Come si valuta la sussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo?

Il ricorrente formula domanda di equa riparazione in relazione alla non ragionevole durata del processo instaurato dinanzi al Tribunale, durato ben 25 anni. Il Giudice di seconde cure, però, ritiene sussistente l’ipotesi di cui alla lett. C dell’art. 2, l. n. 89/2001, anziché quella prevista dall’art. 5-ter. Cosa ne penserà la Corte di Cassazione?

Questo il contenuto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 1606/21, depositata il 26 gennaio. La Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’ opposizione formulata dall’attuale ricorrente ai sensi dell’art. 5- ter , l. n. 89/2001, proposta contro il decreto di rigetto della sua domanda di equa riparazione formulata in relazione alla non ragionevole durata del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Crotone 25 anni . La Corte d’Appello riteneva, infatti, che nel caso concreto ricorresse l’ipotesi di insussistenza del pregiudizio, in quanto il processo si era estinto per rinuncia e inattività delle parti in causa. Il ricorrente si rivolge allora alla Corte di Cassazione, impugnando la suddetta decisione per via della errata valutazione relativa alla mancata sussistenza del pregiudizio da lui lamentato. La Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso, osservando come la Corte d’Appello abbia posto l’accento nella decisione impugnata sul presupposto che il giudizio si fosse estinto , senza, tuttavia, considerare che il riconoscimento del pregiudizio da irragionevole durata del processo non è ancorabile al solo esito finale del giudizio a prescindere dalle varie fasi e gradi in cui il giudizio stesso si è svolto . L’indennizzo, infatti, proseguono gli Ermellini, va valutato con specifico riferimento anche alla sola durata della fase di primo grado, valutazione che nel caso concreto non è stata svolta. Di conseguenza, i Giudici di legittimità accolgono il motivo di ricorso, cassano la decisione impugnata in relazione ad esso e rinviano gli atti alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 ottobre 2020 – 26 gennaio 2021, n. 1606 Presidente Manna – Relatore Oricchio Rilevato che G.G. ha impugnato, con ricorso articolato in due motivi, il decreto n. 1905/2019 della Corte di Appello di Catanzaro. Il ricorso è resistito dall’intimato Ministero della Giustizia con controricorso. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. Il decreto impugnato rigettava l’opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, proposto avverso il precedente decreto di rigetto del magistrato designato in ordine alla domanda di equa riparazione formulata, tra gli altri, dall’odierno ricorrente. Tanto in relazione alla non ragionevole durata del giudizio instaurato innanzi al Tribunale di Crotone, di cui in atti, ed ivi già pendente per la durata di anni venticinque. La Corte calabrese riteneva ricorrente l’ipotesi di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo. Ricorreva, a dire della Corte medesima, l’ipotesi di cui dell’art. 2, lett. C L. cit., in quanto il processo si era estinto per rinuncia ed inattività delle parti stesse in causa. Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375, u.c., non essendo stata riscontrata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare. Considerato che 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, di violazione della L. n. 89 del 2001. Viene dedotta la errata valutazione della insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo . Il motivo è fondato e va accolto. La Corte territoriale ha incentrato il diniego al riconoscimento del pregiudizio da irragionevole durata del processo sul presupposto che, in sede di appello, il giudizio si era estinto. Senonché il detto riconoscimento non è ancorabile al solo esito finale del giudizio a prescindere dalle varie fasi e gradi in cui il giudizio stesso si è svolto durando, nella fattispecie più di due decenni . L’indennizzo deve dunque essere valutato con specifico riferimento anche alla sola durata della fase di primo grado cosa che, nella fattispecie, non è stata fatta . 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di violazione della L. n. 89 del 2001. Con la doglianza parte ricorrente si duole in ordine all’indennizzo per presunta carenza di prova del danno morale. Il motivo deve ritenersi assorbito per effetto dell’accoglimento di quello di cui al precedente § sub 1., implicante una revisione del giudizio. 3.- Conseguente all’accoglimento del primo motivo è la cassazione dell’impugnato provvedimento, con rinvio al Giudice in dispositivo indicato, il quale provvederà alla decisione uniformandosi a quanto innanzi affermato. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione.