Decreto di espulsione: rigettare l’opposizione sulla sola base dei precedenti penali del richiedente è illegittimo

La Cassazione ha chiarito che è affetto da violazione di legge il provvedimento del Giudice di pace, emesso nell’ambito dell’opposizione a decreto di espulsione, in cui il giudicante abbia compiuto una propria, autonoma e prognostica valutazione, negativa, sulla accoglibilità della domanda di protezione, sulla sola base dei precedenti penali del richiedente.

Nell’esaminare il ricorso proposto dallo straniero avverso l’ordinanza con cui il Giudice di Pace aveva rigettato l’opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto, convalidandolo, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25964/20, depositata il 16 novembre, ha affermato un nuovo principio di diritto in materia di immigrazione. In particolare, la Corte ha chiarito che è affetto da violazione di legge il provvedimento del Giudice di pace emesso nell’ambito dell’ opposizione a decreto di espulsione in cui, invece di dare atto della inappellabilità attuale fino all’esito del contestualmente pendente giudizio di riconoscimento della protezione internazionale , il giudicante compia una propria, autonoma e prognostica valutazione, negativa, sulla accoglibilità della domanda di protezione, sulla base dei precedenti penali del richiedente , sulla base della quale decida immediatamente l’opposizione, reputando non necessario attendere l’esito del giudizio sulla protezione internazionale per definire il giudizio di opposizione al decreto di espulsione . Nella fattispecie , il ricorrente aveva lamentato appunto che il Giudice di Pace aveva compiuto la sua valutazione considerando solo la sussistenza di precedenti penali a suo carico, senza valutare la sua situazione attuale nel complesso, senza compiere alcuna valutazione prognostica sulla prevedibilità della reiterazione in futuro delle condotte criminose e senza valutare se egli risultasse appartenente ad una delle categorie di cui all’art. 1 d.lgs. n. 159/2011 esenti dall’espulsione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 luglio – 16 novembre 2020, n. 25964 Presidente Travaglino – Relatore Rubino Fatti di causa e ragioni della decisione 1. O.J. , cittadino nigeriano, propone ricorso per cassazione nei confronti della Prefettura di Napoli e del Ministero dell’Interno, articolato in due motivi, notificato il 16.10.2019, avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Napoli, depositata il 16.4.2019, non notificata, con la quale il giudice di pace ha rigettato il ricorso in opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto, convalidando il decreto stesso. 2. Afferma di essere in Italia dal 1992, di aver avuto un figlio in Italia, di essere convivente con una connazionale, di aver scontato una lontana pena detentiva e di aver ricevuto anche un encomio dalle autorità carceraria, di essere integrato e lavoratore, e che tutte queste circostanze non sarebbero state tenute in conto dal giudice di pace nel rigettare la sua opposizione al decreto espulsivo. 3. L’ordinanza, per quanto ancora qui rileva, si articola sinteticamente in due punti quanto all’essere il ricorrente coniugato con una connazionale e padre di un minore, afferma che nulla abbia provato l’O. alcuna documentazione veniva depositata in merito . Il secondo punto è quello relativo alla dedotta sussistenza di una condizione soggettiva di inespellibilità, consistente nell’aver chiesto la concessione di una forma di protezione internazionale dopo l’emissione del provvedimento di espulsione. In proposito, l’ordinanza del giudice di pace, alquanto criptica benché sintetica, dà atto dell’avvenuta presentazione da parte dello straniero di una domanda di protezione internazionale dopo l’emissione del decreto di espulsione, ancora sub iudice, e indulge in considerazioni sul fatto che neppure l’esistenza di una famiglia in Italia lo avrebbe trattenuto dal commettere reati laddove al passaggio precedente ha ritenuto non provata l’esistenza di una famiglia e quindi opina che, in ragione dei precedenti del ricorrente, benché questi abbia poi ricevuto un encomio dalla stessa direzione carceraria per il suo comportamento durante la detenzione, il suo ricorso volto all’ottenimento di una forma di protezione internazionale verrà rigettato, e per questo motivo, unitamente al ritenere inconsistenti i motivi di opposizione rigetta l’opposizione. 4. Gli intimati non hanno svolto attività difensive in questa sede. 5. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata. 6. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, ed il cui esame avrebbe condotto ad un esito diverso della controversia. Indica il fatto decisivo nel complesso delle circostanze dedotte i legami familiari in Italia, il percorso di integrazione, il comportamento virtuoso tenuto durante la detenzione, da cui l’anticipata scarcerazione. Segnala che, valutando le stesse circostanze, il Tribunale di Potenza non aveva convalidato l’ordine di allontanamento. Sottolinea la contraddittorietà del provvedimento impugnato, che da un lato non ha ritenuto provata l’esistenza sul territorio di rilevanti legami familiari, e dall’altro ha evidenziato che il ricorrente aveva commesso alcuni gravi reati, dai quali non era stato distolto neppure dal proprio nucleo familiare. 7. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la presenza di un error in iudicando per violazione dell’art. 8 Cedu, art. 27 Cost., art. 13, comma 2, lett. c e comma 2 bis del TUI e del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1. Riporta quanto dedotto nell’originario ricorso ed indica i documenti ad esso allegati, denunciando che il giudice di pace avrebbe compiuto la sua valutazione solo considerando la sussistenza di precedenti penali a carico del ricorrente, senza valutare la sua situazione attuale nel complesso, senza compiere quindi alcuna valutazione prognostica sulla prevedibilità della reiterazione in futuro delle condotte criminose e senza valutare se egli risultasse appartenere ad una delle categorie individuate dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, come esenti dalla espulsione. 8. È pregiudiziale l’esame del secondo motivo di ricorso, che, se fondato, comporterebbe di per sé l’accoglimento del ricorso e la cassazione del provvedimento impugnato, assorbendo il primo. 9. Occorre ricostruire sinteticamente il quadro normativo per individuare la normativa ratione temporis applicabile. 9.1. In base al disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, la presentazione di una domanda di protezione internazionale costituisce una speciale condizione soggettiva di inespellibilità fino all’esito del giudizio stesso in questo senso, tra le molte, v. Cass. n. 24415 del 2015 In materia di immigrazione, la proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l’efficacia esecutiva di tale provvedimento, con la conseguenza che, secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia all’art. 2, paragrafo 1, della Direttiva CEE n. 115 del 2008, non scatta l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, permanendo la situazione di inespellibilità fino all’esito della decisione sul ricorso da ultimo, v. Cass. n. 20003 del 2018 . Sulla base di tale disciplina, la condizione di inespellibilità mantiene la sua efficacia anche durante la fase di impugnazione, se essa è stata proposta v. in questo senso Cass. n. 18737 del 2017 . 9.2. La norma indicata, ovvero il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4 è stata abrogata dal D.L. n. 13 del 2017, che ha introdotto una disciplina diversa e più restrittiva laddove il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, sino alla sua abrogazione prevedeva in caso di reclamo la sospensione ex lege del provvedimento di diniego della protezione internazionale senza alcuna previsione del termine di cessazione, sicché operava, secondo la disciplina ratione temporis vigente, sino al termine del giudizio e dunque al momento del passaggio in giudicato, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g , la cessazione dell’effetto sospensivo si verifica sempre in caso di rigetto del ricorso con decreto del tribunale anche non definitivo v. in questo senso Cass. n. 1737 del 2017, In tema di immigrazione 9.3. Il D.L. n. 13 del 2017, entrato in vigore il 18.2.2017, contiene una norma transitoria, secondo la quale nel caso in cui sia stata presentata domanda di protezione internazionale in data antecedente al centottantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, conv. in L. n. 46 del 2017, e sia stato rigettato, con provvedimento non ancora definitivo, il ricorso avverso tale decisione, non si determina -in virtù della disposizione transitoria di cui al D.L. cit., art. 21, - la caducazione istantanea della sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, introdotto dal D.L. citato, ma è applicabile, ratione temporis , il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. c , che, non prevedendo un limite alla durata dell’effetto sospensivo dell’efficacia esecutiva del decreto impugnato determinatosi ex lege in virtù della mera proposizione del ricorso, deve ritenersi esteso a tutta la durata del giudizio, fino al passaggio in giudicato del provvedimento impugnato V. Cass. n. 6071 del 2019 . 9.4. Nel caso di specie, l’opposizione a decreto di espulsione è stata presentata oltre i sei mesi dalla entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017 il ricorrente, dopo aver subito il provvedimento di espulsione emesso in data 17.9.2018, da un lato, in data 22.10.2018 si era opposto all’espulsione, dall’altro aveva presentato domanda di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale ne dà atto la stessa ordinanza impugnata . 9.5. Ma ciò non rileva nel caso di specie in quanto la nuova norma ha circoscritto l’operatività della inespellibilità al giudizio di opposizione escludendone l’operatività per la futura fase di impugnazione, fino al passaggio in giudicato. Nella fattispecie in esame, l’avvenuta proposizione della domanda di protezione internazionale successivamente alla emissione del decreto di espulsione, integrante una causa di inespellibilità, è stata dedotta, e non tenuta in conto, nel corso del giudizio di opposizione al decreto di espulsione nè come condizione sospensiva di efficacia del provvedimento di espulsione come affermato da Cass. n. 27077 del 2019 e Cass. n. 5437 del 2020 , nè tanto meno come fattispecie fondante la necessità di annullare il decreto di espulsione come ritenuto da Cass. n. 19819 del 2018 . Invece di prenderne atto, il giudicante ha compiuto una propria autonoma valutazione prognostica, negativa, sull’esito del distinto giudizio di riconoscimento della protezione internazionale. 10. Il secondo motivo di ricorso va pertanto accolto, assorbito il primo con cassazione del provvedimento impugnato e rinvio al Giudice di pace di Napoli, che si atterrà al seguente principio di diritto È affetto da violazione di legge il provvedimento del giudice di pace emesso nell’ambito della opposizione a decreto di espulsione in cui, invece di dare atto della inespellibilità attuale fino all’esito del contestualmente pendente giudizio di riconoscimento della protezione internazionale, il giudicante compia una propria, autonoma ed valutazione prognostica, negativa, sulla accoglibilità della domanda di protezione, sulla base dei precedenti penali del richiedente, sulla base della quale decida immediatamente l’opposizione, reputando non necessario attendere l’esito del giudizio sulla protezione internazionale per definire il giudizio di opposizione al decreto di espulsione . P.Q.M. Accoglie il secondo motivo, assorbito il primo, cassa e rinvia al Giudice di pace di Napoli in persona di diverso giudicante.