Targa commemorativa, manca l’autorizzazione: rimozione e risarcimento

Sanzionata la persona ritenuta responsabile dell’affissione mirata a ricordare un suo avo ed effettuata sul muro di cinta della proprietà di una coppia. Decisiva la mancanza di prove su una autorizzazione all’affissione. Per quantificare i danni è sufficiente il preventivo di spesa presentato dalla coppia.

Bel gesto, senza dubbio, quello finalizzato a ricordare il proprio familiare – il bisnonno, per la precisione –. Apprezzabile anche la decisione di optare per una targa commemorativa. Unico neo, però, il procedere all’affissione – sul muro di cinta della proprietà di una coppia – senza una autorizzazione scritta. Consequenziale la decisione con cui i Giudici ordinano la rimozione della targa e condannano il responsabile dell’affissione a risarcire i danni subiti dalla coppia e certificati da un preventivo di spesa per i lavori di risistemazione del muro. Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 21355, depositata il 6 ottobre . Protagonisti della strana vicenda sono un uomo – Ugo, nome di fantasia – e una coppia – Lello e Paola, nomi di fantasia –. Tutto ha origine con la decisione di Ugo di apporre sul muro di cinta della proprietà di Lello e Paola una targa commemorativa del proprio bisnonno . L’affissione viene portata a compimento, ma, si scopre poi, manca la necessaria autorizzazione . Conseguenza logica è la decisione della coppia di agire in giudizio per ottenere la rimozione della targa e il risarcimento dei danni subiti alla loro proprietà a causa della affissione abusiva Ugo si difende sostenendo di non avere responsabilità , poiché egli non ha realizzato materialmente l’intervento sul muro di cinta, e aggiunge comunque di essere stato autorizzato alla affissione . Questa versione viene ritenuta però non poggiata su dati concreti dai Giudici di merito, che ritengono illecita l’affissione e condannano Ugo al risarcimento dei danni in favore di Lello e Paola. In sostanza, tra primo e secondo grado, la riferibilità della condotta illegittima ad Ugo è legata a due circostanze da un lato, la targa era riferibile a un suo bisnonno , e, dall’altro, non vi è una prova in merito alla presunta autorizzazione per l’affissione . Col ricorso in Cassazione, però, Ugo ribatte spiegando di avere soltanto assistito il soggetto che materialmente ha affisso la targa, ma senza avere commissionato l’opera . A questa obiezione, però, i Giudici del Palazzaccio replicano che la targa era commemorativa di un bisnonno di Ugo, e quindi è logico considerarlo il responsabile dell’affissione . Decisiva, poi, è, come già stabilito in secondo grado, la mancanza di prove sulla presunta autorizzazione ad effettuare l’affissione. E, comunque, neppure un’eventuale autorizzazione esimerebbe da responsabilità per vizi di esecuzione , precisano i magistrati. Per quanto concerne infine il quantum dei danni subiti da Lello e Paola, è sicuramente sufficiente la produzione del preventivo di spesa da parte loro.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 settembre – 6 ottobre 2020, n. 21355 Presidente De Stefano – Relatore Cricenti Fatti di causa Il ricorrente, Lu. Es., ha apposto sul muro di cinta della proprietà dei signori An. Iz. e Ma. Gi. Fu. una targa commemorativa di un proprio avo. Questi ultimi due hanno agito in giudizio per ottenere la rimozione della targa ed il risarcimento dei danni subiti a causa della abusiva affissione. Il ricorrente si è difeso sostenendo di non avere responsabilità diretta e comunque di essere autorizzato alla affissione. Il Tribunale ha ritenuto illecita l'affissione ed ha condannato il ricorrente, unitamente ad altro soggetto, che non è parte di questo giudizio, al risarcimento dei danni. Decisione confermata integralmente in appello. Lu. Es. ricorre con tre motivi. Non v'è costituzione degli intimati. Ragioni della decisione 1.- La ratio della decisione impugnata è nell'accertamento, in fatto, della riferibilità della condotta al ricorrente, in ragione della circostanza che la targa era riferibile ad un suo avo, e nella mancata prova di una autorizzazione per l'affissione. 2.- Il ricorrente propone tre motivi. Con il primo motivo denuncia nullità della sentenza per difetto di motivazione. Secondo il ricorrente non vi sarebbe adeguato conto nella motivazione della sentenza impugnata della sua responsabilità diretta egli aveva eccepito di avere soltanto assistito il soggetto che materialmente ha affisso la targa, ma senza averne commissionato l'opera. E su questa eccezione la corte avrebbe reso poche parole, non sufficienti a giustificare la conclusione assunta. Il motivo è infondato. E' bene ricordare che la sentenza può ritenersi nulla per difetto di motivazione solo quando sia priva delle ragioni che giustificano la decisione. Nella fattispecie la corte enuncia la ragione che giustifica la decisione assunta, ossia ritiene che il responsabile dell'affissione sia il ricorrente perché la targa era commemorativa di un suo bisnonno. La motivazione c'è dunque e risiede in un argomento induttivo la cui efficacia non è contestata in quanto tale . 2.1.- Il secondo motivo denuncia invece omesso esame di una circostanza rilevante, ossia del fatto che dalle sentenze penali e da quanto dichiarato dallo stesso ricorrente emergeva l'esistenza di un'autorizzazione verbale alla affissione. Il motivo è inammissibile ed altresì infondato. E' inammissibile in quanto v'è doppia motivazione conforme tra il primo ed il secondo grado art. 348 ter c.p.c. ed in quanto carente ai sensi dell'art. 366 n. 6 c.p.c., a prescindere dal fatto che neppure un'eventuale autorizzazione esimerebbe da responsabilità per vizi di esecuzione. E' infondato in quanto la corte esamina il fatto e ritiene non provata l'autorizzazione. Altro discorso essendo la fondatezza di tale assunto. 2.3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'articolo 2697 c.c. quanto all'onere della prova secondo il ricorrente la corte avrebbe disatteso la regola sul riparto probatorio ritenendo sufficiente prova del danno lamentato dagli intimati la produzione di un preventivo di spesa. Il motivo è inammissibile sia per violazione dei principi ex Cass. s.u. 11383/16, in quanto non coglie la ratio della decisione impugnata, che non è quella di far gravare la prova del danno sul soggetto sbagliato, ossia sul danneggiarne, ma sta nel ritenere sufficiente la produzione del preventivo da parte del danneggiato, soggetto cui è di conseguenza fatto gravare, implicitamente e correttamente, l'onere di prova. Il ricorso va rigettato. Raddoppio del contributo. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.