Protezione internazionale: ai fini della credibilità, il richiedente deve essere “in generale, attendibile”

La Corte di Cassazione enuncia un principio di diritto inerente alla valutazione di credibilità del cittadino straniero richiedente il riconoscimento della protezione internazionale. Nello specifico, gli Ermellini affermano che quando i giudici sono chiamati a valutare la credibilità dell’istante, è necessario che essi verifichino che il suo racconto sia in generale, attendibile”, cioè credibile ”nell’insieme”.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 24183/20, depositata il 2 novembre. La Commissione territoriale rigettava l’istanza di un cittadino del Gambia volta al riconoscimento della protezione internazionale . Successivamente, il Giudice di primo e poi quello di secondo grado confermavano il rigetto della richiesta, dunque il cittadino straniero si rivolge alla Corte di Cassazione, proponendo apposito ricorso in cui lamenta, tra i diversi motivi, l’omessa motivazione della decisione in relazione sia alla richiesta protezione sussidiaria sia a quella umanitaria, contestando la negata credibilità del suo racconto con particolare riferimento alla sua scoperta omosessualità, che costituisce un grave rischio di persecuzione nel Paese d’origine , e denunciando l’omesso esame delle dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione territoriale. La Suprema Corte dichiara fondate le suddette censure del ricorrente, osservando come la motivazione del Giudice di seconde cure abbia omesso del tutto di esaminare i fatti allegati per provare la sua condizione personale, limitandosi ad escludere i rischi conseguenti alla situazione di persecuzione della omosessualità nel Gambia per via della natura preventiva della fuga e della carenza di uno stato di persecuzione già sofferto. Gli Ermellini giudicano tale impianto argomentativo illogico , perché fondato sulla considerazione conclusiva che la situazione complessiva del Paese di origine del ricorrente non è tale da esporre a gravi pericoli chi, non essendo omosessuale, vi abita o vi fa ritorno, del tutto incoerente con la premessa fattuale del richiedente asilo. Per questo motivo, la Corte cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi di ricorso accolti e rinvia gli atti alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso alla luce dei seguenti principi di diritto il sindacato di legittimità sulla motivazione richiesto a questa Corte, ex art. 360 co 1 n. 4 c.p.c., per mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, per motivazione apparente”, per manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e per motivazione perplessa od incomprensibile”, postula che il giudice di merito debba esaminare i fatti allegati e darne conto in modo logico in ossequio all’art. 132 n. 4 c.p.c. e che, ove manchi la prova di essi, il percorso argomentativo del rigetto mostri la linea consequenziale fra la premessa e la conclusione cui egli decide di pervenire e l’art. 3, co 5, lett. e , d.lgs. n. 251/2007, prevede che, nella valutazione di credibilità , si deve verificare anche se il richiedente è, in generale, attendibile ”. Pur senza escludere, in astratto, che una specifica incongruenza relativa anche soltanto ad un profilo accessorio possa, per il ruolo specifico della circostanza narrata, inficiare del tutto la valutazione di credibilità del ricorrente la norma, ponendo come condizione che il racconto sia in generale, attendibile” non può che essere intesa nel senso di ritenere sufficiente che il racconto sia credibile nell’insieme ” – e dunque, attribuendo alle parole il loro esatto valore semantico, e cioè all’inciso in generale” quello di complessivamente” o globalmente” .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 8 luglio – 2 novembre 2020, n. 24183 Presidente Vivaldi – Relatore Di Florio Rilevato che 1. K.S. , proveniente dal , ricorre affidandosi a sette motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere la protezione internazionale attraverso il riconoscimento dello stato di rifugiato o della protezione sussidiaria nonché, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale. 1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente, con particolare riferimento alla sua omosessualità, ha dedotto il grave rischio di persecuzione nel paese di origine dove tale inclinazione era punita con l’ergastolo, esponendo i cittadini di ciò accusati a varie forme di abusi e torture da parte delle forze dell’ordine ed ha aggiunto che tale pericolo era dimostrato anche dalla circostanza che l’uomo con il quale aveva avuto rapporti sessuali - dei quali era rimasta traccia su un telefono cellulare smarrito - era misteriosamente sparito. 2. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso. Considerato che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa motivazione sia sulla protezione sussidiaria che sulla protezione umanitaria lamenta, al riguardo, che la Corte non aveva neanche indicato quali fossero le doglianze prospettate sia in relazione alla propria condizione personale con particolare riferimento alla omosessualità dichiarata che alla situazione del paese di origine con riferimento alla tutela dei diritti umani. 2. Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, con riferimento alla negata credibilità. 3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, e cioè la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistenti in Gambia. 4. Con il quarto, quinto e sesto motivo deduce, ancora, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame delle dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione Territoriale e delle allegazioni prospettate in giudizio per la valutazione della sua condizione personale, nonché l’omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria e, conseguentemente, il mancato approfondimento delle condizioni sociopolitiche del paese di origine dalle quali era derivato l’ingiusto diniego della protezione sussidiaria. 5. Con settimo motivo deduce ancora, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’erroneo rigetto della concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, ricorrenti a causa delle condizioni di persecuzione cui sarebbe esposto nel caso di rientro nel paese di origine. 