Rigetto della richiesta di protezione internazionale: l’omessa audizione del richiedente non vizia la pronuncia

Il giudice investito del ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale, può esimersi dall’audizione del richiedente solo se egli abbia avuto la facoltà di renderla avanti alla commissione territoriale ed il tribunale stesso.

Con l’ordinanza n. 15318/20, depositata il 17 luglio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da un cittadino bengalese avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato il rigetto della richiesta di protezione internazionale . Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l’ omessa audizione in sede giudiziale in considerazione della carente verbalizzazione delle sue dichiarazioni dinanzi alla Commissione territoriale in violazione del dovere di cooperazione istruttoria. La doglianza risulta inammissibile. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza comunitaria infatti, la necessità che il giudice investito del ricorso ex art. 46 della direttiva 2013/32 proceda all’audizione del richiedente deve essere valutata alla luce del suo obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva, ai fini della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti e degli interessi del richiedente. Tale giudice può decidere di non procedere all’audizione del richiedente nell’ambito del ricorso dinanzi ad esso pendente solo nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale con il richiedente in occasione del procedimento di primo grado CGUE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko . La direttiva 2013/32/UE deve difatti essere interpretata nel senso che non osta a che il giudice nazionale , investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata, respinga detto ricorso senza procedere all’audizione del richiedente qualora le circostanze di fatto non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione, a condizione che, in occasione della procedura di primo grado sia stata data facoltà al richiedente di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, conformemente all’art. 14 di detta direttiva, e che il verbale o la trascrizione di tale colloquio, qualora quest’ultimo sia avvenuto, sia stato reso disponibile unitamente al fascicolo, in conformità dell’art. 17, paragrafo 2 direttiva medesima. In conclusione, è rimesso al giudice adito la valutazione circa la necessità di disporre l’audizione del richiedente laddove lo ritenga necessario ai fini dell’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto co0ntemplati dall’art. 46 della medesima direttiva. È risultata invece fondata la doglianza con cui il richiedente si duole per l’omessa pronuncia in ordine alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato con riferimento ai fatti che integrerebbero il requisito della persecuzione politica. In conclusione la Cassazione accoglie il ricorso in tali termini e rinvia la causa alla Corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 6 febbraio – 17 luglio 2020, n. 15318 Presidente Manna – Relatore Giannaccari Rilevato che - A.A.R. , cittadino del omissis ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, depositata il 28.12.2018, che aveva rigettato l’appello avverso la decisione dell’ordinanza del medesimo Tribunale di diniego della domanda di protezione internazionale - il ricorrente aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese perché aveva ferito due trafficanti di alcool, armi e droga e, dopo aver denunciato il fatto al capo villaggio, che era a capo dell’organizzazione criminale, aveva subito violenza da parte di quest’ultimo era stato anche denunciato alla Polizia per il ferimento dei trafficanti e del capo villaggio e temeva di rientrare nel proprio paese per timore di subire violenza e minacce da parte della Polizia - la Corte d’appello ha premesso che il gravame riguardava il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria mentre vi era stata acquiescenza sul diniego dello status di rifugiato - per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso A.A.R. sulla base di quattro motivi. - ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno. Ritenuto che - con il primo motivo di ricorso, si contesta l’omessa audizione del ricorrente in sede giudiziale in considerazione della carente verbalizzazione delle sue dichiarazioni innanzi alla Commissione Territoriale, con violazione del dovere di cooperazione istruttoria, necessaria ai fini della valutazione della credibilità - il motivo è inammissibile il tema della rinnovazione dell’interrogatorio avanti al giudice del merito va affrontato avendo riguardo alla normativa Eurounitaria, alla luce della quale va interpretata quella nazionale che ne costituisce recepimento. secondo quanto precisato da Corte giust. UE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko, la necessità che il giudice investito del ricorso ex art. 46 della direttiva 2013/32 proceda all’audizione del richiedente deve essere valutata alla luce del suo obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva, ai fini della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti e degli interessi del richiedente. Tale giudice può decidere di non procedere all’audizione del richiedente nell’ambito del ricorso dinanzi ad esso pendente solo nel caso in cui ritenga di poter effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale con il richiedente in occasione del procedimento di primo grado . Laddove invece il giudice - prosegue la Corte - consideri che sia necessaria un’audizione del richiedente onde poter procedere al prescritto esame completo ed ex nunc, siffatta audizione, disposta da detto giudice, costituisce una formalità cui esso non può rinunciare . - la Corte di giustizia ha quindi definito la questione pregiudiziale stabilendo che la direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 deve essere interpretata nel senso che non osta a che il giudice nazionale, investito di un ricorso avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata, respinga detto ricorso senza procedere all’audizione del richiedente qualora le circostanze di fatto non lascino alcun dubbio sulla fondatezza di tale decisione, a condizione che, in occasione della procedura di primo grado sia stata data facoltà al richiedente di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, conformemente all’art. 14 di detta direttiva, e che il verbale o la trascrizione di tale colloquio, qualora quest’ultimo sia avvenuto, sia stato reso disponibile unitamente al fascicolo, in conformità dell’art. 17, paragrafo 2 direttiva medesima - è rimesso, quindi, al giudice adito con il ricorso di disporre l’audizione ove lo ritenga necessario ai fini dell’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto contemplato all’art. 46, paragrafo 3, di tale direttiva - tale approdo, come rilevato dalla stessa Corte di giustizia, è del resto coerente con la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui lo svolgimento dell’udienza non è necessario quando la causa non prospetti questioni di fatto e di diritto che non possano essere risolte sulla scorta del fascicolo e delle osservazioni scritte delle parti Corte EDU 12 novembre 2002, Dory c. Suede, 37 . - deve quindi concludersi nel senso che il tribunale investito del ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale può esimersi dall’audizione del richiedente solo se a questi sia stata data la facoltà di renderla avanti alla commissione territoriale e il tribunale stesso, cui siano stati resi disponibili il verbale dell’audizione detta interpretazione era, del resto consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato come non sia ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza Cassazione civile sez. VI, 07/02/2018, n. 3003 in senso conforme Cass. Civ., sez. 06, del 21/11/2011, n. 24544 - con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., l’omessa pronuncia in ordine alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, con riferimento a fatti che integrerebbero una persecuzione politica da parte del capo del villaggio - il motivo è fondato - la corte di merito è incorsa nel vizio di omessa pronuncia, affermando pag. 3 della sentenza che l’oggetto del gravame era limitato alla verifica della sussistenza della protezione sussidiaria ovvero della protezione umanitaria e che l’appello non investisse il capo della sentenza con cui era stata rigettata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato su cui vi sarebbe stata acquiescenza al provvedimento di primo grado - dall’esame degli atti processuali, consentito in ragione del vizio processuale dedotto dalla parte, risulta invece che con il secondo motivo d’appello era stata censurata la sentenza di primo grado per l’omesso riconoscimento dello status di rifugiato con riferimento al rischio di subire atti di persecuzione politica da parte del capo del villaggio come estensione del potere dello Stato - la richiesta di riforma della sentenza di primo grado, in relazione allo status di rifugiato, è ribadita anche nelle conclusioni dell’atto d’appello - poiché la corte di merito non si è pronunciata su tale motivo, la sentenza va cassata, con rinvio restitutorio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, perché esamini il motivo d’appello relativo al diniego dello status di rifugiato la corte di merito regolerà le spese del giudizio di legittimità - l’esame, da parte della corte distrettuale della domanda proposta in via principale assorbe il terzo e quarto motivi, che censurano l’ordinanza del Tribunale in relazioni alle domande subordinate di riconoscimento della protezione sussidiaria e della protezione. P.Q.M. Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.