Provvedimento di espulsione: la pericolosità va valutata in sé a prescindere che si tratti di cittadino comunitario o extra-comunitario

Al fine dell’adozione legittima di un provvedimento di espulsione, la valutazione della pericolosità non soggiace a limiti particolari quando il cittadino comunitario sia attinto da provvedimento da cui risultino più comportamenti delittuosi, anche gravi, accertati mediante sentenze di condanna, costituendo un accertamento in sé che non necessita l’adozione di parametri specifici a seconda che si tratti di accertare la pericolosità di un cittadino comunitario o extra-comunitario.

Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 1015/21, depositata il 20 gennaio. Il Tribunale di Venezia rigettava la richiesta di un cittadino straniero di caducazione del provvedimento con cui il Prefetto di Treviso gli aveva intimato l’ allontanamento dal territorio nazionale italiano per motivi di pubblica sicurezza . Il cittadino straniero impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione. La Corte di Cassazione osserva che il nucleo fondante del ricorso consiste nella prospettazione secondo cui la valutazione della pericolosità sociale dello straniero comunitario , ai sensi dell’art. 20, d.lgs. n. 30/2007, al fine del suo allontanamento dal territorio nazionale, deve interpretarsi alla luce della giurisprudenza formatasi nelle liti concernenti l’espulsione del cittadino extracomunitario ex art. 13, d.lgs. n. 286/1998. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile , in quanto fondato su una ricostruzione personale della natura e dei limiti propri dell’accertamento della pericolosità sociale. Inoltre, gli Ermellini rilevano che il Giudice aveva dato motivazione esauriente a tal proposito, considerata la ricorrenza di una serie di comportamenti delittuosi del ricorrente anche molto gravi già accertati mediante sentenze di condanna . Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile ed enuncia il seguente principio di diritto la valutazione della pericolosità, al fine della legittima adozione di provvedimento di espulsione, non soggiace a particolari limitazioni allorché sia attinto da provvedimento stesso un cittadino comunitario , del quale risulti acclarata la rilevante pericolosità per conseguenza di plurimi comportamenti delittuosi, anche di notevole gravità, accertati con l’emissione di sentenze di condanna, nell’ambito di una complessiva situazione oggettiva attestante la detta pericolosità il cui valido accertamento è tale in sé e non perché vengano adottati particolari parametri a seconda se si tratti di accertare la pericolosità di un cittadino extra-comunitario o comunitario .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 giugno 2020 – 20 gennaio 2021, n. 1015 Presidente Di Virgilio – Relatore Oricchio Rilevato in fatto che è stata impugnata da T.N. l’ordinanza, resa nel procedimento iscritto al n. R.G. 7886/2018, dal Tribunale di Venezia in data 14.6.2019. Il ricorso è basato su due motivi. La parte intimata ha depositato soltanto mero atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1 . Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. L’odierna parte ricorrente chiedeva al suddetto Tribunale la caducazione del provvedimento con cui il Prefetto di Treviso, come da atti, gli intimava l’allontanamento dal territorio nazionale italiano per motivi imperativi di pubblica sicurezza. La domanda veniva rigettata. Nella fattispecie e, per quanto ancora rileva, il Giudice di prime cure disattendeva le doglianza mosse al provvedimento prefettizio per errata valutazione dei presupposti di fatto per l’allontanamento e della pericolosità sociale, nonché per vizio di incompetenza. Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare. Considerato in diritto che 1. - Con il primo motivo del ricorso si deduce la nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Venezia per omessa pronuncia su un motivo di impugnazione ovvero sull’eccezione di incompetenza dell’autorità che ha emanato il decreto di allontanamento . Nella sostanza il ricorrente - cittadino romeno - adducendo di essere residente in Italia dal 20.9.2005 sosteneva che il decreto de quo poteva essere adottato dal solo Ministro dell’Interno e non dal Prefetto del luogo di residenza o domicilio dell’interessato. Parte ricorrente deduce quanto sopra in assenza della dovuta indicazione del parametro normativo processuale alla cui stregua viene svolta la censura qui scrutinata. Inoltre parte ricorrente adduce la propria residenza in Italia dal 2005 limitandosi a rinviare alla pagina 6 del ricorso avverso il decreto prefettizio . In ogni caso decisivamente il motivo è infondato, data la disposizione di cui al D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, comma 9, parte prima. Il motivo è, quindi, inammissibile. 2. - Con il secondo motivo si censura il vizio di violazione di legge per violazione o falsa applicazione dal D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20 della normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007 . Anche per il motivo in esame viene omessa la dovuta indicazione del parametro normativo di riferimento alla cui stregua viene proposta la censura. Ciò posto, va osservato che il nucleo fondante del motivo consta, in sostanza, nella prospettazione che la valutazione della pericolosità sociale dello straniero comunitario D.Lgs. n. 30 del 2007, ex art. 20, ai fini del suo allontanamento dal territorio nazionale, non può essere interpretata alla luce della giurisprudenza formatasi nelle controversie riguardanti l’espulsione del cittadino extracomunitario D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13 . Il motivo è inammissibile in quanto fondato su una propria ricostruzione personale della natura e dei limiti dell’accertamento della pericolosità sociale ancorché di quella di un cittadino romeno , nè offre idonei motivi tali da ritenere la pronuncia gravata in contrasto con norme di legge o principi giurisprudenziali. Cass. n. 635/2015 . In ogni caso il motivo non si confronta con la esplicita ratio della decisione gravara, che poggia sulla valutazione della notevole pericolosità del cittadino, ancorché comunitario, attestata da plurimi comportamenti delittuosi anche di notevole gravità, accertati con l’emissione di sentenze di condanna . In più nel provvedimento del Tribunale di prima istanza è, con esauriente tata la ricorrenza di plurimi comportamenti delittuosi anche di novità gravita, accertati con l’emissione di sentenze di condanna . Il motivo e, pertanto, inammissibile. Il Collegio ritiene in ogni caso, di dover enunciare il seguente principio la valutazione, della pericolosità, al fine della legittima adozione di provvedimento di espulsione, non soggiace a particolari limitazioni allorché sia Ndr testo originale non comprensibile da provedimento stesso un cittadino comunitario, del quale risulti acclarata la rilevante pericolosità per conseguenza di plurimi comportamenti delittuosi, anche di notevole gravità, accertati con l’emissione di sentenze di condanna , nell’ambito di una complessiva situazione oggettiva attestante la detta pericolosità il cui valido accertamento è tale in sé e non perché vengano adottati particolari parametri a seconda se si tratti di accertare la pericolosità di un cittadino extra-comunitario o comunitario . 3. - Alla inammissibilità dei motivi consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel suo complesso. 5. - Nulla va statuito, in assenza di controricorso, quanto alle spese del giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile.