Il difetto di comunicazione tra avvocato e cliente non è sufficiente per la rimessione in termini

La richiesta rimessione in termini può trovare accoglimento solo laddove la tardività sia dovuta ad un fatto oggettivo ed incolpevole di cui la parte deve offrire puntuale e rigorosa dimostrazione.

Lo si legge nell’ordinanza n. 9945/20, depositata dalla Corte di Cassazione il 27 maggio. Il Tribunale di Venezia confermava il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale richiesta da un cittadino straniero. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile la successiva impugnazione per tardività dell’appello. Avverso tale pronuncia, è stato proposto ricorso per cassazione dallo straniero. La Cassazione ha confermato la declaratoria di tardività dell’appello in quanto notificato oltre il termine di 30 giorni. Corretto risulta anche il rigetto della richiesta rimessione in termini , possibile solo laddove la tardività sia dovuta ad un fatto oggettivo ed incolpevole di cui la parte deve offrire puntuale e rigorosa dimostrazione . Nel caso di specie invece il ricorrente afferma di aver avuto tardivamente conoscenza del provvedimento da parte del proprio difensore. E come precisa la Corte non appare in effetti integrare l’errore incolpevole e giustificabile la circostanza meramente allegata del difetto di comunicazione tra l’assistito ed il suo avvocato . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 4 novembre 2019 – 27 maggio 2020, n. 9945 Presidente Petitti – Relatore Meloni Fatti di causa Il Tribunale di Venezia sezione specializzata in materia di immigrazione, con ordinanza in data 30/12/2016, ha confermato il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona in ordine alle istanze avanzate da H.I. . La Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 19/4/2018, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso il provvedimento di primo grado in quanto notificata oltre il termine di trenta giorni. Avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Venezia il ricorrente ha proposto ricorso in cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente D.D. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. ed D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Venezia erroneamente aveva dichiarato tardiva l’impugnazione sul presupposto che la notifica del ricorso di appello era stata effettuata oltre i trenta giorni. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato nonché nullità della sentenza per violazione artt. 112, 132 e 156 c.p.c. e violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto il giudice di merito, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria. Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine al primo motivo, assorbiti gli altri. Correttamente la Corte di Appello di Venezia ha ritenuto tardiva la notifica del ricorso in quanto effettuata oltre il termine di giorni trenta. Il giudice di secondo grado ha diffusamente motivato esattamente affermando che la rimessione in termini è possibile solo a condizione che la tardività della impugnazione sia dipesa da un fatto oggettivo ed incolpevole del quale la parte deve offrire puntuale e rigorosa dimostrazione mentre nella fattispecie la parte ricorrente ha solo dichiarato di aver avuto conoscenza del provvedimento tardivamente. A tal riguardo non appare in effetti integrare l’errore incolpevole e giustificabile la circostanza meramente allegata del difetto di comunicazione tra l’assistito ed il suo avvocato. Pertanto in mancanza di errore incolpevole e giustificabile non può essere invocata la rimessione in termini. Si impone pertanto il rigetto del primo motivo di ricorso assorbiti gli altri con condanna alle spese a favore del Ministero che ha svolto attività difensiva. Infine deve darsi atto che sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. Rigetta il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e condanna alle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2,100, oltre spese prenotate a debito. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.