Fondo patrimoniale e bisogni della famiglia: quando i beni possono essere escussi dal creditore?

La Corte di Cassazione chiarisce cosa deve intendersi per fondo patrimoniale e quando i beni in esso vincolati possono essere aggrediti dai creditori, evidenziando a tal fine la giusta interpretazione da dare ai bisogni della famiglia”.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2904/21, depositata l’8 febbraio. Il Tribunale di Pesaro rigettava l’opposizione proposta dall’attuale ricorrente all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. promossa da una società bancaria nell’ambito di una procedura esecutiva avente ad oggetto un compendio immobiliare. A seguito di impugnazione, la Corte d’Appello di Ancona respingeva il gravame proposto dall’odierno ricorrente, considerando la ravvisata inopponibilità alla creditrice proponente del relativo conferimento in fondo patrimoniale . Il medesimo impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione, sostenendo, tra i diversi motivi, che l’ onere probatorio risulta in capo al debitore che invochi l’applicabilità dell’art. 170 c.c., che dovrà provare che il debito sorto è estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore sia consapevole di tale estraneità, mentre nel caso di specie la Corte di merito aveva ravvisato la pignorabilità dei beni per essere stato il debito contratto ai fini del soddisfacimento di bisogni familiari. Inoltre, egli lamenta che non tutti i debiti sorti in capo al pater familias che abbia una partecipazione sociale hanno automaticamente una matrice familiare”, mentre la Corte aveva tratto tale conclusione in via preventiva, in quanto nella specie si trattava di una fideiussione prestata ad un amico. La Suprema Corte accoglie le doglianze del ricorrente, chiarendo che il fondo patrimoniale indica la costituzione su beni determinati da parte di uno o di entrambi i coniugi di un vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia di conseguenza, essi non sono aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia. La Corte di Cassazione ha altresì specificato che tale costituzione di fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori mediante azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c., rimuovendo così a vantaggio dei creditori la limitazione delle azioni esecutive che l’art. 170 c.c. circoscrive ai debiti contratti per bisogni familiari. L’esecuzione sui beni del fondo, infatti, ha luogo solo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia , dunque delle obbligazioni assunte, anche precedentemente la costituzione del fondo, per bisogni estranei alla famiglia , i beni vincolati non rispondono. In tale contesto, gli Ermellini hanno ritenuto opportuno ribadire cosa si intenda per bisogni della famiglia ”, chiarendo che essi devono intendersi non in senso restrittivo, ma ricomprendendo anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi . In tale contesto, i Giudici hanno evidenziato che è compito del giudice di merito l’accertamento della relazione esistente tra il fatto che ha generato il debito ed i bisogni della famiglia in senso ampio, con riferimento alle circostanze del caso concreto, spettando invece al debitore la prova della regolare costituzione del fondo e della sua opponibilità al creditore procedente, nonché la dimostrazione circa l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia. Inoltre, poiché tale vincolo opera solo nei confronti dei creditori consapevoli del fatto che l’obbligazione sia stata assunta non per fare fronte ai bisogni della famiglia, il Collegio sottolinea che tale consapevolezza deve sussistere al momento del perfezionamento dell’atto da cui l’obbligazione stessa deriva, potendo essa essere fornita anche per presunzioni semplici . Avendo la Corte d’Appello disatteso tali principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio degli atti al Giudice competente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 15 luglio 2020 – 8 febbraio 2021, n. 2904 Presidente Spirito – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 14/2/2017 la Corte d’Appello di Ancona ha respinto i gravami interposti dal sig. P.G. - in via principale - e dalla sig. Pu.Vi. - in via incidentale - in relazione alla pronunzia Trib. Pesaro 1/6/2012, di rigetto dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., proposta nell’ambito della procedura esecutiva promossa dalla Banca delle Marche s.p.a. avente ad oggetto il compendio immobiliare costituito da appartamento sito in omissis e dal relativo garage, stante la ravvisata inopponibilità alla creditrice procedente del relativo conferimento in fondo patrimoniale, e comunque l’inefficacia ex art. 2901 c.c Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi. Resiste con controricorso la Banca Adriatica s.p.a. già Banca delle Marche s.p.a., già Nuova Banca delle Marche s.p.a. . Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1407 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si duole che la corte di merito abbia attribuito alla notifica della cessione del credito al debitore ceduto un ruolo del tutto residuale nonché tralasciato di considerare l’ulteriore eccezione concernente la sua omessa accettazione della cessione del contratto”. Il motivo è inammissibile. Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito in particolare, alla cessione del contratto” limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008. n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469 Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass. 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 Cass., 2/81/2005, n. 16132 Cass., 25/2/2004. n. 3803 Cass., 28/10/2002, n. 15177 Cass., 12/5/1998 n. 4777 sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 25/8/2003, n. 12444 Cass., 1/2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni - come nel caso - apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . L’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono pertanto dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati. Con il 2^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si duole che, nel ribadire che l’onere probatorio è in capo al debitore che invochi l’applicabilità dell’art. 170 c.c., il quale deve dimostrare che il debito sorto è estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore è consapevole di tale estraneità”, la corte di merito abbia nella specie ravvisato la pignorabilità dei beni in virtù dell’essere stato il debito contratto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Lamenta che non tutti i debiti che sorgono in capo al pater familias che abbia una partecipazione sociale, automaticamente hanno una matrice familiare e certamente il fatto che . fosse socio della Real Marine s.r.l. non può conferire l’automatismo voluto dalla Corte dorica , avendo la corte di merito erroneamente tratto tale conclusione in via presuntiva laddove nella specie trattasi di mera fideiussione improvvidamente prestata ad un amico . Si duole non essere stata in alcun modo fornita la prova che il fatto generatore dell’obbligazione, contratta . rilasciando una fideiussione, si dovesse rinvenire nello scopo di soddisfare i bisogni della famiglia , e che per converso l’ attenta verifica . delle pretese creditorie azionate in via monitoria dalla Banca delle Marche s.p.a chiarisce inequivocabilmente che la creditrice procedente non poteva ignorare, e non lo può tuttora, che il debito contratto dal P. in forza della garanzia fideiussoria prestata a favore della società Real Marine s.r.l., non poteva avere nulla a che vedere, neppure ipoteticamente, con i bisogni della famiglia dell’istante, con le esigenze di pieno mantenimento della stessa e con le necessità dell’armonico sviluppo della famiglia . Lamenta essersi nell’impugnata sentenza dalla corte di merito ravvisata la pignorabilità del bene in totale spregio delle risultanze probatorie acquisite , e sulla scorta di sole presunzioni . Con il 3^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che la corte di merito abbia ritenuto inammissibili le formulate richieste istruttorie erroneamente ritenendole non espressamente riproposte in sede di gravame, laddove l’ esame degli atti del giudizio di secondo grado consente di avere la prova che le istanze istruttorie sono state riproposte , e i capitoli di prova formulati . erano finalizzati . a dimostrare la consapevolezza della Banca delle Marche di agire illegittimamente in via esecutiva su di un bene impignorabile”. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati. Il fondo patrimoniale indica la costituzione su determinati beni immobili o mobili registrati o titoli di credito da parte di uno o di entrambi i coniugi o anche di un terzo , con convenzione matrimoniale assoggettata ad oneri formali art. 167 c.c., comma 1 e pubblicitari art. 162 c.c., comma 4 e D.P.R. n. 396 del 2000, art. 69 , v. Cass., 8/10/2008, n. 24798 Cass., 10/7/2008, n. 18870 Cass., 5/4/2007, n. 8610 Cass., 15/3/2006, n. 5684 Cass., 1/10/1999, n. 10859. Cfr. altresì Cass., 27/11/2012, n. 20995 , di un vincolo di destinazione art. 169 c.c. al soddisfacimento dei bisogni della famiglia art. 170 c.c. . Indica altresì il relativo regime di cogestione da parte dei coniugi artt. 167 c.c. e segg. . Il vincolo di destinazione impresso ai beni comporta che essi non siano aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia art. 170 c.c. . A tale stregua, il detto vincolo limita l’aggredibilità dei beni conferiti solamente alla ricorrenza di determinate condizioni art. 170 c.c. , rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito, conseguentemente riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti in violazione dell’art. 2740 c.c., che impone al debitore di rispondere con tutti i suoi beni dell’adempimento delle obbligazioni, a prescindere dalla relativa fonte v. Cass., 7/10/2008, n. 24757 Cass., 7/1/2007, n. 966 Cass., 15/3/2006, n. 5684 Cass., 7/3/2005. n. 4993 Cass., 2/8/2002, n. 11537 Cass., 21/5/1997, n. 4524 Cass., 2/9/1996, n. 8013 Cass., 18/3/1994, n. 2604 . Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la costituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. v. Cass., 7/10/2008, n. 24757 Cass., 7/1/2007, n. 966 Cass., 7/3/2005, n. 4933 Cass., 2/8/2002, n. 11537 Cass., 21/5/1997, n. 4524 Cass., 2/9/1996, n. 8013 Cass., 18/3/1994, n. 2604 , mezzo di tutela del creditore rispetto agli atti del debitore di disposizione del proprio patrimonio, poiché con l’azione revocatoria ordinaria viene rimossa, a vantaggio dei creditori, la limitazione alle azioni esecutive che l’art. 170 c.c., circoscrive ai debiti contratti per i bisogni della famiglia v. Cass., 7/7/2007, n. 15310 , sempre che ricorrano le condizioni di cui all’art. 2901 c.c., comma 1, n. 1 v. Cass., 17/6/1999, n. 6017, e, conformemente, Cass., 7/10/2008, n. 24757 , senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore da quest’ultimo avuto di mira nel compimento dell’atto dispositivo a tale stregua considerandosi soggetti all’azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale , come ad es. il trasferimento della proprietà di un bene effettuato a seguito della separazione personale per adempiere al proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge, in favore di quest’ultimo in tali termini v. Cass., 26/7/2005, n. 15603 , per la sussistenza del consilium fraudis essendo in particolare sufficiente, nel caso in cui la costituzione sia avvenuta anteriormente al sorgere del debito, la consapevolezza da parte dei debitori del pregiudizio che mediante l’atto di disposizione venga in concreto arrecato alle ragioni del creditore v. Cass., 23/9/2004, n. 19131 . Atteso che l’art. 170 c.c., disciplina l’efficacia sui beni del fondo patrimoniale di titoli che possono giustificare l’esecuzione su di essi v. Cass., 5/3/2013, n. 5385 , il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura - ex contractu o ex delitto - delle obbligazioni v. Cass., 26/7/2005, n. 15603 Cass., 18/7/2003. n. 11230 , ma nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia v. Cass., 8/7/2003, n. 11230 Cass., 31/5/2006. n. 12998. E, conformemente, da ultimo, Cass., 19/6/2018, n. 16176, Cfr. altresì Cass., 7/7/2009, n. 15862 . A tale stregua, delle obbligazioni assunte, anche anteriormente alla costituzione del fondo v. Cass., 9/4/1996, n. 3251 , per bisogni estranei alla famiglia, i beni vincolati in fondo patrimoniale non rispondono. Si è da questa Corte posto d’altro canto in rilievo che i bisogni della famiglia sono da intendersi non in senso restrittivo, come riferentesi cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì analogamente a quanto, prima della riforma di cui alla richiamata L. n. 151 del 1975, avveniva per i frutti dei beni dotali nel senso di ricomprendere in detti bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi v. Cass., 7/1/1984, n. 134 . In altri termini, i bisogni della famiglia debbono essere intesi in senso lato, non limitatamente cioè alle necessità c.d. essenziali o indispensabili della famiglia ma avendo più ampiamente riguardo a quanto necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare secondo il relativo indirizzo, e al miglioramento del benessere anche economico della famiglia cfr. Cass., 19/2/2013, n. 4011 , concordato ed attuato dai coniugi cfr. Cass., 23/8/2018, n. 20998 Cass., 19/2/2013, n. 4011 Cass., 5/3/2013, n. 5385 . Con particolare riferimento ai debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, anche