L’erede della parte processuale deceduta nel corso del giudizio di primo grado può impugnare la sentenza?

Fermo restando che la morte di una parte, nel corso del giudizio di primo grado, determina la trasmissione della sua legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, essi divengono litisconsorti necessari nel giudizio di seconde cure, con la conseguenza che deve essere ordinata d’ufficio l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24639/20, depositata il 5 novembre. Nell’ambito di una controversia immobiliare, la Corte d’Appello di Salerno rilevava il difetto di legittimazione attiva dell’appellante , una delle figlie dell’originaria attrice deceduta dopo la sentenza di prime cure, per difetto di integrazione del contraddittorio delle altre sorelle . L’appellante non aveva infatti dimostrato la titolarità dell’intero rapporto debitorio fatto valere. La pronuncia è stata impugnata con ricorso in Cassazione. La ricorrente lamenta violazione dell’art. 331 c.p.c. per aver la Corte territoriale dichiarato il difetto di legittimazione attiva della ricorre, omettendo di integrare il contraddittorio anche nei confronti delle altre eredi. Il Collegio ritiene fondato il ricorso. Al verificarsi della morte di una parte nel corso del giudizio di primo grado, si assiste alla trasmissione della sua legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi. Essi vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali, con la conseguenza che in fase di appello deve essere ordinata d’ufficio l’ integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi, anche se contumaci in primo grado. In mancanza, il procedimento di appello e la sentenza che lo definisce sono affetti da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Per questi motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per il rinnovo del giudizio previa integrazione del contraddittorio con gli altri eredi.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 5 novembre 2020, n. 24639 Presidente Amendola – Relatore Positano Rilevato che con atto di citazione del 1 aprile 2010, R.A. , proprietaria di un terreno con annesso fabbricato nel comune di omissis , esponeva di essere proprietaria, unitamente alla sorella R.R. di un vecchio fabbricato nel comune di omissis e di avere presentato, unitamente alla germana, un progetto di demolizione e ricostruzione del fabbricato. Evocava in giudizio davanti al Tribunale di Nocera Inferiore la sorella per sentir accertare le differenze volumetriche esistenti in rapporto alle effettive quote di proprietà e condannare la convenuta al pagamento di una somma pari alla differenza accertata, oltre al risarcimento dei danni. Si costituiva R.R. contestando quanto dedotto e spiegando domanda riconvenzionale per l’appropriazione di suolo da parte dell’attrice, per circa 90 metri quadri il Tribunale, con sentenza del 12 giugno 2014, accoglieva la domanda condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 12.690 oltre interessi e rivalutazione e spese di lite, rigettando la domanda riconvenzionale. Successivamente alla sentenza di primo grado decedeva R.R. , in data 8 settembre 2013, lasciando quali eredi le tre figlie M.R. , M.T. e G. . Solo quest’ultima proponeva gravame avverso la sentenza e si costituiva l’appellata chiedendo il rigetto dell’impugnazione con sentenza del 22 giugno 2018 la Corte d’Appello di Salerno rilevava il difetto di legittimazione attiva dell’appellante che, quale erede di R.R. , unitamente ad altre due sorelle, avrebbe dovuto integrare il contraddittorio nei loro confronti, non sussistendo una legittimazione della stessa a contestare l’intero debito ereditario, rappresentato dalla pretesa della controparte. Non avendo l’appellante provato la titolarità dell’intero rapporto debitorio fatto valere, rigettava l’impugnazione avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Rosanna M. affidandosi ed un unico motivo. Resiste con controricorso R.A. . Considerato che con il ricorso si lamenta la violazione dell’art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si censura la parte della sentenza emessa dalla Corte appello di Salerno dichiarativa del difetto di legittimazione attiva in capo alla appellante, la quale avrebbe dovuto integrare il contraddittorio anche nei confronti delle altre eredi. Nel caso di specie, al contrario, gli eredi che si trovano in una situazione di litisconsorzio necessario processuale, indipendentemente dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, nella fase di gravame, devono integrare il contraddittorio nell’ipotesi in cui l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutti gli eredi. A ciò avrebbe dovuto provvedere, d’ufficio, la Corte di Appello. Pertanto, in sede di legittimità, la Corte di Cassazione, ai sensi degli artt. 331 e 383 c.p.c., dovrebbe rimette te parti davanti al giudice di appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio preliminarmente occorre esaminare le eccezioni formulate dalla controricorrente. Si deduce l’irrituale denominazione procura alle liti riferita al documento allegato al ricorso introduttivo. Si sostiene che si tratterebbe di una semplice procura alle liti e non di una procura speciale, necessaria a proporre un ricorso per cassazione l’eccezione è infondata, poiché dal contenuto dell’atto emerge che la procura è riferibile al ricorso per cassazione e pertanto è rituale, mentre le censure sono solo genericamente dedotte, senza farsi carico del contenuto effettivo dell’atto si eccepisce, altresì, la nullità della notifica effettuata a mezzo PEC del ricorso perché, nella parte dedicata al testo, mancherebbe il riferimento alle norme di legge che disciplinano l’efficacia della notifica in particolare il rinvio alla disciplina della L. n. 53 del 1994 anche tale questione è infondata, poiché la relata di notifica fa espresso riferimento alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis e, sotto tale profilo, appare rituale. Peraltro, la relata di notifica è identica a quella del difensore della controricorrente si eccepisce, altresì, il difetto di legittimazione della controparte, intesa quale titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, non avendo la ricorrente dimostrato la propria qualità di erede. L’eccezione è infondata poiché si tratta di un dato non controverso, affermato nella sentenza impugnata e contestato per la prima volta in sede di legittimità per il resto il ricorso è fondato. Poiché la morte di una parte nel corso del giudizio di primo grado determina la trasmissione della sua legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, questi vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali indipendentemente, cioè, dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale , sicché in fase di appello deve essere ordinata d’ufficio l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi in mancanza, il procedimento di appello e la sentenza che lo definisce sono affetti da nullità assoluta, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado e quindi anche in sede di legittimità, ove la non integrità del contraddittorio emerga ex se dagli atti senza necessità di nuovi accertamenti Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20874 del 28/10/2004 - Rv. 577875 - 01 la morte di una parte nel corso del giudizio di primo grado determina la trasmissione della relativa legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, per cui costoro vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali indipendentemente, cioè, dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale , sicché in fase di appello deve essere ordinata d’ufficio l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi, ancorché contumace in primo grado. In mancanza, il procedimento di appello e la sentenza che lo definisce, come nel caso di specie, sono affetti da nullità assoluta rilevabile di ufficio in ogni stato e grado e, quindi, anche in sede di legittimità, laddove la non integrità del contraddittorio emerga ex se dagli atti senza necessità di nuovi accertamenti Cass., 17/9/2008, n. 23765 Cass., 28/11/2003, n. 18264 Cass., 19/6/2002, n. 8862 va dunque dichiarata la nullità per violazione dell’art. 331 c.p.c., con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Salerno che, in diversa composizione, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi procederà a nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio con gli eredi della R. . Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, per il rinnovo del giudizio, previa integrazione del contraddittorio con gli eredi di R.R. , nonché per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione.