Il dovere di cooperazione nell’ambito della protezione umanitaria

Nei giudizi per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria assumono particolare importanza il grado di precisione e l’aggiornamento delle informazioni sul Paese d’origine del richiedente. Tali informazioni devono essere valutate con riferimento al momento della decisione.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 25545/20 della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 12 novembre. Il caso. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Torino respingevano la domanda di A.D., cittadino pakistano, proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero, in via sussidiaria, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari dinanzi alla competente Commissione Territoriale. A.D. proponeva ricorso in cassazione assumendo la violazione del principio del contradditorio e del dovere di cooperazione istruttoria del giudice di cui all’art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 in forza del quale le domande di protezione internazionale devono essere esaminate alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione presente nel paese di origine del richiedente. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La protezione sussidiaria e il permesso di soggiorno umanitario”. Ai sensi dell’art. 2 lett. g , d.lgs. n. 251/2007, può richiedere la protezione sussidiaria il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese . Per una migliore comprensione della protezione sussidiaria è d’uopo ricordare che il rifugiato è un cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese. Il permesso di soggiorno per scopi umanitari , o meglio, la c.d. tutela o protezione umanitaria , può essere richiesto, invece, da persone che vivono oggettive e gravi situazioni personali, senza possedere i requisiti per poter ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e neppure quelli per ottenere la protezione sussidiaria Cass. n. 4455/18 . Il permesso di soggiorno per motivi umanitari art. 8 d.lgs. n. 25/2008 , nel dettaglio, viene concesso quando ricorrono seri motivi di carattere umanitario . Suddetti motivi non sono tipizzati ciò fa sì che bisognerà fare riferimento al diritto internazionale, ma prima ancora alla Carta Costituzionale, al fine di valutare la violazione o il timore della violazione dei diritti umani fondamentali. Il dovere di cooperazione. Nei giudizi per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria vige il dovere di cooperazione officiosa l’autorità amministrativa prima e il giudice poi in caso di impugnazione del provvedimento reso dalle commissioni territoriali svolgono un ruolo attivo nell’istruzione della domanda. Ciò si evince soprattutto dalla circostanza in forza della quale si assiste ad una notevole attenuazione tanto dell’onere della prova quanto del principio dispositivo formale ex art. 115 c.p.c., dato che il giudice può disporre tutti gli accertamenti che ritiene necessari ai fini della decisione. In particolare, secondo l’art. 8 d.lgs. 25/08 ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla commissione stessa. La commissione nazionale assicura che tali informazioni, costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle commissioni territoriali e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative . La disposizione de qua deve essere letta in combinato disposto con l’art. 35- bis , comma 9 del medesimo decreto il quale prevede che per la decisione il giudice si avvale anche delle informazioni sulla situazione socio-politico-economica del Paese di provenienza elaborate dalla commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO e dal Ministero degli affari esteri. In definitiva, il dovere di cooperazione costituisce strumento volto a vagliare l’attendibilità e la veridicità delle dichiarazioni rese dal ricorrente. Invero a tal fine assume particolare rilevanza l’acquisizione di informazioni aggiornate sul Paese d’origine del richiedente. Nel caso di specie tale dovere risulta essere violato nella motivazione del provvedimento della Corte d’Appello decisione gennaio 2019 e pubblicazione marzo 2019 , infatti, la domanda di protezione umanitaria viene respinta sulla scorta della inesistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione di origine di A.D. alla luce di un rapporto di Amnesty International del 2015, e quindi sulla scorta di un documento cronologicamente incoerente con la data della decisione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 23 luglio – 12 novembre 2020, n. 25545 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Rilevato che 1. A.D. , proveniente dal , ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza delle Corte d’Appello di Torino che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento della protezione sussidiaria nonché, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale. 1.1. Per quanto ancora rileva in questa sede, il ricorrente ha narrato di aver lasciato il proprio paese per motivi economici. Pur celibe e senza figli, ha affermato di essere l’unico ad aiutare la propria famiglia rimasta in patria, dove ricorreva una situazione conclamata di violenza generalizzata, che costituiva il presupposto per la protezione internazionale richiesta. 2. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione. Considerato che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. 1.1. Assume, in relazione alla domanda di protezione sussidiaria, che la Corte territoriale aveva erroneamente respinto la sua domanda nonostante che nella regione del Nord Punjab del Pakistan, dal quale proveniva, si registrava una situazione conclamata di violenza generalizzata, che era stata rimarcata nel motivo d’appello proposto e che non era stata presa in considerazione lamenta, al riguardo, che le fonti ufficiali utilizzate a sostegno della decisione non erano state esattamente precisate nè, tanto meno, risultavano aggiornate alla data della decisione assunta nel marzo del 2019 , essendo riferite al periodo 2015 e 2016/2017. 2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 11 preleggi e del D.L. n. 113 del 2018, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, comma 3 e dell’art. 5, comma 6 TUI lamenta che non gli era stata riconosciuta la protezione umanitaria nonostante che le condizioni del Paese di origine fossero tali da far ritenere che il suo rimpatrio lo avrebbe esposto al rischio di una forte limitazione dei diritti umani e che la decisione era stata assunta senza richiedere le informazioni elaborate dalla Commissione nazionale per il Diritto di Asilo del Ministero degli Affari Esteri, come previsto dalla norma sopra richiamata. 