Esecuzione presso terzi: chi paga le spese di registrazione dell’ordinanza di assegnazione?

L’ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell’esecuzione, all’esito di un procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzo, deve ritenersi comprensiva delle spese di registrazione dell’ordinanza stessa. Tali spese rientrano infatti nell’espresso addebito al debitore esecutato delle spese di esecuzione liquidate in favore del creditore.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15447/20, depositata il 21 luglio. Una Banca veniva convenuta in giudizio per la restituzione dell’importo pagato a titolo di imposta di registrazione di un’ordinanza di assegnazione pronunciata all’esito di un procedimento esecutivo presso terzo promosso dall’attore che affermava di aver saldato l’imposta a seguito di avviso di liquidazione notificatogli dall’Agenzia delle Entrate. Il Giudice di Pace rigettava la domanda di restituzione. La decisione veniva confermata anche in appello. La questione è dunque giunta dinanzi alla Suprema Corte. Come già pacificamente affermato dalla giurisprudenza, non è configurabile un interesse del creditore procedente presso terzi ad ottenere un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il debitore originario per le spese di registrazione dell’ordinanza di assegnazione, avendo egli già ottenuto la piena soddisfazione nei confronti di quest’ultimo in sede esecutiva, soddisfazione comprensiva anche del credito per la spesa suddetta. Tale importo è infatti compreso nella somma liquidata a titolo di spese del processo esecutivo e oggetto dell’assegnazione a valere sui crediti pignorati. Risulta inoltre irrilevante il fatto che, al momento della richiesta di pagamento degli importi assegnati da parte del terzo debitor debitoris , la somma in questione non fosse ancora stata pretesa e riscossa, in quanto l’ordinanza non sia ancora stata registrata. Trattandosi di importo compreso in quello oggetto di assegnazione ex art. 553 c.p.c. la relativa pretesa poteva essere avanzata anche successivamente e anche nei confronti del terzo. In conclusione, la Corte cristallizza i principi di diritto secondo cui laddove il giudice dell’esecuzione, all’esito di un procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzo, pronunci ordinanza di assegnazione contenente l’espresso addebito al debitore esecutato oltre che dei crediti posti in esecuzione, nonché delle spese di precetto ed esecuzione, e in aggiunta a queste ultime delle spese di registrazione dell’ordinanza stessa, il relativo importo deve ritenersi compreso nelle spese di esecuzione liquidate in favore del creditore stesso ai sensi dell’art. 95 c.p.c., sicchè esso può essere preteso dal creditore in sede di escussione del terzo, nei limiti della capienza del credito assegnato di conseguenza sussiste difetto di interesse del creditore procedente a ottenere un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il suo originario debitore per le indicate spese di registrazione, avendo egli già conseguito la piena soddisfazione nei confronti di quest’ultimo, in sede esecutiva . Inoltre il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione , privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicchè le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili dal creditore . La Corte rigetta quindi il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione delle spese al controricorrente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza27 febbraio – 21 luglio 2020, n. 15447 Presidente Frasca – Relatore Porreca Considerato che D.M.D. conveniva in giudizio Unicredit, s.p.a., chiedendo la restituzione dell’importo pagato a titolo d’imposta di registrazione di un’ordinanza di assegnazione pronunciata all’esito di un procedimento esecutivo presso terzi promosso dal deducente nei confronti della convenuta esponeva l’attore che aveva saldato l’imposta a seguito di un avviso di liquidazione notificatogli dall’Agenzia delle Entrate, sicché gli spettava il regresso il Giudice di pace rigettava la domanda ritenendo che le somme fossero dovute dal terzo pignorato e non dall’originario debitore la pronuncia veniva confermata dal Tribunale in sede di appello, osservando che, trattandosi di spese necessarie successive, originate dal procedimento esecutivo, dovevano trovare soddisfazione nell’ambito di quello e in caso di capienza delle somme indicate come dovute dal terzo pignorato, salva la tutela del credito originario in base all’iniziale titolo esecutivo nei confronti del debitore esecutato avverso questa decisione ricorre per cassazione D.M.D. articolando quattro motivi, corredati da memoria resiste con controricorso Unicredit, s.p.a Ritenuto che con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, art. 95 c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che il deducente, avendo pagato l’imposta richiesta dall’amministrazione, aveva diritto al regresso nei confronti del debitore che aveva indotto l’esecuzione forzata sfociata nell’ordinanza di assegnazione registrata con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 13, art. 95 c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che l’imposta di registro non era una spesa del processo esecutivo originandosi al di fuori di esso che l’ordinanza di assegnazione non era titolo esecutivo nei confronti del debitore esecutato che si trattava di atto soggetto a registrazione entro un termine fisso, come tale estraneo alla regola dell’accessorietà alla soccombenza, sicché era stata necessaria autonoma domanda giudiziale con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 95 c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che non era in questione una spesa del processo esecutivo trattandosi di importo dovuto legalmente su richiesta dell’Erario con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 95 c.p.c., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che non poteva subordinarsi il diritto del creditore di ripetere il pagamento in parola alla capienza dell’esecuzione, atteso soprattutto che la richiesta dell’amministrazione erariale interverrebbe per prassi a distanza di anni dalla chiusura del procedimento esecutivo con la maggiorazione di sanzioni e accessori Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. Rilevato che i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati si tratta di una controversia che ha oggetto identico ad altre - riguardanti il medesimo ricorrente - in ordine alle quali questa Corte si è già pronunciata come già statuito in tali precedenti Cass., 20/11/2018 n. 29855 Cass., 20/02/2019, n. 4964 , ai quali si intende dare pieno seguito anche perché il ricorso non contiene, neppure quale illustrato in memoria, argomentazioni idonee a indurre alcuna rimeditazione sul punto , e ai quali la decisione impugnata risulta in diritto sostanzialmente conforme, le censure avanzate dal ricorrente risultano in parte inammissibili, in parte infondate è pacifico la circostanza emerge, quanto meno implicitamente, dalla sentenza impugnata, non è smentita nel ricorso ed è espressamente confermata anche nel controricorso che il giudice dell’esecuzione, all’esito di un procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzi promosso dal D.M. nei confronti di un suo debitore nella specie, Unicredit s.p.a. abbia pronunciato ordinanza di assegnazione contenente l’espresso addebito al suddetto debitore esecutato oltre che dei crediti posti in esecuzione nonché delle spese di precetto ed esecuzione, in aggiunta a queste ultime delle spese di registrazione dell’ordinanza stessa e che il relativo importo fosse quindi compreso in quello oggetto della complessiva assegnazione dei crediti pignorati in favore del creditore procedente in quanto, evidentemente, appunto ricompreso nelle spese di esecuzione liquidate in favore del creditore stesso ai sensi dell’art. 95 c.p.c. , sicché tale importo poteva essere preteso dal suddetto creditore in sede di escussione del terzo nella specie, Poste Italiane s.p.a., per quanto è dato comprendere dagli atti ciò posto, sussiste difetto di interesse del creditore procedente a ottenere un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il suo originario debitore, avendo egli già conseguito la piena soddisfazione nei confronti di quest’ultimo, in sede esecutiva, anche del proprio credito per la spesa di registrazione dell’ordinanza di assegnazione in quanto compreso nell’importo liquidato a titolo di spese del processo esecutivo e oggetto dell’assegnazione a valere sui crediti pignorati è irrilevante la circostanza che, al momento della richiesta di pagamento degli importi assegnati rivolta al terzo debitor debitoris la somma in questione non fosse stata e/o non potesse ancora essere pretesa e riscossa, in quanto non era stata ancora effettuata la registrazione dell’ordinanza e non era stata quindi ancora anticipata dal creditore la relativa imposta trattandosi di importo compreso in quello oggetto di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., infatti, la