di Cassazione ha sanzionato un Supermercato, obbligato a pagare la somma di 3000 euro, per aver posto in commercio alcune uova pasquali sprovviste dell’avvertenza Contiene giocattolo. Si raccomanda la sorveglianza di un adulto”.

Sul tema, la Suprema Corte con l’ordinanza 5558/21, depositata il 1° marzo. Il Tribunale confermava la sentenza con la quale il Giudice di Pace aveva rigettato l’opposizione di un Supermercato nei confronti dell’ordinanza della Camera di Commercio di Potenza che le aveva ingiunto il pagamento di 3000 euro come sanzione per aver posto in commercio alcune uova pasquali sprovviste dell’avvertenza Contiene giocattolo. Si raccomanda la sorveglianza di un adulto” , imposta dall’art. 10, commi 4 e 5 del d. lgs. n. 54/2011. Il Tribunale aveva ritenuto infondati i vari motivi, tra cui l’infondatezza dei motivi con i quali l’ opponente aveva dedotto di non ricoprire il ruolo né di produttrice né di distributrice del prodotto e quindi di non poter presumere che la sorpresa dell’uovo pasquale potesse essere un giocattolo. Il Supermercato ricorre in Cassazione lamentando quindi la violazione ed errata applicazione degli artt. 10 del d. lgs. n. 54/2011 e 3 della l. n. 689/1981, non potendo essere al corrente della consistenza della sorpresa. Il motivo è infondato in quanto la società opponente deve essere qualificata come distributore del prodotto , come chiarito dall’art. 3 n. 6 della direttiva 1009/48/CE, di cui il d. lgs. n. 54/2011 costituisce attuazione, secondo cui la persona fisica o giuridica , diversa dal fabbricante o dall’importatore , che, nella catena della fornitura, mette il giocattolo a disposizione del mercato, ed è, quindi, come tale, obbligato , come si evince dal citato d.lgs. n. 54, artt. 6, 9 e 10, ad apporre o a verificare, con la dovuta attenzione, prima che il prodotto sia messo in vendita, che siano apposte le avvertenze in tema di sicurezza e, più in generale, quelle che, come la pericolosità del prodotto per i minori, determinano la decisione di acquistare il giocattolo . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 gennaio – 1 marzo 2021, n. 5558 Presidente Lombardo – Relatore Dongiacomo Fatti di causa Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la sentenza con la quale il giudice di pace aveva rigettato l’opposizione proposta dalla Cea Supermercati s.n.c. di D.M.D. & amp C. nei confronti dell’ordinanza della Camera di Commercio di Potenza che, in data 9/4/2015, le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 3.000,00, a titolo di sanzione pecuniaria, per aver posto in commercio alcune uova pasquali di cioccolato sprovviste dell’avvertenza Contiene giocattolo. Si raccomanda la sorveglianza di un adulto , imposta dal D.Lgs. n. 54 del 2011, art. 10, commi 4 e 5. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che erano infondati i motivi con i quali la società appellante aveva dedotto la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, sul rilievo che l’ordinanza ingiunzione era stata emessa prima della scadenza del termine di legge per la presentazione degli scritti difensivi da parte dell’ingiunto. Il tribunale, al riguardo, ha rilevato che l’omessa audizione della parte sanzionata, in difetto di un’espressa previsione di nullità dell’ordinanza ingiunzione emessa dall’autorità competente, non configura un’ipotesi di nullità del provvedimento, non rientrando tale fattispecie in quelle previste a pena di nullità dalla L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, e riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto. Il tribunale, poi, ha ritenuto l’infondatezza dei motivi con i quali l’opponente aveva dedotto di non ricoprire il ruolo nè di produttrice nè di distributrice del prodotto e di non poter presumere che la sorpresa contenuta nell’uovo potesse essere un giocattolo. Il tribunale, sul punto, ha osservato che la società opponente, avendo messo in vendita il prodotto al consumatore finale in difformità alla prescrizione previste dal D.Lgs. n. 54 del 2011, art. 10, commi 4 e 5, rientrava a pieno titolo, a fini previsti dal citato D.Lgs. n. 54, art. 3, nel novero dei distributori dei prodotti privi della prescritta avvertenza, e che non aveva alcun rilievo il fatto che la messa in vendita delle uova di cioccolato pasquali sarebbe avvenuta sull’erronea rappresentazione da parte dell’opponente che il prodotto non contenesse al proprio interno alcun giocattolo, non avendo una forma imballaggio tale da far presumere di essere destinata a bambini tale doglianza, infatti, ha rilevato il tribunale, oltre a non essere documentata, è infondata poiché l’errore di fatto che ha determinato la violazione commessa dal trasgressore, e cioè l’erronea supposizione che le uova di cioccolato non contenessero giocattoli al loro interno, avrebbe potuto in ogni caso essere superata con l’impiego dell’ordinaria diligenza da parte del distributore, specie se si considera che si tratta di un prodotto alimentare che sovente contiene, secondo la comune esperienza, gadget et similia quali soprese pasquali, a prescindere dall’apparenza esteriore dell’imballaggio . La Cea Supermercati s.n.c. di D.M.D. & amp C., con ricorso notificato il 6/12/2019, ha chiesto la cassazione della sentenza. La Camera di Commercio di Basilicata, già di Potenza, è rimasta intimata. Ragioni della decisione 1.