L’importanza dell’indicazione delle fonti consultate

In caso di mancato riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria, il giudice di merito è tenuto ad indicare la fonte consultata posta alla base della decisione di diniego, in modo tale da assicurare il rispetto dei requisiti di aggiornamento e precisione di cui all’art. 8 co. 3 d.lgs. n. 25/2008.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 29260/20 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, depositata il 22 dicembre. Il caso. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Brescia respingevano la domanda di O.S., cittadino nigeriano, proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero, in via sussidiaria, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. O.S. proponeva ricorso in cassazione assumendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 25/2008 e dell’art. 14 d.lgs. n. 251/2007 in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. perché le Corti avrebbero negato il riconoscimento della protezione sussidiaria omettendo di verificare le effettive situazioni esistenti in Nigeria. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La protezione sussidiaria e il permesso di soggiorno umanitario”. Ai sensi dell’art. 2 lett. g d.lgs. n. 251/2007, può richiedere la protezione sussidiaria il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese . Per una migliore comprensione della protezione sussidiaria è d’uopo ricordare che il rifugiato è un cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese. Il permesso di soggiorno per scopi umanitari, o meglio, la c.d. tutela o protezione umanitaria, può essere richiesto, invece, da persone che vivono oggettive e gravi situazioni personali, senza possedere i requisiti per poter ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e neppure quelli per ottenere la protezione sussidiaria Cass. n. 4455/2018 . Il permesso di soggiorno per motivi umanitari art. 8 d.lgs. n. 25/2008 , nel dettaglio, viene concesso quando ricorrono seri motivi di carattere umanitario . Suddetti motivi non sono tipizzati ciò fa sì che bisognerà fare riferimento al diritto internazionale, ma prima ancora alla Carta Costituzionale, al fine di valutare la violazione o il timore della violazione dei diritti umani fondamentali. Le cosiddette C.O.I Country of Origin Information . Secondo l’art. 8 d.lgs. n. 25/08 ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla commissione stessa. La commissione nazionale assicura che tali informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle commissioni territoriali e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative . La disposizione de qua deve essere letta in combinato disposto con l’art. 35- bis , comma 9 del medesimo decreto il quale prevede che per la decisione il giudice si avvale anche delle informazioni sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza elaborate dalla commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO e dal Ministero degli affari esteri. Ciò significa che le Country of Origin Information o C.O.I. assumono un ruolo centrale nell’istruzione e decisione della causa riconoscere o meno la protezione internazionale o sussidiaria, infatti, deve derivare anche e comunque dall’analisi delle notizie sul Paese di origine o di transito, vedi Cass. 7873/2020 già commentata del richiedente. Solo così, infatti, si rispetta il disposto dell’art. 8 d. lgs n. 25/08 nella parte in cui parla di informazioni precise e aggiornate . Nel caso di specie la domanda di protezione internazionale ed umanitaria viene respinta sulla scorta della inesistenza di una situazione di violenza nel Paese di origine di O.S., non risultando credibile e dirimente il coinvolgimento del richiedente e della sua famiglia in un attentato perpetrato da terroristi appartenenti a Boko Haram e in occasione del quale erano rimasti uccisi i suoi genitori, entrambi gestori di un ristorante. Il Tribunale di Brescia prima, e la Corte d’Appello poi, infatti, basavano il loro diniego sulla scorta della incapacità di O.S. di indicare il luogo preciso dell’attacco terroristico, ed in particolare del luogo preciso in cui era stato posizionato l’ordigno esplosivo, limitandosi ad indicare la mancata sussistenza di una situazione di violenza diffusa, senza indicare alcuna fonte a suffragio di tale conclusione. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso proprio per tale ragione il giudice di merito è tenuto ad indicare la fonte consultata in modo tale da assicurare il rispetto dei requisiti di aggiornamento e precisione di cui all’art. 8 co. 3 d.lgs. n. 25/2008.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 23 ottobre – 22 dicembre 2020, n. 29260 Presidente Acierno – Relatore Oliva Fatti di causa Con ordinanza del 19.12.2016 il Tribunale di Brescia respingeva il ricorso proposto da O.S. , cittadino della , avverso il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia aveva rigettato sia la domanda di protezione sussidiaria sia quella di protezione umanitaria. Avverso tale ordinanza interponeva appello l’O. e la Corte di Appello, con la sentenza oggi impugnata, n. 1779/2018, rigettava il gravame. