La tardività dell’eccezione processuale deve essere rilevata d’ufficio dal giudice

La Corte di Cassazione chiarisce che, per via del sistema delle preclusioni introdotto con la l. n. 353/1990, volto a tutelare non solo l’interesse di parte ma anche quello pubblico in vista della riduzione dei tempi processuali, la proposizione tardiva delle eccezioni deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dall’atteggiamento della controparte al riguardo.

Così si esprime la Suprema Corte nella sentenza numero 17121/20, depositata il 13 agosto. Gli attori convenivano in giudizio la controparte per chiedere l’ esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un appezzamento di terreno nel Comune di Roma. Alla prima udienza dinanzi al Tribunale di Roma il convenuto veniva dichiarato contumace alla seconda, invece, si costituiva in giudizio la figlia, che nel frattempo era stata nominata tutore provvisorio nel giudizio di interdizione del padre, eccependo l’ incapacità naturale di quest’ultimo al momento della stipulazione del contratto in oggetto e chiedendone, dunque, la nullità/annullamento. Il Giudice di prime cure accoglieva l’eccezione e rigettava le domande degli attori, accogliendo la domanda riconvenzionale del convenuto relativa all’annullamento del contratto preliminare. A seguito di impugnazione, la Corte d’Appello di Roma confermava la suddetta pronuncia. Propone ricorso per cassazione uno degli attori, lamentando, tra i diversi motivi, la violazione dell’art. 180, comma 2, c.p.c. nel testo vigente ratione temporis . Tale violazione troverebbe fondamento nel fatto che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto che l’accettazione del contraddittorio da parte degli attori circa la tardività dell’azione di annullamento oggetto di censura della prima pronuncia potesse di per sé superare l’intempestività dell’eccezione. La Suprema Corte dichiara fondato il suddetto motivo di ricorso, affermando che il Giudice di secondo grado si è posto in contrasto con l’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui, in virtù del regime delle preclusioni introdotto con la l. numero 353/1990, la proposizione tardiva di eccezioni deve essere rilevata dal giudice d’ufficio , a prescindere dall’atteggiamento processuale della controparte in tal senso. Del resto, prosegue la Corte, il convenuto che si costituisce tardivamente non ha più la possibilità di proporre domande riconvenzionali , mentre per le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio vige il termine perentorio di cui al secondo comma dell’art. 180 c.p.c., per cui esse possono essere proposte al massimo nell’intervallo di tempo tra l’udienza di prima comparizione e quella di trattazione oppure entro il termine stabilito dal giudice istruttore. Per questo motivo, la Suprema Corte cassa la decisione in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 ottobre 2019 – 13 agosto 2020, n. 17121 Presidente D’Ascola – Relatore Besso Marcheis Fatti di causa 1. Con atto di citazione del 9 maggio 2000 Ma. Ca. e On. Pa. convenivano in giudizio Vi. Li., chiedendo l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita, da loro stipulato, quali promissari acquirenti, col convenuto promittente venditore, avente ad oggetto un appezzamento di terreno sito nel comune di Roma. Alla prima udienza il convenuto veniva dichiarato contumace all'udienza successiva si costituiva in giudizio la figlia Pa. Li., esponendo di essere stata nominata tutore provvisorio nel giudizio di interdizione del padre, eccependo l'incapacità naturale di Vi. Li. nel momento della stipulazione del contratto preliminare e chiedendo, in via riconvenzionale, la nullità/annullamento del contratto per incapacità naturale. Intervenuto il decesso di Vi. Li., nel frattempo dichiarato interdetto, il processo veniva riassunto nei confronti dei suoi eredi Te. Va., Pa. Li. e Gr. Li Con sentenza n. 23041/2005, il Tribunale di Roma, accertato che Vi. Li. al momento della conclusione del contratto era affetto da grave demenza senile, accoglieva l'eccezione di incapacità naturale, rigettava la domanda degli attori e, in accoglimento di quella proposta in via riconvenzionale dal convenuto, pronunciava l'annullamento del contratto preliminare stipulato inter partes. 2. Avverso la sentenza proponevano appello Ma. Ca. e On. Pa., deceduto il quale il processo veniva interrotto e poi proseguito da Ca. e dall'erede di Pa., La. Le La Corte d'appello di Roma - con sentenza 13 febbraio 2014, n. 980 - rigettava il gravame e confermava la pronuncia di primo grado. 3. Contro la sentenza ricorre per cassazione La. Le Resistono con controricorso Te. Va., Pa. Li. e Gr. Li L'intimato Ma. Ca. non ha proposto difese. