Querela di falso contro la sottoscrizione non autentica di una scrittura privata non riconosciuta

La parte, che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione apposta su scrittura privata non riconosciuta, e per la quale non sia quindi necessario esperire querela di falso, può sempre agire in via principale per far accertare tale non autenticità con la querela suddetta .

È il principio affermato dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 15823/20, depositata il 23 luglio. La Corte d’Appello di Firenze respingeva il gravame avverso la pronuncia con cui il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la domanda attorea per querela di falso relativa ad alcuni aspetti di un processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza sulla cui base l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento. La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. La ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2700 c.c. e 221 c.p.c. per aver il giudice di merito ritenuto che le affermazioni contenute nel verbale di contestazione non fossero passibili di querela di falso . La doglianza risulta inammissibile. Il Collegio ricorda infatti che la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene che il verbale di contestazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti attestati. Il verbale è dunque assistito da fede privilegiata ex art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni a lui rese. Rileva invece in termini di prova quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni al pubblico ufficiale rese dalle parti o da terzi, ovvero anche alla veridicità sostanziale del contenuto di documenti formati dalla stessa parte o da terzi. Infine, in mancanza dell'indicazione dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate, il verbale costituisce comunque un elemento di prova che il giudice deve valutare in concorso con gli altri elementi. Nel caso di specie, la querela era stata avanzata in relazione a risultanze emergenti da dati esterni e non alle attestazioni dei verbalizzanti, con conseguente inammissibilità. Risulta infine fondata la doglianza con cui la ricorrente lamenta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la querela di falso non era proponibile in relazione alla sottoscrizione delle distinte di versamento e di prelevamento relative ad operazioni bancarie effettuate dalla stessa ricorrente e riportate nel verbale di contestazione. In tal caso, la pronuncia impugnata ha erroneamente ritenuto che la querela avrebbe potuto essere proposta solo in caso di soccombenza sull’eventuale disconoscimento della scrittura privata nel giudizio tributario. Ed infatti la parte, che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione apposta su scrittura privata non riconosciuta , e per la quale non sia quindi necessario esperire querela di falso, può sempre agire in via principale per far accertare tale non autenticità con la querela suddetta, ottenendo come conseguenza applicativa semplicemente questo che l’accertamento deve essere poi effettuato secondo le ordinarie regole probatorie e non già con l’applicazione della speciale procedura prevista per il caso della verificazione art. 214 c.p.c. . In virtù di tale principio, la Corte accoglie la doglianza e cassa la pronuncia impugnata con rinvio sul punto alla Corte d’Appello di Firenze.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 giugno – 23 luglio 2020, n. 15823 Presidente Scaldaferri – Relatore Terrusi Rilevato che con sentenza in data 16-1-2018 la corte d’appello di Firenze ha respinto il gravame di V.F. nei riguardi della sentenza con la quale il tribunale di Livorno ne aveva dichiarato inammissibile la domanda per querela di falso relativa a singoli aspetti emergenti da un processo verbale di constatazione della guardia di finanza di Chiavenna, sulla cui base l’Agenzia delle entrate aveva notificato all’attrice un avviso di accertamento la corte d’appello ha osservato e ritenuto che i era infondata la doglianza in ordine a una presunta lesione del principio del contraddittorio, essendosi il tribunale limitato a dare atto che l’azione promossa non era ammissibile in ragione dell’oggetto specifico della domanda, a fronte della previsione tassativa dell’art. 2700 c.c., correlata all’art. 221 c.p.c. ii era corretta la valutazione del tribunale in ordine al non essere la querela proponibile, visto che non erano stati rappresentati, nel verbale di constatazione, fatti avvenuti in presenza dei pubblici ufficiali, sebbene mere valutazioni suscettibili di essere avversate in sede processuale tributaria iii era altresì corretta la conclusione del tribunale a proposito dell’inammissibilità della querela rispetto alle sottoscrizioni delle distinte bancarie indicate nel processo verbale di constatazione difatti la contestazione dell’autenticità delle sottoscrizioni si sarebbe potuta proporre nel processo tributario con il formale disconoscimento della scrittura, e la querela di falso sarebbe stata possibile solo dopo l’esito sfavorevole della eventuale verificazione la Vanoli ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi l’Agenzia delle entrate ha replicato con controricorso. Considerato che I. - col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 183 c.p.c., e art. 24 Cost., nella parte in cui l’impugnata sentenza ha confermato la statuizione di primo grado che pur era stata assunta sulla scorta di una questione preliminare rilevata d’ufficio, non sottoposta al contraddittorio il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., atteso che quella afferente all’inammissibilità della querela di falso era ed è , in relazione