se la circostanza che il debito sia sorto nell’ambito dell’impresa o dell’attività professionale non è di per sé idonea ad escludere in termini assoluti che esso sia stato contratto per soddisfare i bisogni della famiglia v. Cass., 26/3/2014, n. 15886 Cass., 7/7/2009, n. 15862 , risponde invero a nozione di comune esperienza che le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale abbiano uno scopo normalmente estraneo ai bisogni della famiglia cfr. Cass., 31/5/2006, n. 12998, ove si è sottolineato come la finalità di sopperire ai bisogni della famiglia non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa . È pertanto necessario l’accertamento da parte del giudice di merito della relazione sussistente tra il fatto generatore del debito e i bisogni della famiglia in senso ampio intesi v. Cass., 24/2/2015, n. 3738 , avuto riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto. Va al riguardo per altro verso sottolineato che il vincolo di inespropriabilità ex art. 170 c.c., deve essere contemperato con l’esigenza di tutela dell’affidamento dei creditori. Atteso che la prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, ove come nella specie venga proposta opposizione ex art. 615 c.p.c., per contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente ma anche che il suo debito verso quest’ultimo è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia cfr. Cass., 29/1/2016, n. 1652 Cass., 19/2/2013, n. 4011 Cass., 5/3/2013, n. 5385 Cass., 7/2/2013, n. 2970 Cass., 15/3/2006, n. 5684 . Poiché il vincolo de quo opera esclusivamente nei confronti dei creditori consapevoli che l’obbligazione è stata contratta non già per far fronte ai bisogni della famiglia ma per altra e diversa finalità alla famiglia estranea, si è sottolineato come tale consapevolezza debba sussistere al momento del perfezionamento dell’atto da cui deriva l’obbligazione. La prova dell’estraneità e della consapevolezza in argomento può essere peraltro fornita anche per presunzioni semplici v. Cass., 17/1/2007, n. 966 e, conformemente, Cass., 8/8/2007, n. 17418. Con riferimento alla prova della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori quale condizione per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, cfr. Cass., 11/2/2005, n. 2748 . È pertanto sufficiente provare che lo scopo dell’obbligazione apparisse al momento della relativa assunzione come estraneo ai bisogni della famiglia. Orbene, i suindicati principi sono rimasti dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza. Atteso che la vicenda attiene a pignoramento notificato il 7/12/1994 della Banca delle Marche s.p.a. avente ad oggetto compendio immobiliare integrato da appartamento sito in OMISSIS e dal relativo garage dall’odierno ricorrente conferito in fondo patrimoniale il precedente 10/10/1993, e che gli importi il cui pagamento è stato dalla Banca richiesto sono relativi a fideiussioni dal medesimo prestate a garanzia di affidamenti ottenuti dalla società Rea Marine s.r.l., di cui era socio, tale giudice ha disatteso i suindicati principi là dove ha in particolare affermato che in difetto di qualsiasi prova od allegazione su di una qualche diversa fonte di sostentamento della famiglia, appare del tutto legittimo presumere che dall’attività d’impresa di cui faceva parte il P. derivassero i mezzi di sostentamento del nucleo familiare, di modo che le obbligazioni fideiussorie assunte ricollegabili a tale rapporto societario ben possono ritenersi rientrare nell’alveo di quelle prestate nell’interesse della famiglia . Non è dato invero evincere su quali basi e con quali argomentazioni la corte di merito abbia evinto che la stipulazione delle fideiussioni sia stata dall’odierno ricorrente nella specie operata non già quale atto di esercizio della propria attività imprenditoriale volto a garantire la Banca in ordine agli affidamenti concessi funzionali allo svolgimento dell’attività della società di cui era socio , quanto bensì per sopperire ai bisogni della famiglia. Non risulta infatti dalla corte di merito fornita indicazione alcuna circa gli elementi o indizi deponenti nel senso dell’essere stata la stipulazione delle fideiussioni de quibus direttamente ed automaticamente volta anziché a favorire lo svolgimento dell’attività societaria al soddisfacimento viceversa dei bisogni della propria famiglia. Nè a fortiori emerge su quali basi la corte di merito sia pervenuta alla raggiunta conclusione in base ad una prova per presunzioni. Non spiega infatti come abbia potuto ritenere che risponda all’id quod plerumque accidit che il professionista o come nella specie l’imprenditore, ove coniugato, nell’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale di norma assuma debiti non già al fine del relativo espletamento quanto bensì per direttamente ed immediatamente sopperire ai bisogni della famiglia. Le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale risultano per converso avere di norma un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale, solo indirettamente e mediatamente potendo assolvere anche al soddisfacimento dei bisogni della famiglia arg. ex art. 178 c.c. e art. 179 c.c., lett. d , se e nella misura in cui con i proventi della propria attività professionale o imprenditoriale il coniuge, in adempimento dei propri doveri ex art. 143 c.c., vi faccia fronte. È fatta peraltro salva la prova contraria, potendo dimostrarsi che pur se posto in essere nell’ambito dello svolgimento dell’attività d’impresa o professionale nello specifico caso concreto, diversamente dall’id quod plerumque accidit, l’atto di assunzione del debito è eccezionalmente volto ad immediatamente e direttamente soddisfare i bisogni della famiglia. Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha errato là dove, pur esattamente movendo dal principio affermato da questa Corte secondo cui l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia, ha invero errato là dove ha invero omesso di valutare - dandone congruamente conto - l’aspetto relativo all’inerenza diretta ed immediata delle stipulate fideiussioni de quibus con specifico riguardo alla causa concreta degli stipulati contratti di garanzia in argomento v. Cass., 10/6/2020, n. 11092 Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882 Cass., 6/7/2018, n. 17718 Cass., 19/3/2018, n. 6675 Cass., 22/11/2016, n. 23701 . Ha altresì errato là dove ha fondato la propria decisione su una ravvisata prova presuntiva di cui non è dato invero evincere quale sia il relativo provato fatto base da cui ha argomentato, nè risulta spiegato su quali basi l’abbia ritenuta consentanea all’id quod plerumque accidit che appalesa viceversa di segno contrario. Va ulteriormente posto in rilievo che l’affermazione secondo cui in difetto di qualsiasi prova od allegazione su di una qualche diversa fonte di sostentamento della famiglia, appare del tutto legittimo presumere che dall’attività d’impresa di cui faceva parte il P. derivassero i mezzi di sostentamento del nucleo familiare, di modo che le obbligazioni fideiussorie assunte ricollegabili a tale rapporto societario ben possono ritenersi rientrare nell’alveo di quelle prestate nell’interesse della famiglia , oltre che del tutto apodittica e intrinsecamente ed irrimediabilmente illogica, non consente invero nemmeno di evincere che al momento della stipulazione la Banca fosse consapevole che la finalità da quest’ultimo con essa perseguita fosse non già correlata all’esercizio della propria attività imprenditoriale bensì direttamente ed esclusivamente alla tutela dei bisogni della famiglia, quand’anche latamente intesi. Senza sottacersi, da un canto, che risulta a tale stregua dai giudici di merito indebitamente e del tutto immotivatamente imposto a carico del debitore odierno ricorrente un onere di prova od allegazione su di una qualche diversa fonte di sostentamento della famiglia privo invero di fondamento alcuno, con conseguente violazione pertanto anche della regola di ripartizione dell’onere della prova ex art. 2697 c.c Per altro verso, che movendo dal ravvisato difetto di qualsiasi prova od allegazione al riguardo, l’inammissibilità dei mezzi di prova proposti dall’odierno ricorrente e in particolare dell’articolata prova testimoniale in ragione della sussistenza già agli atti” di elementi sufficienti onde addivenire ad una corretta pronuncia sul punto ritenuta dalla corte di merito si appalesa ulteriormente contrastare con il principio affermato da questa Corte in base al quale la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito all’art. 2697 c.c., benché la parte abbia offerto di adempierlo v. Cass., 5/5/2020, n. 8466 Cass., 3019/2019, n. 24205 Cass., 21/4/2005, n. 8357 Cass., 21/10/1992, n. 11491 Cass., 9/11/1981, n. 5915 Cass., 21/3/1979. n. 1627 Cass., 19/7/1975, n. 2867 Cass., 2/3/1963, n. 789 . Alla fondatezza nei suindicati termini e limiti del 2 e del 3 motivo, rigettato il 1 motivo, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione.