Il cancelliere può dare attestazione postuma dell'impossibilità di notificare via PEC alla società fallita

Non essendo contemplata nel comma 3 dell’art. 15, l. fall., alcuna specifica modalità al riguardo, dell’impossibilità di procedere alla notificazione tramite Posta Elettronica Certificata può esserne data attestazione anche postuma da parte del cancelliere.

Così si è espressa la Suprema Corte con l’ordinanza n. 21965/20, depositata il 12 ottobre. Il Tribunale di Roma dichiarava il fallimento di una società in liquidazione. Successivamente, la Corte d’Appello di Roma rigettava il reclamo proposto dalla società, sostenendo che la notifica dell’istanza di fallimento era stata effettuata mediante deposito presso la casa comunale a seguito dell’ esito negativo dei tentativi di notifica compiuti a mezzo PEC da parte della cancelleria, nonché presso la sede della società da parte dell’Ufficiale giudiziario. La società in liquidazione propone ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 3, l. fall., avendo la Corte territoriale constatato la ritualità della notifica via PEC in base all’ attestazione postuma rilasciata dalla cancelleria che se ne era occupata, mentre, secondo la ricorrente, l’unico modo per fornire simile prova era la produzione dell’attestazione automatica generata dal sistema al termine del tentativo inutile esperito. A fronte della censura della ricorrente, che lamenta la mancata rilevazione della invalidità del procedimento notificatorio da parte del Giudice, la Corte di Cassazione dichiara manifestamente infondato il motivo di ricorso. A tal fine, gli Ermellini ribadiscono che dell’impossibilità di procedere alla notificazione a mezzo PEC ben può essere data attestazione, anche postuma , da parte del cancelliere, poiché l’art. 15, comma 3, l. fall. non prevede particolari modalità al riguardo, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio . Per questo motivo, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 15 luglio – 12 ottobre 2020, n. 21965 Presidente Scaldaferri – Relatore Pazzi Rilevato che 1. il Tribunale di Roma, con sentenza n. 888/2017, dichiarava il fallimento di omissis s.r.l. in liquidazione 2. la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 8 febbraio 2019, rigettava il reclamo proposto dalla società debitrice, rilevando che la notifica dell’istanza di fallimento era stata ritualmente effettuata con il deposito presso la casa comunale dopo l’esito negativo dei tentativi di notifica compiuti a mezzo p.e.c. dalla cancelleria e presso la sede della società dall’ufficiale giudiziario 3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso omissis s.r.l. in liquidazione prospettando un unico motivo di doglianza, al quale hanno resistito con controricorso i creditori istanti F.M. , +Altri gli intimati fallimento omissis s.r.l. in liquidazione, D.F. , Fu.Gi. e Fi.An. non hanno svolto difese parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c Considerato che 4. l’unico motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 3, L. fall., in quanto la Corte di merito avrebbe constatato la ritualità del tentativo di notifica tramite p.e.c. sulla base di un’attestazione postuma rilasciata dalla cancelleria che si era occupata dell’incombente, quando invece l’unico modo per fornire una simile prova era costituito - in tesi di parte ricorrente - dalla produzione dell’attestazione automatica che il sistema genera in esito all’infruttuoso tentativo esperito in mancanza della prova dell’esito negativo della notifica via p.e.c. all’indirizzo della debitrice, rimasto regolarmente attivo e funzionante, la Corte distrettuale avrebbe perciò dovuto rilevare l’invalidità del procedimento notificatorio, non risultando dimostrato il presupposto necessario per procedere secondo le modalità suppletive previste dall’art. 15, comma 3, l. fall. 5. il motivo e manifestamente infondato invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dell’impossibilità di procedere alla notificazione a mezzo p.e.c. ben può essere data attestazione, anche postuma, da parte del cancelliere v. Cass. 8014/2017, Cass. 27539/2019 , poiché l’art. 15, comma 3, l. fall. non prevede particolari modalità al riguardo, nè richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio non si presta quindi a censura la valorizzazione da parte della Corte di merito, a conforto della documentazione in atti, dell’attestazione postuma rilasciata dalla cancelleria del Tribunale di Roma 6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in 4.600, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.