La richiesta di protezione internazionale e quella di protezione umanitaria vanno valutate autonomamente

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è frutto di una valutazione autonoma che, in quanto tale, non consegue automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, per via della diversità strutturale dei relativi presupposti.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 23398/20, depositata il 26 ottobre. Un cittadino del Gambia chiedeva alla competente Commissione territoriale il riconoscimento dello stato di rifugiato, o la protezione sussidiaria o quella umanitaria. La Commissione rigettava le sue richieste e così anche il Tribunale, ritenendo non credibile la sua narrazione. Il richiedente, infatti, aveva raccontato di essere omosessuale e di essere stato incarcerato per questo motivo, evadendo poi dal carcere e fuggendo dal Gambia. A seguito di gravame, anche la Corte d’Appello confermava il diniego di protezione dunque, lo straniero propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, il mancato utilizzo da parte del Giudice di seconde cure dei poteri istruttori d’ufficio, oltre a non avere lo stesso esaminato le dichiarazioni da lui rese alla Commissione, che sarebbero state utili ai fini della valutazione della situazione esistente nel suo Paese d’origine. La Corte di Cassazione accoglie i motivi di ricorso prospettati dal ricorrente, osservando come la Corte di merito abbia fondato la sua decisione solo sulla intrinseca credibilità del suo racconto e limitandosi, per il resto, a rilevare che nel Gambia fosse stato avviato un processo di riforme in senso più liberale. Tuttavia, gli Ermellini evidenziano che il giudizio di credibilità intrinseca non basta da solo a valutare i rischi effettivi per il soggetto e per i suoi diritti fondamentali, pericoli che potrebbero derivare dal diniego della protezione. Come ribadito, infatti, da una recente pronuncia della stessa Corte n. 10922/2019 , il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, [], non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di vulnerabilità ”, da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria , in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma , non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti . Non avendo la Corte di merito valutato se la situazione del Paese d’origine del richiedente fosse tale da giustificare le forme di protezione richieste, i Giudici di legittimità accolgono i motivi di ricorso, cassano la decisione impugnata e rinviano gli atti al Giudice competente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 30 giugno – 26 ottobre 2020, n. 23398 Presidente Travaglino – Relatore Cricenti Fatti di causa Il ricorrente, S.J. , proviene dal . Ha chiesto il riconoscimento dello stato di rifugiato, o la protezione sussidiaria, o infine quella umanitaria, ed ha ottenuto rigetto di ognuna da parte della Commissione Territoriale. Avverso tale diniego ha proposto ricorso al Tribunale, che, con provvedimento ex art. 702 bis c.p.c., ha rigettato la domanda ritenendo non credibile intrinsecamente la tesi del ricorrente, il quale sosteneva di essere omosessuale e di essere stato incarcerato proprio a causa di tale motivo, evadendo poi dal carcere e fuggendo via dal . Il ricorrente ha proposto appello, ed il giudizio di secondo grado ha confermato la ratio decidendi di prime cure. Ora S.J. propone ricorso per Cassazione con cinque motivi. Non v’è costituzione del Ministero dell’Interno. Ragioni della decisione 1.- La corte di appello osserva che, da un punto di vista della credibilità intrinseca, le dichiarazioni rese dal ricorrente sono state giustamente ritenute non attendibili dal Tribunale, in quanto lo stesso interessato davanti alla Commissione Territoriale ha dichiarato di non essere omosessuale, e poi, davanti al giudice, ha detto di essere fuggito dal dopo l’evasione dal carcere, e di non volerci tornare per evitare di subire le conseguenze di tale evasione. Ma anche tale racconto è ritenuto non credibile. Ritiene inoltre la corte di appello che il ricorrente non ha colto la ratio della sentenza impugnata. 2.- I motivi di ricorso sono quattro. Ve ne è un quinto, che, in realtà, mira a sollevare la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, poi modificato dal D.L. n. 13 del 2017, con cui si è abolito il grado di appello, prevedendo direttamente il ricorso per Cassazione. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, dal momento che nel caso presente il giudizio di appello si è tenuto. 3.- Con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007. Secondo il ricorrente la corte non ha utilizzato i poteri istruttori d’ufficio come era suo potere-dovere di fare. Soprattutto non è intervenuta ad integrare la domanda del richiedente quanto alla documentazione utile a sostegno delle tesi di quest’ultimo. 4.- Con il secondo motivo si duole, il ricorrente, al un omesso esame delle dichiarazioni da lui rese alla Commissione, utili per valutare la situazione del suo paese di origine. Il motivo è formulato in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, dunque come se fosse denuncia di violazione di legge, ma non indica quale parametro normativo è messo in discussione. La tesi è che il giudice di merito non avrebbe fatto ricorso ai poteri istruttori per accertare quale fosse la situazione del , che, invero è documentata come tale da mettere a rischio gli omosessuali e comunque i cittadini con problemi giudiziari. 5.- Con il terzo motivo che denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14 questo ultimo profilo è addotto per dimostrare la illegittimità del rifiuto persino della protezione sussidiaria. Ritiene il ricorrente che la nota situazione giudiziaria del avrebbe dovuto indurre a ritenere rilevante e concreto il pericolo ed il rischio di violazione di diritti fondamentali e della stessa persecuzione da parte del sistema giudiziario di quel Paese, specialmente in ragione di quanto previsto alla lett. c della suddetta norma, ossia la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato. 6.- Con quarto motivo è fatta questione di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 nel senso che il ricorrente si duole della mancata concessione del permesso per motivi umanitari. Il ricorrente ricorda che il permesso per ragioni umanitarie è basato su una clausola generale, ed è consentito per ragioni non tipizzate, e tra queste l’avvenuto inserimento dello straniero in Italia, oltre che per la tutela dei diritti umani di cui all’art. 2 Cost I motivi possono esaminarsi congiuntamente. Primo e secondo motivo sono fondati, gli altri possono di conseguenza ritenersi assorbiti. La corte di merito ha basato la sua decisione esclusivamente sulla intrinseca credibilità del ricorrente, limitandosi, per il resto a rilevare che nel di lui paese d’origine è avviato un processo di riforme in senso più liberale. Invero, il giudizio di credibilità intrinseca non è da solo sufficiente a valutare i rischi effettivi per la persona e per i suoi diritti fondamentali, pericoli che, dal diniego di protezione, possono derivare. Più precisamente, il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di vulnerabilità , da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti Cass. 10922/ 2019 . La corte di merito si è limitata a dare rilievo alla mancanza di credibilità del racconto, e ne ha tratto argomento per rigettare la domanda avrebbe invece dovuto valutare se, al di là della credibilità soggettiva, la situazione del Paese di provenienza è tale da giustificare le forme di protezione richieste. Il difetto di tale istruttoria rende censurabile l’accertamento della Corte di merito. Il ricorso va accolto. P.Q.M. La Corte accoglie primo e secondo motivo. Assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.