Diritto di credito, statuto consortile e clausola compromissoria: a chi spetta la competenza?

Nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e al regolamento di competenza proposto da un consorzio, la Corte Suprema afferma un principio di diritto vertente sull’inderogabilità delle norme, che eventualmente attinga la disciplina dell’obbligazione, stabilendo che essa rende solamente ammissibile l’impugnazione della decisione arbitrale per errore in iudicando, ma non incide in alcun caso sulla natura disponibile del diritto di credito vantato.

Così si esprima la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20462/20, depositata il 28 settembre. Una società cooperativa, agendo in opposizione ad un decreto ingiuntivo notificatole da un consorzio fondato su oneri consortili non pagati , eccepiva l’ incompetenza in favore degli arbitri sulla base di una clausola compromissoria contenuta nello statuto consortile . Il Tribunale di Latina declinava la propria competenza, disattendendo la tesi dell’invalidità della suddetta clausola, seguendo l’indirizzo giurisprudenziale per cui non è applicabile al consorzio con attività esterna e non costituito in forma societaria l’art. 34, d.lgs. n. 5/2003, considerando che la funzione tipica del consorzio è quella di produrre beni o servizi alle imprese consorziate e destinati ad essere da loro assorbiti. Contro tale pronuncia, il consorzio propone ricorso per regolamento di competenza , sostenendo, tra i diversi motivi, che l’obbligazione oggetto del giudizio non sarebbe interna”, bensì esterna”, traendo origine da una convenzione firmata tra la cooperativa ed il Comune ai fini della concessione del diritto di superficie su lotti di terreno esterni al consorzio inoltre, lo stesso afferma che i diritti coinvolti avrebbero natura indisponibile , non potendo perciò formare oggetto di arbitrato . La Suprema Corte non accoglie il ricorso, affermando che la censura riguardante la fonte dell’obbligazione, che secondo il ricorrente sarebbe extra-consortile, è infondata. La lite, infatti, riguarda il pagamento degli oneri , essendo dunque connessa al contenuto della clausola statutaria , la quale copre qualunque controversia inerente al patto consortile o da esso dipendente che dovesse insorgere tra consorzio e aderenti. Quanto ai diritti coinvolti nella controversia, gli Ermellini ne affermano la natura disponibile , al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, poiché il pagamento richiesto trova la sua fonte in un’obbligazione avente natura sostanzialmente pubblica , che postula il fatto che le norme regolanti l’obbligazione siano inderogabili. In tale contesto, la Corte reputa, dunque, opportuno affermare il principio di diritto secondo cui l’ inderogabilità delle norme, che eventualmente attinga la disciplina dell’ obbligazione , rende semplicemente ammissibile l’impugnazione della decisione arbitrale per errore in iudicando – anche ove le parti non l’abbiano stabilita ai sensi dell’art. 829, terzo comma, c.p.c. -, ma non incide affatto sulla disponibilità del diritto di credito . Ciò affermato, la Corte di Cassazione dichiara la competenza arbitrale .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 22 luglio – 28 settembre 2020, n. 20462 Presidente Acierno – Relatore Terrusi Fatti di causa Con sentenza in data 25-6-2019 il tribunale di Latina, premesso che la società Cooperativa Lazio Costruzioni breviter Co.La.Co , agendo in opposizione a un decreto ingiuntivo notificatole dal Nuovo Consorzio Calegna B5 Comparto A di Gaeta hinc Consorzio per oneri consortili impagati, aveva eccepito l’incompetenza in favore degli arbitri in base a una clausola compromissoria inserita nell’art. 22 dello statuto consortile, ha declinato la propria competenza e ha adottato le statuizioni conseguenti. Contro la sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per regolamento di competenza. La cooperativa ha replicato con controricorso. Il Consorzio ha depositato una memoria. Ragioni della decisione I. - Il tribunale, per quanto in effetti rileva, ha accertato che il Consorzio non era stato costituito in forma societaria e che il suo oggetto era quello di utilizzare i terreni dei singoli consorziati a scopo edificatorio , per costruire abitazioni civili non di lusso e commerciali e per realizzare il piano particolareggiato della località Calegna , con ripartizione dei costi di urbanizzazione tra i soggetti attuatori dell’intero comprensorio. Ha quindi disatteso la prospettata tesi dell’invalidità della clausola compromissoria richiamando l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non è applicabile al consorzio con attività esterna, non costituito in forma societaria, il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, dal momento che la funzione tipica