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c. prima della camera di consiglio tenutasi ai sensi dell'art. 375 c.p.c. e poi ai sensi dell'art. 378 c.p.c. prima della pubblica udienza a cui il ricorso è stato rimesso con ordinanza interlocutoria n. 13713/2016 memoria ex art. 378 è stata depositata pure dai controricorrenti. Considerato che I. Il ricorso è articolato in quattro motivi. a Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 180, comma 2 c.p.c. , nel testo vigente ratione temporis. A fronte del motivo d'impugnazione che censurava la sentenza di primo grado perché l'azione d'annullamento era tardiva essendo stata introdotta all'udienza di prima trattazione, la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto che l'accettazione del contraddittorio sulla questione da parte degli attori aveva superato l'eventuale intempestività dell'eccezione. Il motivo è fondato. Il giudice d'appello ha respinto il primo motivo d'impugnazione, che appunto denunziava la violazione degli artt. 180 e 184-bis c.p.c. avendo il giudice di primo grado accolto l'eccezione di annullabilità del contratto che, tuttavia, era stata articolata oltre i termini perentori stabiliti dal codice , affermando che all'udienza nella quale il tutore provvisorio si era costituito eccependo l'annullabilità del contratto, la difesa degli attori non aveva a sua volta rilevato alcunché in ordine alla violazione del termine di venti giorni di cui all'abrogato testo dell'art. 180 c.p.c. , ma aveva controdedotto nel merito della eccezione formulata da Pa. Li. e all'udienza successiva aveva chiesto il termine di cui al l'abrogato testo del l'art. 184 c.p.c. per articolare delle prove testimoniali , in tal modo esplicitamente accettando il contraddittorio sulla questione relativa alla annullabilità del contratto e sollevando poi eccezione di tardività unicamente negli scritti difensivi di cui all'art. 190 c.p.c. Così affermando il giudice d'appello si è posto in contrasto con l'orientamento delle sezioni unite di questa Corte secondo il quale in forza del regime di preclusioni introdotto dalla legge n. 353 del 1990, che è inteso non solo a tutela dell'interesse di parte, ma anche dell'interesse pubblico a scongiurare l'allungamento dei tempi del processo, la tardiva proposizione di eccezioni deve essere rilevata d'ufficio dal giudice indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte al riguardo così Cass., sez. un., n. 10831/2006 . D'altro canto, secondo questa Corte, ai sensi dell'art. 167 c.p.c. così come modificato dall'art. 3 D.L. 21 giugno 1995 n. 238, reiterato e convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, il convenuto che si costituisce tardivamente decade dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali e quanto alle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, vige pur sempre il termine perentorio di cui all'art. 180, secondo comma, c.p.c. del pari introdotto dalla novella del 1995 art. 4 , onde siffatte eccezioni possono essere proposte, al più tardi, nell'intervallo tra l'udienza di prima comparizione ex art. 180 cit. e quella di trattazione ex art. 183 c.p.c. ovvero nel termine appositamente stabilito dal giudice istruttore . , così da restare escluso che le suindicate eccezioni possano essere sollevate nella prima udienza di trattazione o in una udienza a questa successiva . b L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento dei restanti motivi, in particolare - del secondo motivo, che lamenta omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte d'appello ritenuto sussistente lo stato di incapacità del convenuto al momento della stipulazione del contratto preliminare e comunque l'impossibilità delle controparti contraenti di non avvedersene, nonché per avere negato l'ammissione delle prove dedotte dagli attori - del terzo motivo, che contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 428, 1425, 2697 c.c. e 115-116 c.p.c. per avere la Corte d'appello desunto la malafede dei promissari acquirenti dal fatto che il valore del terreno promesso in vendita era superiore al prezzo indicato nel preliminare - del quarto motivo di ricorso, che fa valere omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione al riconoscimento da parte della Corte d'appello del valore del terreno promesso in vendita anche sulla base della denuncia di successione del defunto Vi. Li II. La sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d'appello che deciderà la causa alla luce dei principi di diritto sopra ricordati il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa a diversa sezione della Corte d'appello di Roma, che provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.