relativa pretesa poteva essere avanzata anche successivamente e addirittura in via esecutiva nei confronti del terzo, sulla base della medesima ordinanza di assegnazione nel ricorso - che sotto questo aspetto difetta della necessaria specificità, manifestando un profilo di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, - non viene chiarito, e tanto meno documentato se in concreto vi sia stata vana escussione del terzo per l’importo in questione, ovvero se le somme complessivamente riconosciute nell’ordinanza di assegnazione -il cui contenuto, parte qua , non è riprodotto nel ricorso e la cui allocazione tra gli atti del fascicolo di merito non è indicata, con ulteriore violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, - ivi inclusa quella relativa all’imposta di registrazione della stessa, fossero state contenute o meno nei limiti di capienza dei crediti pignorati o avessero ecceduto tali limiti, e dunque non potessero essere effettivamente e in concreto oggetto di integrale recupero nei confronti del terzo debitor debitoris e d’altro canto questa Corte ha da tempo risalente chiarito che a il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, a norma dell’art. 553 c.p.c., assegna al creditore procedente le somme di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore verso il debitore espropriato, ha, nei confronti del terzo e a favore dell’assegnatario, efficacia di titolo esecutivo non soltanto per le spese liquidate nel provvedimento stesso, ma anche per quelle ad esso conseguenti e necessarie per la concreta sua attuazione come, ad esempio, l’imposta di registro, ancorché nel provvedimento non se ne faccia espressa menzione Cass., 05/02/1968, n. 394 e succ. conf. b il giudice dell’esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili Cass., 05/10/2018, n. 24571, richiamata anche da Cass., 19/02/2020, n. 4243, Cass., 14/02/2020, n. 3720, Cass., 17/01/2020, n. 1004, Cass., 20/02/2019, n. 4964 ne consegue che, contrariamente a quanto prospettato in ricorso, per un verso le spese di registrazione sono proprie del processo esecutivo e trovano soddisfazione dalla capienza per altro verso l’ordinanza di assegnazione costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo per la soddisfazione del credito e delle spese stesse, sicché, ferma la legittimazione dell’Erario a chiedere il pagamento dell’imposta a tutte le parti coobbligate secondo il regime tributario, la ripetizione di quanto eventualmente pagato dal creditore a titolo fiscale potrà e dovrà essere chiesta al terzo, nuovo debitore a seguito della modifica soggettiva del rapporto obbligatorio determinata dall’ordinanza ex art. 553 c.p.c., nel perimetro dell’importo assegnato e, come logico, prioritariamente rispetto all’originario credito la giurisprudenza evocata dal ricorrente non è pertinente poiché, in particolare, o si riferisce alla diversa fattispecie della soccombenza propria del giudizio di cognizione Cass., 19/09/2017, n. 21686 , o si riferisce al caso, del tutto differente, in cui il debitore esecutato abbia pagato l’importo a titolo d’imposta al creditore procedente e pretenda, con ciò, di vantare, nei confronti dell’amministrazione, un effetto liberatorio insussistente Cass., 03/07/2015, n. 13753 possono quindi essere in proposito formulati i seguenti principi di diritto laddove il giudice dell’esecuzione, all’esito di un procedimento esecutivo di espropriazione di crediti presso terzi, pronunci ordinanza di assegnazione contenente l’espresso addebito al debitore esecutato oltre che dei crediti posti in esecuzione nonché delle spese di precetto ed esecuzione, e in aggiunta a queste ultime delle spese di registrazione dell’ordinanza stessa, il relativo importo deve ritenersi ricompreso nelle spese di esecuzione liquidate in favore del creditore stesso ai sensi dell’art. 95 c.p.c., sicché esso può essere preteso dal creditore in sede di escussione del terzo, nei limiti della capienza del credito assegnato di conseguenza, sussiste difetto di interesse del creditore procedente a ottenere un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il suo originario debitore per le indicate spese di registrazione, avendo egli già conseguito la piena soddisfazione nei confronti di quest’ultimo, in sede esecutiva il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili dal creditore spese secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 500,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.