Opposizione a decreto ingiuntivo con chiamata in causa del terzo: l’autorizzazione può essere implicita

Nel caso in cui l’opponente a decreto ingiuntivo abbia citato direttamente un terzo che intenda chiamare in causa, richiedendo comunque al giudice nell’atto di opposizione, in via subordinata, l’autorizzazione di cui all’art. 269 c.p.c., deve considerarsi impedita la decadenza della chiamata. Se il giudice si è pronunciato nel merito nei confronti del terzo, la chiamata si intende infatti implicitamente autorizzata.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16336/20, depositata il 30 luglio. Nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo intrapreso da un Condominio contro la società che aveva eseguito lavori di rifacimento della rete condominiale del gas, il Tribunale aveva dichiarato fondata la domanda di garanzia proposta dal Condominio opponente nei confronti della società amministratrice ritenuta responsabile per l’esecuzione di lavori non autorizzati dall’assemblea. La Corte d’Appello ribaltava la decisone riconoscendo l’ irritualità della chiamata in giudizio della società amministratrice, per assenza di preventiva autorizzazione del giudice, e l’avvenuta decadenza della facoltà di evocare in lite la medesima. Il Condominio ha proposto ricorso per cassazione. Secondo la giurisprudenza, l’opponente a decreto ingiuntivo che intenda chiamare in causa un terzo, non può citarlo direttamente per a prima udienza ma deve chiederne autorizzazione al giudice nell’atto di opposizione. La ragione di tale soluzione è che nel procedimento per ingiunzione, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti il creditore mantiene le vesti di attore e l’opponente quelle di convenuto anche in ordine ai poteri e alle preclusioni processuali rispettivamente previste. Di conseguenza, il Collegio chiarisce che allorchè l’opponente a decreto ingiuntivo, pur avendo citato direttamente un terzo che intenda chiamare in causa , richieda al giudice nell’atto di opposizione, in via subordinata, l’ autorizzazione di cui all’art. 269 c.p.c., rimane impedita la decadenza della chiamata, dovendosi peraltro intendere implicitamente autorizzata tale chiamata ove il giudice pronunci nel merito nei confronti del terzo . Applicando tale principio nel caso di specie, posto che l’opponente Condominio aveva citgato l’opposta e direttamente la terza avendo comunque formulato in via subvordinata l’istanza di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo, senza che il Tribunale avesse provveduto in merito, l’istanza di autorizzazione valeva ad impedire la decadenza, come invece erroneamente affermato dalla Corte d’Appello. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 11 giugno – 30 luglio 2020,n. 16336 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Il omissis propone ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 1712/2018 pronunciata il 7 novembre 2018 dalla Corte d’Appello di Brescia. L’intimata Coop. Casa s.c. a r.l. resiste con controricorso. La Corte di Brescia ha accolto il gravarne proposto in via principale dalla Coop. Casa s.c. a r.l. contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Brescia il 17 febbraio 2015, che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo intrapreso dal omissis contro l’opposta Climagest s.r.l. esecutrice di lavori di rifacimento della rete condominiale del gas , aveva dichiarato fondata la domanda di garanzia formulata dal Condominio opponente nei confronti della stessa Coop Casa s.c. a r.I., quale amministratrice ritenuta responsabile dalla esecuzione dei lavori non autorizzati dall’assemblea. Avendo l’appellante principale Coop. Casa s.c. a r.l. dedotto l’irritualità della propria chiamata in giudizio, operata dall’opponente omissis con citazione diretta, senza previa autorizzazione del giudice, la Corte di Brescia ha riconosciuto l’avvenuta decadenza dalla facoltà di evocare in lite la terza, con assorbimento dell’appello incidentale del Condominio. L’unico motivo di ricorso del omissis deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 106, 162 e 269 c.p.c., non avendo la Corte d’appello considerato come nella citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, oltre a chiamare direttamente in causa la Coop. Casa s.c. a r.l., stante l’incertezza esistente sul punto in giurisprudenza, era stata comunque spiegata istanza al giudice in via subordinata volta a vedere autorizzata la chiamata di tale soggetto , chiedendosi all’uopo nelle conclusioni anche lo spostamento eventuale dell’udienza. L’istanza di autorizzazione alla chiamata venne altresì ribadita nella prima udienza del 12 febbraio 2009. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, trasmessa a mezzo PEC, ai sensi del punto 2.4. del Protocollo di intesa tra Corte di Cassazione, Procura Generale presso la Corte di Cassazione e Consiglio Nazionale Forense del 9 aprile 2020. Secondo l’interpretazione costante di questa Corte, invero consolidatasi già all’epoca dell’opposizione per cui è causa risalente all’anno 2008 , l’opponente a decreto ingiuntivo, che intenda chiamare in causa un terzo, non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell’atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato. Ciò in quanto, nel procedimento per ingiunzione, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Ne consegue che, sebbene il disposto dell’art. 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata di terzo in causa, non si concilia con l’opposizione al decreto, in ogni caso l’opponente deve citare unicamente il soggetto istante per l’ingiunzione, e contemporaneamente chiedere al giudice l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto Cass. Sez. 2, 26/08/2019, n. 21706 Cass. Sez. 1, 29/10/2015, n. 22113 Cass. Sez. 2, 14/05/2014, n. 10610 Cass. Sez. 3, 01/03/2007, n. 4800 Cass. Sez. 2, 16/07/2004, n. 13272 Cass. Sez. 1, 27/06/2000, n. 8718 . Nella specie, l’opponente omissis , oltre a citare l’opposta Climagest s.r.l. e direttamente la terza Coop Casa s.c. a r.l., aveva tuttavia comunque formulato in via subordinata l’istanza di autorizzazione alla chiamata in causa di terzo, senza che il Tribunale avesse provveduto in merito ferma la discrezionalità dell’autorizzazione del giudice alla chiamata in causa di un terzo su istanza di parte ex art. 106 c.p.c. cfr. Cass. Sez. U, 23/02/2010, n. 4309 Cass. Sez. 3, 06/07/2006, n. 15362 , nè disposto la fissazione di nuova udienza per consentire alla terza, irritualmente citata, di intendere le ragioni azionate in monitorio. L’istanza di autorizzazione rinvolta al giudice nell’atto di opposizione valeva, in ogni modo, ad impedire la decadenza dell’opponente dalla chiamata, erroneamente ravvisata dalla Corte d’appello. D’altro canto, avendo il Tribunale direttamente pronunciato nel merito nei confronti della Coop. Casa s.c. a r.l., doveva con ciò intendersi implicitamente autorizzata la chiamata della terza arg. da Cass. Sez. 3, 15/05/2012, n. 7526 . Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto allorché l’opponente a decreto ingiuntivo, pur avendo citato direttamente un terzo che intenda chiamare in causa, richieda al giudice nell’atto di opposizione, in via subordinata, l’autorizzazione di cui all’art. 269 c.p.c., rimane impedita la decadenza della chiamata, dovendosi peraltro intendere implicitamente autorizzata tale chiamata ove il giudice pronunci nel merito nei confronti del terzo. Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia, che deciderà uniformandosi all’enunciato principio e regolerà altresì tra le parti le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.