del consorzio è quella di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e almeno tendenzialmente destinati a essere assorbiti dalle stesse. Donde ha infine ritenuto la controversia validamente devolvibile in arbitrato secondo l’art. 22 dello statuto, che recita Qualunque controversia inerente al patto consortile, o da esso dipendente, che possa sorgere tra il Consorzio e gli aderenti, ovvero tra gli aderenti tra loro, sarà deferita al giudizio di tre arbitri, di cui i primi due eletti dalle parti in contestazione ed il terzo eletto d’accordo tra i primi due ed, in mancanza di accordo, dal Presidente del Tribunale di Latina . II. - Secondo il ricorrente la decisione sarebbe errata i per l’incostituzionalità della clausola compromissoria in violazione degli artt. 24 e 102 Cost. e conseguente improcedibilità dell’arbitrato ii perché l’obbligazione oggetto del giudizio non sarebbe interna e non troverebbe la sua fonte nel rapporto consortile regolato dallo Statuto , bensì sarebbe esterna e trarrebbe origine dalla convenzione sottoscritta dalla Co.La.Co. con il comune di Gaeta per la concessione del diritto di superficie su lotti di terreno esterni al consorzio iii perché infine i diritti coinvolti nella causa avrebbero natura indisponibile così da non poter formare oggetto di arbitrato. Nessuna di tali censure può trovare accoglimento. III. - La prima è manifestamente infondata. Essa si basa sulla considerazione per cui sarebbe stato adottato dal comune di Gaeta uno schema di statuto senza il consenso dei soggetti aderenti, costretti alla sottoscrizione dell’atto per poter partecipare all’attuazione del piano particolareggiato. Tale considerazione è irrilevante oltre che assertiva. È sufficiente osservare che, per ammissione del ricorrente, la clausola era stata deliberata dal comune al momento di istituire il Consorzio. La delibera comunale, previdente la costituzione di un consorzio urbanistico per quanto riservato a soggetti privati , costituisce valida fonte della regolamentazione statutaria. E l’adesione dei soggetti privati al consorzio implica di per sé la volontaria adesione a tutte le clausole dello statuto. IV. - La seconda censura si incentra sull’altrettanto infondata affermazione che la fonte dell’obbligazione, che ha determinato il credito ingiunto per oneri di urbanizzazione primaria, non avrebbe natura contrattuale-statutaria ma extra-consortile. Il rilievo non è condivisibile poiché la controversia riguarda il pagamento degli oneri, ed è quindi pacificamente correlata al contenuto della clausola statutaria, che per ampiezza copre qualunque controversia inerente al patto consortile o da esso dipendente che possa insorgere tra il Consorzio e gli aderenti. In base all’accertamento di merito - sul punto non sindacato - il patto consortile era riferito alla realizzazione del piano particolareggiato della località Calegna , con ripartizione dei costi di urbanizzazione tra i soggetti attuatori dell’intero comprensorio. Cosicché non può sostenersi che la controversia esulasse da quelle considerate dalla clausola. V. - Anche il terzo profilo di censura è privo di fondamento. Infatti i diritti, cui la controversia attiene, sono disponibili. Sottolineare - come fatto da Consorzio - che il pagamento richiesto trova la sua fonte in un’obbligazione di natura sostanzialmente pubblica, che nasce automaticamente con l’approvazione da parte del comune del piano particolareggiato, non incide in alcun modo, poiché serve semplicemente a postulare che le norme, che regolano l’obbligazione, sono inderogabili. Ove anche ciò fosse, non può e non deve tuttavia confondersi l’area della inderogabilità delle norme, che gli arbitri devono applicare per risolvere la controversia, con l’area della indisponibilità del diritto controverso. In questa prospettiva deve essere difatti affermato il principio per cui l’inderogabilità delle norme, che eventualmente attinga la disciplina dell’obbligazione, rende semplicemente ammissibile l’impugnazione della decisione arbitrale per errore in iudicando - anche ove le parti non l’abbiano stabilita ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 3 -, ma non incide affatto sulla disponibilità del diritto di credito. VI. - In conclusione deve essere confermata la valutazione del tribunale di Latina e dichiarata la competenza arbitrale. Le spese processuali relative al regolamento possono essere compensate, attesa la difficoltà della questione da ultimo agitata, relativamente alla quale si registrano nella giurisprudenza della Corte pochi precedenti. La natura impugnatoria del regolamento postula l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ex aliis Cass. n. 11331-14 . P.Q.M. La Corte dichiara la competenza arbitrale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.