Quando è possibile la compensazione delle spese processuali?

La compensazione delle spese processuale è possibile, oltre che nelle ipotesi di soccombenza reciproca, di assoluta novità delle questioni trattate e di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti, solo quando le specifiche circostanze prese in considerazione dal giudice di merito siano tali da renderle assimilabili alle altre ipotesi previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c

Lo ha chiarito la Cassazione con ordinanza n. 12484/20 depositata il 24 giugno. Dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza del Giudice di Pace che aveva accolto l’opposizione alla cartella di pagamento, il Tribunale rilevava che l’ impugnazione non era sta notificata all’ indirizzo del difensore risultante dall’albo degli avvocati e disponeva la compensazione delle spese di lite in quanto la causa era stata definita su una questione di rito, senza che l’appellante avesse svolto ulteriori difese oltre all’atto di appello. Con riferimento al primo motivo di ricorso con cui l’ avvocato lamenta la compensazione delle spese statuita dal Tribunale in carenza dei presupposti richiesti dall’ art. 92, comma 2, c.p.c. , la Cassazione rileva immediatamente che tale norma, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una clausola generale da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito , le cui conclusione sono censurabili in sede di legittimità in quanto fondate su norme giuridiche . Ciò posto, la Corte esclude che un’eventuale pronuncia di inammissibilità dell’appello possa integrare in sé un grave ed eccezionale motivo di compensazione, così come l’eventualità che l’appellante risultato soccombente si sia limitato a proporre l’impugnazione senza svolgere ulteriori difese, circostanza che potrebbe incidere piuttosto sulla quantificazione delle spese. A sostegno di tale tesi, la Suprema Corte rileva altresì la sentenza n. 77/18 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 92, comma 2, c.p.c. nel testo introdotto dal d.l. n. 132/2014, convertito con l. n. 162/2014. Con la pronuncia citata, la Consulta aveva infatti dichiarato che la rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo art. 111 Cost., comma 1 e del diritto alla tutela giurisdizionale art. 24 Cost., comma 1 perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio, può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti . Pertanto, in accoglimento del ricorso, la Cassazione afferma che la compensazione può essere attualmente disposta, oltre che nelle ipotesi di soccombenza reciproca, di assoluta novità delle questioni trattate e di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti, solo quando le specifiche circostanze prese in considerazione dal giudice di merito siano tali da renderle assimilabili alle altre ipotesi previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c. .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 ottobre 2019 – 24 giugno 2020, n. 12484 Presidente Lombardo – Relatore Fortunato Fatti di causa Il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza del Giudice di pace che, in accoglimento dell’opposizione spiegata dal V. , aveva annullato la cartella n. omissis , riguardante il pagamento di sanzioni per violazione del codice della strada. Il giudice di merito ha rilevato che l’impugnazione non era stata notificata all’indirizzo del difensore del V. risultante dall’albo degli avvocati, ed ha disposto la compensazione delle spese del giudizio di secondo grado per il fatto che la causa era stata definita su una questione di rito e poiché l’appellante non aveva svolto ulteriori difese successivamente all’atto di appello . La cassazione della sentenza è chiesta dall’avv. V. con ricorso in due motivi, illustrati con memoria. Gli intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione 1. Deve darsi atto della tardività del deposito della memoria da parte del resistente, effettuato oltre la scadenza del termine di cui all’art. 380 bis c.p.c. 2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza, pur respingendo l’impugnazione e confermando l’annullamento della cartella, con totale soccombenza delle intimate, abbia compensato le spese in carenza dei presupposti richiesti dall’art. 92 c.p.c., comma 2, non potendo ravvisarsi la sussistenza dei gravi ed eccezionali motivi a causa della definizione dell’appello con pronuncia di inammissibilità, nè valorizzare il fatto che l’Agenzia delle entrate, dopo aver appellato la sentenza, non aveva svolto difese ulteriori. Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sostenendo che il giudice di primo grado aveva accertato la tardività della notifica dei verbali di contestazione con statuizione divenuta definitiva per acquiescenza. Il tribunale doveva tener conto del giudicato e ravvisare la totale soccombenza in giudizio delle controparti, non potendo esonerare l’Agenzia delle entrate dalla condanna alle spese per il fatto che non competeva a quest’ultima provvedere alla notifica delle contestazioni. 3. Il primo motivo è fondato. La censura non propone di contestare l’opportunità di disporre la compensazione delle spese, che è profilo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, ma è volto a negare che i motivi addotti dalla pronuncia impugnata siano tali da integrare i presupposti applicativi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 applicabile in relazione alla data di instaurazione del giudizio di primo grado . La norma, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce difatti - una clausola generale da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, le cui conclusioni sono censurabili in sede di legittimità in quanto fondate su norme giuridiche Cass. s.u. 2572/2012 . Ciò posto, è anzitutto da escludere che il fatto che l’appello fosse stato definito con pronuncia di inammissibilità giustificasse la pronuncia di compensazione. La soccombenza dei convenuti si configura in ogni ipotesi di accoglimento della domanda all’esito del giudizio, quale che ne siano le ragioni se pertinenti a questioni di merito o di mero rito , e pertanto è errato sostenere che l’eventuale adozione di una pronuncia di inammissibilità dell’appello integri, per ciò solo, un grave ed eccezionale motivo di compensazione Cass. 10911/2001 Cass. 9512/1999 Cass. 7389/1996 . A tale nozione è estranea anche l’eventualità che l’appellante risultato soccombente si sia limitato a proporre l’impugnazione senza svolgere ulteriori difese, circostanza quest’ultima che potrebbe incidere sulla sola quantificazione delle spese, sempre che abbia a sua volta influito sulle attività difensive poste in essere dalla parte vincitrice. Occorre precisare che la Corte costituzionale, con sentenza 77/2018, ha dichiarato illegittimo l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, convertito con L. n. 162 del 2014 ove non prevedeva la possibilità di compensare le spese processuali anche in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, diverse dall’assoluta novità della questione o dal mutamento di giurisprudenza , ritenendo lesivo del canone di ragionevolezza l’aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata . Secondo il Giudice delle leggi, la rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo art. 111 Cost., comma 1 e del diritto alla tutela giurisdizionale art. 24 Cost., comma 1 perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio, può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti . La compensazione può quindi esser attualmente disposta, oltre che nelle ipotesi di soccombenza reciproca, di assoluta novità, delle questioni trattate e di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti, solo quando le specifiche circostanze prese in considerazione dal giudice di merito connotazioni tali renderle assimilabili alle altre ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2. Difatti, come ha chiarito la Corte costituzionale, le ipotesi illegittimamente non considerate dalla disposizione censurata possono identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità. Le quali ultime quindi - l’ assoluta novità della questione trattata ed il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti - hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale cfr. Corte Cost. 77/2018 . È quindi accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo. La pronuncia è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altro Giudice del tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altro Magistrato del Tribunale di Roma, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.