3. Con il terzo motivo lamenta, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8 e dell’art. 115 c.p.c., in relazione alle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria. 3.1. Assume che era stato violato il principio del contraddittorio in quanto le fonti ufficiali utilizzate per la decisione erano diverse da quelle indicate, erano riferite ad una regione differente da quella di provenienza e non erano state sottoposte a contraddittorio. 4. I motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono intrinsecamente connessi il terzo costituisce l’antecedente logico dei primi due. 4.1. Esso, infatti, prospetta la violazione, da parte della Corte territoriale, del dovere di cooperazione istruttoria del giudice, sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che stabilisce che ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dalle Easo, dal Ministero degli Affari Esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisiti dalla Commissione stessa si assume, in particolare, che in relazione alla protezione sussidiaria la decisione era stata assunta sulla base di fonti informative non meglio precisate, non aggiornate e comunque, non sottoposte al contraddittorio delle parti e che, in relazione alla Ndr testo originale mancante . 4.3. Deve premettersi che questa Corte ha affermato il principio, ormai consolidato secondo il quale in tema protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, che è disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, a seguito del quale opera il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente, si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea cfr. Cass. 11096/2019 . 4.4. Ed è stato altresì ribadito che Nei giudizi aventi ad oggetto domande di protezione internazionale e di accertamento del diritto al permesso per motivi umanitari, la verifica delle condizioni socio politiche del paese di origine non può fondarsi su informazioni risalenti ma deve essere svolta, anche mediante integrazione istruttoria ufficiosa, all’attualità cfr. Cass. 28990/2018 ed, in assoluta continuità, anche con riferimento al dovere officioso di integrazione istruttoria Cass. 13897/2019 Cass. 9230/2020 Cass. 9231/2020 . 5. Nel caso in esame, nella motivazione della sentenza impugnata, che risale ai primi mesi del 2019 decisione dell’8.1.2019 e pubblicazione del 5.3.2019 vengono richiamate le Country Origin Informations desunte dal rapporto Easo sul Pakistan risalente al 2015 ed al rapporto Amnesty International del 2016/2017 cfr. pag. 4 della sentenza impugnata la Corte ha ritenuto che da esse dovesse evincersi l’inesistenza di una situazione di violenza indiscriminata nella regione di origine del ricorrente che, pur appartenendo al Nord del Punjab di vastissima estensione , non era ricompresa fra i luoghi espressamente riportati segnati da un alto rischio terroristico. 5.1. Le informazioni sulle quali si basa tale statuizione sono tanto risalenti da configurare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. 5.2. Infatti, a fronte di un dovere di cooperazione istruttorio procedimentalizzato attraverso il combinato disposto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, la motivazione basata sulla rappresentazione di una situazione interna cronologicamente incoerente con la data della decisione deve ritenersi apparente, in quanto è fondata su emergenze processuali non idonee ad ammettere o escludere i rischi paventati e fronteggiati dal sistema interno ed internazionale attraverso le varie forme di protezione previste. 5.3. Nè assume rilievo, a sostegno di una diversa decisione, la circostanza che anche le fonti ufficiali menzionate dal ricorrente fossero in parte desunte da siti informatici ritenuti condivisibilmente inidonei allo scopo in particolare il sito ministeriale OMISSIS , la cui funzione non coincide, se non in parte, con quellafinalizzata ad un compiuto accertamento nel giudizio di protezione internazionale cfr. Cass. 13449/2019 Cass. 10834/2020 deve, infatti, ritenersi prevalente il principio processuale che impone al giudice di ricercare le informazioni più recenti rispetto alla data della decisione, e che rende sufficiente il motivo di impugnazione che si limita a denunciare il dato, invero oggettivo, della discrepanza cronologica delle fonti informative di riferimento sulle quali essa si è basata. 5.4. Conclusivamente, il Collegio ritiene che a. il dovere di cooperazione istruttoria rappresenta una peculiarità processuale del giudizio di protezione internazionale che il giudice di merito deve adempiere d’ufficio, fondando la propria decisione su fonti informative attendibili e cioè riconducibili a quanto predicato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 , idonee allo scopo informativo rispetto alla vicenda narrata ed aggiornate alla data della decisione, in ragione della rapida mutevolezza delle condizioni sociopolitiche, economiche, climatiche e sanitarie dei paesi di provenienza dei richiedenti asilo b. ove il giudice di merito non si attenga a tale principio in relazione all’aggiornamento delle fonti utilizzate, è sufficiente che la censura che il ricorrente prospetta in sede di legittimità evidenzi la non attualità delle fonti, in quanto la data di esse costituisce un elemento oggettivo che non necessita di ulteriori specificazioni critiche, pur essendo necessario che venga allegata una condizione attuale del paese di origine diversa e più grave di quella rappresentata dalle informazioni erroneamente utilizzate, preservandosi in tal modo l’interesse all’impugnazione. c. il ricorrente, pertanto, non ha alcun onere di indicare specificamente, riportandone il contenuto, fonti alternative a quelle utilizzate, non essendo tenuto a supplire ad una carenza istruttoria che costituisce oggetto di uno specifico obbligo ex lege del giudice di merito. d. ove la controversia sia stata instaurata prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, convertito nella L. n. 46 del 2017 e sussista ancora, pertanto, il doppio grado di giudizio, è necessario che la Corte territoriale che intenda confermare l’ordinanza impugnata, sulla base delle medesime fonti informative utilizzate in primo grado, ne verifichi l’attualità e dia conto dell’insussistenza di aggiornamenti dai quali possano desumersi notizie diverse ed idonee a ridondare su una differente soluzione della controversia. 6 La censura concernete la protezione umanitaria rimane logicamente assorbita. Irrilevanti, infatti, le critiche sulla motivazione in punto di diritto intertemporale, visto che la Corte ha esaminato la domanda anche alla luce della disciplina della protezione umanitaria previgente alla L. n. 113 del 2018, si osserva che i termini del giudizio di comparazione che il giudice è tenuto ad articolare per il riconoscimento della misura individualizzata applicando i criteri Ndr testo originale mancante . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.