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione di rigetto O.S. , affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente negato il riconoscimento della protezione sussidiaria, omettendo di verificare l’effettiva condizione esistente in Nigeria. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la Corte di Appello avrebbe negato il riconoscimento della protezione omettendo, tuttavia, di analizzare compiutamente sia la situazione esistente nella zona d’origine del richiedente sia l’accertamento dell’effettivo livello scolastico del medesimo. Le due censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono fondate. Dalla sentenza impugnata risulta che il richiedente aveva riferito che la sua famiglia era rimasta coinvolta in un attentato perpetrato da terroristi appartenenti a omissis , in occasione del quale erano rimasti uccisi entrambi i suoi genitori, gestori di un ristorante. Detta storia non è stata ritenuta credibile dalla Corte bresciana, in quanto l’O. non aveva saputo indicare precisamente il luogo in cui sarebbe stato posizionato l’esplosivo che avrebbe causato la morte dei suoi genitori, nè chiarire in che modo l’attentato avesse potuto coinvolgere l’edificio in cui sarebbe stato collocato il ristorante gestito dai suoi genitori. Il giudice di merito, infatti, dà atto che risulta effettivamente un attentato, compiuto il omissis nella stazione degli autobus della città di , ma precisa che esso è stato causato da una bomba presente su uno dei veicoli e ha causato 71 morti tra i passeggeri. Dopo aver escluso, sulla base di detti argomenti - non specificamente attinti dai motivi di censura in esame - la credibilità del racconto e, quindi, il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b , la Corte di Appello ha altresì escluso la sussistenza dei requisiti di cui alla lett. c della predetta disposizione, senza tuttavia aver cura di precisare le fonti cd. C.O.I. consultate. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, impone al giudice di esaminare la domanda di protezione internazionale alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che dette informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell’art. 38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative . Le Country of Origin Information cosiddette C.O.I. assumono quindi un ruolo centrale nell’istruzione e nella decisione delle domande di protezione internazionale, poiché la relativa decisione deve essere assunta, per precisa disposizione normativa, sulla base delle notizie sul Paese di origine, o di transito, del richiedente che siano tratte da fonti informative specifiche ed aggiornate. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha violato tale disposizione, poiché si è limitata ad affermare che non sussisterebbe un contesto di violenza diffusa in situazione di conflitto armato interno nell’intero territorio della Nigeria ma solo egli Stati del nord-est, e principalmente in quello si Kano, Borno e Adamawa, e non anche in quello di Rivers dove si trova Port Harcourt e neppure in quello di Imo dove si trova Amil Akabo, luoghi dove dovrebbe fare ritorno se rimpatriato il richiedente cfr. pag. 6 della sentenza impugnata , senza aver cura di indicare alcuna fonte informativa a suffragio di tale conclusione. L’omissione non consente di verificare l’attendibilità e la pertinenza dell’informazione utilizzata dal giudice di merito, e si riflette pertanto in una violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria previsto e declinato dal già richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Merita, al riguardo, di essere affermato il seguente principio, in linea con quanto ormai costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13449 del 17/05/2019, Rv. 653887 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, Rv. 657701 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13255 del 30/06/2020, Rv. 658130 . A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad indicare l’autorità o ente dalla quale la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che sono garantiti anche dalla specifica provenienza delle C.O.I. indicate in detta disposizione . Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale non ha indicato alcuna fonte internazionale idonea sulla base della quale ha suffragato la sua valutazione, non consentendo in questo modo la verifica dell’attendibilità e della pertinenza dell’informazione. L’accoglimento del primo e del terzo motivo comporta l’assorbimento del secondo, con il quale il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alle censure accolte e la causa rinviata alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione.