Nessuna prescrizione se il diritto a cui si riferisce non esiste

La Corte di Cassazione afferma un nuovo principio di diritto vertente sulla prescrizione di un diritto, sottolineando le condizioni sul piano logico e giuridico che presuppongono l’accoglimento della relativa eccezione.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 17831/20, depositata il 26 agosto. La vicenda ha inizio nel 1992, quando il genitore e dante causa dell’attuale controricorrente fu condannato, con sentenza passata in giudicato nello stesso anno, ad elevare ad una certa altezza dal suolo due luci che aveva realizzato nel proprio fabbricato, a distanza irregolare dal confine con la proprietà del genitore e dante causa dell’attuale ricorrente. A seguito di tale pronuncia, l’obbligato eliminava le suddette luci, oscurandole con delle lastre di vetrocemento, condotta accertata mediante successiva sentenza passata in giudicato nel 1996 . Successivamente, nel 2012, considerando che nel 2009 l’attuale controricorrente aveva provveduto alla rimozione delle lastre di vetrocemento, il ricorrente notificava allo stesso un atto di precetto finalizzato all’esecuzione dell’obbligo di fare di cui alla sopra indicata sentenza irrevocabile del 1996. A seguito di opposizione , vertente sulla ritenuta prescrizione dell’ actio iudicati , il Giudice di primo grado rigettava la questione, al contrario della Corte d’Appello, che aveva invece aveva ritenuto nella fattispecie non operante l’art. 2935 c.c A questo punto, il ricorrente si rivolge alla Suprema Corte. I Giudici di legittimità non condividono le argomentazioni fatte proprie dal Giudice di seconda istanza, rilevando che nel periodo compreso tra l’adempimento dell’obbligo ed il 2009 non sussisteva alcuna violazione delle distanze legali, dunque in tale periodo non poteva vantarsi alcun diritto all’eliminazione della stessa. Per questo motivo, non essendo postulabile una prescrizione di un diritto che non esiste più poiché la relativa obbligazione era stata regolarmente adempiuta a suo tempo , l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione avanzata dall’opponente risulta insanabile , per via della definitiva estinzione per adempimento dell’obbligo oggetto del titolo esecutivo. Ne consegue l’accoglimento del ricorso e l’affermazione del seguente principio di diritto la prescrizione di un diritto, sul piano logico e giuridico, implica necessariamente l’esistenza di quel diritto, oltre che l’inerzia nell’esercizio dello stesso da parte del titolare .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 13 luglio – 26 agosto 2020, n. 17831 Presidente Vivaldi – Relatore Tatangelo Fatti di causa M.M. ha proposto, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., opposizione avverso l’atto di precetto con il quale A.A. gli ha intimato di eseguire un obbligo di fare, consistente nella regolarizzazione di alcune luci poste a distanza non legale dal confine tra le rispettive proprietà, sulla base di un titolo di formazione giudiziale. L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Venezia. La Corte di Appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta. Ricorre l’A. , sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il M. . Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Art. 360 sub. 3 violazione di legge in relazione all’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. con riguardo all’art. 2935 c.c. e art. 2944 c.c. . 2. È opportuno chiarire in dettaglio i fatti che hanno preceduto il presente giudizio. M.C. genitore e dante causa del controricorrente M.M. è stato condannato - con sentenza passata in giudicato nel 1992 - ad elevare ad altezza di almeno mt. 2,5 dal suolo due luci che aveva realizzato nel proprio fabbricato, a distanza irregolare dal confine con la proprietà di A.L. , genitore e dante causa del ricorrente A.G. . L’obbligato ha eseguito spontaneamente l’obbligo di fare di cui al titolo, eliminando completamente le suddette luci precisamente oscurandole con delle lastre di vetrocemento , come è stato accertato in una successiva sentenza, passata in giudicato nel 1996 sentenza che ha accolto una opposizione al precetto per l’esecuzione dell’obbligo di fare, proposta dal M. , accertando che appunto le luci in contestazione erano già state del tutto chiuse dall’obbligato . Successivamente, nel 2012, sostenendo che nel 2009 M.M. frattanto succeduto al padre quale proprietario del fondo aveva rimosso le indicate lastre di vetrocemento, poste a chiusura delle luci irregolari, l’A. ha notificato un nuovo atto di precetto per ottenere l’esecuzione dell’obbligo di fare di cui alla sentenza passata in giudicato nel 1996. Il M. ha proposto la presente opposizione, sostenendo che fosse intervenuta la prescrizione dell’actio iudicati, opposizione rigettata dal tribunale in primo grado ma accolta dalla corte di appello secondo la corte territoriale l’actio iudicati si sarebbe effettivamente prescritta, ai sensi dell’art. 2953 c.c., quanto meno tra il 1996 data del passaggio in giudicato della sentenza che ha accolto l’opposizione all’esecuzione del M. , accertando l’avvenuta esecuzione spontanea del titolo formatosi nel 1992 ed il 2012 data della notificazione del nuovo atto di precetto . 3. La decisione impugnata viene contestata dal ricorrente, il quale sostiene che non poteva ritenersi decorrere la prescrizione fino al 2009, data in cui era stato ripristinato dall’obbligato l’illegittimo stato dei luoghi anteriore all’esecuzione spontanea dell’obbligo di fare di cui al titolo esecutivo, in quanto fino a tale data non era per lui possibile esercitare il proprio diritto, ai sensi dell’art. 2935 c.c In proposito, la corte di appello ha ritenuto che la disposizione di cui all’art. 2935 c.c. non fosse applicabile, in quanto non si trattava di un impedimento di diritto, ma di mero fatto. Tale affermazione non può però ritenersi conforme al dettato normativo nel periodo tra l’adempimento spontaneo dell’obbligato ed il 2009 non sussisteva affatto la violazione delle distanze legali di cui il titolo esecutivo imponeva l’eliminazione, onde l’impedimento all’esercizio del relativo diritto del creditore, in tale periodo, non può certamente dirsi di mero fatto. In realtà il diritto ad ottenere l’eliminazione della violazione, quanto meno nel periodo indicato, non sussisteva affatto, non sussistendo la violazione. Potrebbe discutersi se - come in effetti sembra in qualche modo intendere suggerire la stessa corte di appello - le opere poste in essere dal M. configurassero una nuova violazione, diversa da quella oggetto dell’obbligo di cui al titolo esecutivo inteso come mero obbligo di disfare , con conseguente necessità per l’A. agire nuovamente in sede di cognizione per ottenere l’accertamento di tale violazione e la condanna alla sua eliminazione, ovvero se, al contrario, contenendo il titolo esecutivo una statuizione di condanna dell’obbligato, di carattere permanente, al mantenimento delle luci ad una determinata altezza minima, la loro riapertura ad altezza inferiore costituisse di per sé inadempimento all’obbligo contenuto nella originaria sentenza inteso come obbligo permanente di non facere , e quindi fosse coercibile in via esecutiva sulla base di essa, senza necessità di un nuovo giudizio di cognizione e di un nuovo titolo. Certamente, però, non avrebbe potuto ritenersi prescritto il diritto di cui all’originario titolo esecutivo, tanto meno per non essere stato esso esercitato quando non poteva esserlo, in quanto insussistente, perché, almeno in quel periodo, oggetto di regolare adempimento. D’altra parte, per quanto emerge dagli atti, e come di fatto riconosce lo stesso controricorrente, l’opposizione è stata da lui avanzata facendo valere esclusivamente l’eccezione di prescrizione dell’actio iudicati. In coerenza con la domanda proposta, la decisione impugnata ha dunque ad oggetto esclusivamente la suddetta eccezione, tanto che nel dispositivo viene espressamente dichiarata la prescrizione dell’actio iudicati. Orbene, è appena il caso di osservare, già sotto il profilo logico ancor prima che sotto il profilo giuridico, che non può certamente postularsi la prescrizione di un diritto non più esistente, per essere stata la relativa obbligazione regolarmente adempiuta. Ne consegue che l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione avanzata dall’opponente M. è in insanabile, logica contraddizione con l’affermazione dell’avvenuta definitiva estinzione, per adempimento, dell’obbligo di cui al titolo esecutivo, dovendosi affermare il seguente principio di diritto la prescrizione di un diritto, sul piano logico e giuridico, implica necessariamente l’esistenza di quel diritto, oltre che l’inerzia nell’esercizio dello stesso da parte del titolare . L’affermazione della prescrizione dell’obbligo di fare di cui al titolo oggetto del precedente adempimento, non è quindi logicamente compatibile, non solo con il giudicato sull’avvenuto adempimento ma, in ultima analisi, con la stessa individuazione di una nuova e diversa violazione nella condotta dell’obbligato di ripristino della precedente violazione. Nella presente sede, peraltro, essendo stata proposta l’opposizione esclusivamente sulla base dell’eccezione di prescrizione dell’actio iudicati, non è possibile approfondire la questione relativa all’esatta interpretazione del titolo esecutivo, con riguardo all’obbligazione di fare/non fare in esso sancita in termini di positivo compimento di una puntuale attività materiale da esaurire in un unico e preciso momento, ovvero in termini di obbligo negativo permanente di astenersi dal porre in essere una determinata condotta , nè quella relativa al carattere di eventuale nuova violazione da attribuire alla condotta dell’obbligato è infatti necessario e sufficiente rilevare - sulla base di quanto sin qui osservato - che è certamente infondata l’eccezione di prescrizione. La decisione impugnata va di conseguenza cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione del M. . 4. Con il secondo motivo si denunzia Art. 360 sub. 3 per violazione dell’art. 92 c.p.c. . Il motivo, relativo alle spese del giudizio liquidate dalla corte di appello, resta assorbito in virtù della cassazione della decisione impugnata. 5. È accolto il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. La sentenza impugnata è cassata e, decidendo nel merito, l’opposizione di M.M. è rigettata. Le spese dell’intero giudizio possono essere compensate, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione dell’alterno andamento della controversia in sede di merito, della persistenza delle medesime ragioni che hanno indotto la corte di appello, con la decisione impugnata, a disporne la compensazione, oltre che della oggettiva complessità della ricostruzione della fattispecie, in diritto. Restano peraltro integralmente a carico del M. , quale parte definitivamente soccombente, le spese della consulenza tecnica di ufficio svolta in sede di merito. P.Q.M. La Corte - accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da M.M. - dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio ad eccezione delle spese della espletata consulenza tecnica di ufficio, che restano integralmente a carico del M. .