all’oggetto, un questione di diritto e questa Corte ha da tempo chiarito che ove il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione, non sussiste la nullità della sentenza, in quanto da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dall’eventuale errore in iudicando ovvero in procedendo, se esistente v. Cass. Sez. U n. 20935-09 II. - col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2700 c.c. e art. 221 c.p.c., per avere, la corte territoriale, ritenuto che le affermazioni contenute nel citato verbale di constatazione non fossero passibili di querela di falso il motivo è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza III. - deve precisarsi che, in tema di accertamenti tributari, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, poiché in generale è possibile distinguere vari livelli di attendibilità nello specifico a il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni a lui rese b in ordine invece alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni al pubblico ufficiale rese dalle parti o da terzi - ovvero anche alla veridicità sostanziale del contenuto di documenti formati dalla stessa parte o da terzi - esso rileva in termini di prova, nel senso che consente la prova contraria che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice e alle parti l’eventuale controllo e la valutazione del contenuto delle dichiarazioni c in mancanza infine della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque un elemento di prova che il giudice deve in ogni caso valutare in concorso con gli altri elementi, e che può essere disatteso in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con gli altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, e qui fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore v. tra le più recenti Cass. n. 28060-17, Cass. n. 24461-18 IV. - il punto essenziale ai fini del secondo motivo di ricorso è costituito dal fatto che, secondo la corte del merito, la querela era stata avanzata in relazione a risultanze oggetto di valutazione siccome emergenti da dati esterni l’effettuazione di versamenti e prelevamenti nell’anno oggetto di accertamento , e quindi di non diretta attestazione da parte dei verbalizzanti come da essi compiuti, o avvenuti in loro presenza a fronte di tale motivazione non risulta indicato nel ricorso contro quale specifico profilo, avente diversa natura e possibile diversa qualificazione, la querela era stata indirizzata consegue che il secondo motivo è da considerare inammissibile perché aspecifico V. - viceversa è manifestamente fondato il terzo motivo con esso la ricorrente denunzia la violazione dei ripetuti art. 2700 c.c. e art. 221 c.p.c., per avere la corte territoriale ritenuto la querela di falso non proponibile in relazione alla sottoscrizione di distinte di versamento e prelevamento relative alle operazioni bancarie riportate nel verbale di constatazione in questo caso si evince dalla sentenza che il verbale di constatazione aveva riportato le distinte suddette e i verbalizzanti avevano sostenuto che esse distinte erano riferibili alla Vanoli invero la sentenza ha premesso che la querela di falso era stata proposta, per questa parte, rispetto alle sottoscrizioni delle distinte bancarie indicate nel PVC VI. - stando così le cose, è senza dubbio errato sostenere - come invece la corte d’appello e prima ancora il tribunale hanno fatto - che la querela avrebbe potuto esser proposta solo in caso di soccombenza sull’eventuale disconoscimento della scrittura privata in seno al giudizio tributario alla parte alla quale sia riferita una scrittura privata che nel processo tributario può ben essere semplicemente allegata al verbale di constatazione è sempre consentito non solo disconoscerla, così facendo carico alla controparte della verificazione, ma anche e proprio di proporre direttamente e alternativamente la querela di falso, al fine di negare definitivamente la genuinità del documento in difetto di limitazioni di legge, non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto al perseguimento di un risultato più ampio e definitivo, qual è quello della completa rimozione del valore dell’atto con effetti erga omnes v. la lontana ma sempre condivisibile Cass. Sez. U n. 3734-86, e poi Cass. n. 2699-92, Cass. n. 3833-94, Cass. n. 19727-03, Cass. n. 1789-07 e altre del resto si apprende dalla narrativa del ricorso che la querela di falso era stata proposta in via principale, al punto che la commissione tributaria, dinanzi alla quale era stato impugnato l’avviso di accertamento, dopo aver sospeso l’atto, si era limitata, all’udienza di trattazione, a sospendere il giudizio tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 perché era pendente il processo civile di querela di falso avverso il p.v.c. e le distinte bancarie l’impugnata sentenza va dunque cassata in parte qua, dovendosi affermare il seguente principio la parte, che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione apposta su scrittura privata non riconosciuta, e per la quale non sia quindi necessario esperire querela di falso, può sempre agire in via principale per far accertare tale non autenticità con la querela suddetta, ottenendo come conseguenza applicativa semplicemente questo che l’accertamento deve essere poi effettuato secondo le ordinarie regole probatorie e non già con l’applicazione della speciale procedura prevista per il caso della verificazione art. 214 c.p.c. segue il rinvio alla medesima corte d’appello di Firenze la quale, in diversa composizione, si uniformerà al principio di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie -terzo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Firenze.