6. Il primo, il secondo ed il quarto motivo devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono intrinsecamente connessi ed in parte sovrapponibili la prima censura, infatti, con la quale si lamenta l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza della denunciate condizione di esposizione al rischio di persecuzione, derivante dalla denunciata omosessualità, ricomprende anche le altre con le quali si lamenta la stessa carenza motivazionale in ordine alla valutazione della vicenda personale narrata. 6.1. La Corte territoriale, infatti, pur ammettendo che il codice penale del Gambia puniva tale orientamento della persona anche non pubblicamente manifestato con pene severissime, considerandolo come reato e pur affermando che ciò avrebbe potuto consentire il riconoscimento al ricorrente dello stato di rifugiato, aveva respinto l’appello sostenendo che non era possibile ritenere attendibili le dichiarate inclinazioni sessuali del ricorrente e che era altresì impossibile acquisire elementi di riscontro probatorio , visto che la fuga dal paese di origine era stata totalmente preventiva e cioè avvenuta prima che la sua omosessualità fosse scoperta e prima che contro di lui fosse stata messa in atto qualsiasi forma di persecuzione cfr. pag. 3 della sentenza impugnata . 6.2. Il ricorrente, al riguardo, lamenta che tale statuizione ometteva di dare conto della sua condizione personale, ritenuta non credibile in modo apodittico e senza alcun riferimento alla griglia argomentativa imposta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 ed assume, richiamando l’atto d’appello nel quale aveva puntualmente descritto il fatto che lo aveva indotto a fuggire cfr. pag. 4 del ricorso in riferimento alle pagg. 4 e 5 dell’atto d’appello - consistente nella scoperta graduale della sua omosessualità, nella relazione affettiva con una persona amica di famiglia, i cui atteggiamenti intimi erano stati ritratti attraverso un telefono cellulare smarrito e poi ritrovato dalle forze dell’ordine, nonché il successivo arresto del suo compagno, poi sparito - che tali elementi non erano stati affatto esaminati dalla Corte territoriale che, trincerandosi dietro l’assenza di persecuzione attuale nei suoi confronti aveva omesso di valutare i rischi concreti ai quali era esposto ove fosse rientrato nel suo paese di origine a causa della persecuzione dell’omosessualità. 6.3. Le tre censure sono complessivamente fondate. La motivazione della sentenza impugnata, infatti, omette del tutto di esaminare i fatti allegati a sostegno della condizione personale del ricorrente, limitandosi ad escludere i rischi derivanti dalla assodata situazione di persecuzione della omosessualità nel paese di origine, in ragione della natura preventiva della fuga ed alla assenza di un già sofferto stato di persecuzione. 6.4. Il percorso argomentativo in tal modo prospettato risulta gravemente illogico in quanto è fondato sulla conclusiva considerazione che la situazione generale del Gambia non è tale da esporre a pericoli gravi chi, non essendo omosessuale, vi abita o vi fa ritorno cfr. pag. 3, secondo cpv., della sentenza impugnata con ciò, infatti, viene resa una motivazione non coerente con la premessa fattuale del richiedente asilo fondata sulla sua dichiarata omosessualità ed affermativa della sua inattendibilità senza una valutazione sorretta dai criteri sanciti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che postula una considerazione non atomistica, ma complessiva della vicenda narrata e, con specifico riferimento all’orientamento sessuale dichiarato, della necessità di tener conto delle peculiarità del caso, della estrazione sociale e delle esperienze di vita, del sesso e dell’età del richiedente, insomma del contesto sociale di provenienza e della caratteristiche individuali della persona esaminata cfr. Cass. 18128/2017 Cass. 19716/2018 Cass. 14283/2019 Cass. 7546/2020 , circostanze delle quali il giudice di merito deve dar conto attraverso una motivazione congrua e costituzionalmente sufficiente che manca del tutto nel caso in esame. 7. Il terzo motivo, invece, è inammissibile, in quanto il vizio dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non può trovare ingresso in sede di legittimità cfr. art. 348 ter c.p.c., comma 5 nelle ipotesi, come quella in esame, in cui la sentenza d’appello ha confermato, sulla base delle stesse ragioni, la sentenza di primo grado e vale solo la pena di rilevare che la Corte territoriale ha comunque mostrato di ben conoscere la condizione di persecuzione dell’omosessualità esistente in Gambia avendo affermato che su tale situazione sarebbe stato possibile riconoscere lo stato di rifugiato e negando la protezione richiesta in relazione ad una apodittica e carente valutazione delle credibilità del ricorrente. 8. Gli altri motivi risultano logicamente assorbiti. 9. La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla Corte d’Appello di Roma che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia alla luce dei seguenti principi di diritto il sindacato di legittimità sulla motivazione richiesto a questa Corte, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale , per motivazione apparente , per manifesta ed irriducibile contraddittorietà e per motivazione perplessa od incomprensibile , postula che il giudice di merito debba esaminare i fatti allegati e darne conto in modo logico in ossequio all’art. 132 c.p.c., n. 4 e che, ove manchi la prova di essi, il percorso argomentativo del rigetto mostri la linea consequenziale fra la premessa e la conclusione cui egli decide di pervenire il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e , prevede che, nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se il richiedente è, in generale, attendibile . Pur senza escludere, in astratto, che una specifica incongruenza relativa anche soltanto ad un profilo accessorio possa, per il ruolo specifico della circostanza narrata, inficiare del tutto la valutazione di credibilità del ricorrente la norma, ponendo come condizione che il racconto sia in generale, attendibile non può che essere intesa nel senso di ritenere sufficiente che il racconto sia credibile nell’insieme - e dunque, attribuendo alle parole il loro esatto valore semantico, e cioè all’inciso in generale quello di complessivamente o globalmente . 10. La Corte di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibile il terzo ed assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti a rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.