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha respinto la doglianza fondata relativa alla violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, in relazione all’omessa audizione ivi prevista, laddove, in realtà, la società appellante si era doluta del fatto che l’ordinanza ingiunzione era stata emessa in data antecedente rispetto alla scadenza del termine di trenta giorni entro il quale l’opponente poteva procedere, ai sensi dell’art. 18 cit., alla presentazione di memorie, con la conseguente violazione del suo diritto di difesa. 1.2. Il motivo è infondato. La società ricorrente, infatti, si è doluta del fatto che il tribunale avrebbe malamente inteso la censura che aveva sollevato nei confronti dell’ordinanza impugnata non ha, tuttavia, considerato che il tribunale, lì dove ha affermato che il giudizio di opposizione riguarda il rapporto e non l’atto, ha, in realtà, affermato un principio che giustifica il rigetto della censura che l’opponente aveva sollevato, e cioè che l’ordinanza ingiunzione è stata adottata prima della scadenza del termine, fissato dalla L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 1, per il deposito di scritti difensivi da parte del trasgressore, al pari di quella fondata sulla sua mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta a norma della citata L. n. 689, art. 18, comma 2. In effetti, in tema di ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative, emessa a conclusione del procedimento amministrativo ai sensi della citata L. n. 689, art. 18, la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa, al pari della pronuncia dell’ordinanza ingiunzione prima della scadenza del termine di trenta giorni fissato per la trasmissione di scritti difensivi da parte dell’interessato, non comportano la nullità del provvedimento in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione o di scritti difensivi dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale cfr. Cass. n. 21146 del 2019 . 2. 1. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione del D.Lgs. n. 54 del 2011, art. 10, e della L. n. 689 del 1981, art. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la società opponente fosse, ai fini previsti dal D.Lgs. n. 54 del 2011, art. 10, un distributore del prodotto contenente un giocattolo senza la prescritta avvertenza, senza, tuttavia, considerare che la stessa non era al corrente della consistenza della sorpresa, che poteva anche non rientrare nella categoria giocattolo, essendosi limitata ad immettere sul mercato semplicemente l’uovo di Pasqua, con la conseguente mancanza della coscienza e della volontarietà del fatto commesso. 2.2. Il motivo è infondato. Intanto, la società opponente, che come accertato, in fatto, dal tribunale ha messo in vendita le uova pasquali contenenti giocattoli prive dell’avvertenza Contiene giocattolo. Si raccomanda la sorveglianza di un adulto , imposta dal D.Lgs. n. 54 del 2011, art. 10, commi 4 e 5, e richiamata nell’allegato V al punto 7 , dev’essere senz’altro qualificata, ai fini previsti dal citato D.Lgs. n. 54, art. 31, comma 7, come distributore del prodotto essendo tale, appunto, come chiarito dalla Dir. 2009/48/CE, art. 3, n. 6, di cui il citato D.Lgs. n. 54, costituisce attuazione, la persona fisica o giuridica , diversa dal fabbricante o dall’importatore, che, nella catena della fornitura, mette il giocattolo a disposizione del mercato, ed è, quindi, come tale, obbligato, come si evince dal citato D.Lgs. n. 54, artt. 6, 9 e 10, ad apporre o a verificare, con la dovuta attenzione, prima che il prodotto sia messo in vendita, che siano apposte le avvertenze in tema di sicurezza e, più in generale, quelle che, come la pericolosità del prodotto per i minori, determinano la decisione di acquistare il giocattolo. Quanto al resto, il principio posto dalla L. n. 689 del 1981, art. 3, secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva vale a dire, nel caso in esame, il fatto di aver messo in vendita le uova pasquali contenenti giocattoli prive dell’avvertenza prescritta , sia essa dolosa o colposa, postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, pertanto, l’onere il cui adempimento, nella specie, non risulta nè assolto nè tentato della dimostrazione di aver agito senza colpa Cass. n. 11777 del 2020 che, del resto, il tribunale ha, in fatto, escluso, avendo, appunto, accertato che l’erronea supposizione in cui la società opponente assume di essere incorsa e cioè che le uova di cioccolato che ha messo in vendita non contenevano giocattoli al loro interno avrebbe potuto essere superata dalla stessa con l’impiego dell’ordinaria diligenza rimasta, evidentemente, indimostrata trattandosi di un prodotto alimentare che, a prescindere dall’apparenza esteriore dell’imballaggio , sovente contiene, secondo la comune esperienza, gadget et similia quali soprese pasquali . 3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato. 4. Nulla per le spese di lite, in difetto di controricorso da parte della parte intimata. 5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte così provvede rigetta il ricorso dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.