La relazione dell’ufficiale giudiziario non è soggetta a querela di falso

Nel caso di notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la relazione dell’ufficiale circa l’effettiva residenza o dimora o domicilio del destinatario dell’atto, presso l’indirizzo indicato dal notificante, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di ricorrere alla querela di falso.

Con ordinanza n. 9049 depositata il 18.5.20, la sesta sezione civile della Suprema Corte si è espressa in tema di efficacia probatoria delle attestazioni dell’ufficiale giudiziario , nell’ambito del procedimento di notificazione degli atti esecutivi. I fatti. La questione in fatto aveva ad oggetto un’opposizione agli atti esecutivi, proposta dalla esecutata ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nel corso di una procedura esecutiva immobiliare. Il ricorso era stato rigettato dal Tribunale di Catania, di guisa che l’opponente si era vista costretta a ricorrere innanzi alla Suprema Corte, con atto affidato a sei motivi i diritto. In particolare, con i primi due motivi l’esecutata ha lamentato la violazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., sia ai sensi dell’art. 360, n. 3, che n. 4, cpc, affermando che il Tribunale aveva accertato la residenza effettiva del destinatario in base ad una valutazione ex post. Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 139 e 140 cpc e degli artt. 2699 e 2700 c.c. per aver il Tribunale ritenuto che la relata di notifica fa fede fino a querela di falso. Il quinto motivo ha riguardato, ancora una volta, la violazione degli artt. 139 e 140 cpc, oltre che dell’art 156 cpc, per omessa pronuncia circa la nullità della notifica del pignoramento, avendo l’atto raggiunto il suo scopo. Infine, con l’ultimo motivo, è stata denunciata la pronuncia per aver ritenuto che la ricorrente non avesse subito alcun danno dalla nullità della notifica del precetto. La pronuncia della Corte. Dopo aver disposto la trattazione della causa in camera di consiglio, con motivazione redatta in forma semplificata, la Suprema Corte ha deciso per il rigetto del ricorso. I primi quattro motivi sono stati scrutinati congiuntamente, in quanto connessi, e ritenuti in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondati. Invero, nonostante la ricorrente ha sostenuto che gli atti di precetto e di pignoramento erano stati notificati presso un luogo in cui ella non aveva la residenza , di fatto, non ha fornito prove sufficienti al riguardo, così come rettamente accertato dal Tribunale. Tale statuizione, poi, non può essere scrutinata in sede di legittimità, trattandosi di accertamento di fatto, sostenuto da adeguata motivazione. Il contenuto delle denunciate relate di notifica, vieppiù, non è stato indicato in ricorso, con conseguente inammissibilità della censura. In diritto, poi, ha aggiunto il Collegio, la decisione di merito è pienamente conforme al costante orientamento della giurisprudenza, in tema di valenza delle risultanze anagrafiche e degli accertamenti svolti dall’ufficiale giudiziario, sull’effettiva residenza del destinatario della notificazione . Sul punto, la ordinanza in commento chiarisce che, nel caso di notifica ex art. 140 cpc, costituisce mera presunzione che nel luogo di notifica si trovi l’effettiva residenza del destinatario dell’atto, superabile con qualsiasi mezzo di prova e senza necessità di impugnare con querela di falso la relazione dell’ufficiale giudiziario. Spetta, quindi, al giudice del merito compiere tale accertamento, in base alle risultanze probatorie fornite dalle parti. Con riferimento al quinto motivo, ne è stata dichiarata l’infondatezza poiché se il giudice del merito ha accertato la regolarità della notifica del precetto, è corretto ritenere irrilevante l’accertamento di quella del successivo pignoramento la stessa opposizione svolta dalla ricorrente, dimostra la sua conoscenza dell’atto, con evidente sanatoria per raggiungimento dello scopo. In conseguenza, il Collegio ha ritenuto infondato anche il sesto motivo di ricorso, essendo stata esclusa la nullità della notificazione dell’atto di precetto. Ciò premesso, la ricorrente è stata anche condannata alla refusione delle spese di lite ed al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 21 novembre 2019 – 18 maggio 2020, n. 9049 Presidente Frasca – Relatore Tatangelo Rilevato che R.S.E. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nel corso di una procedura esecutiva immobiliare promossa nei suoi confronti da Cerved Credit Management S.p.A., in rappresentanza di Island Refinancing S.r.l., nella quale era intervenuta Riscossione Sicilia S.p.A L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Catania. Ricorre la R. , sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso Cerved Credit Management S.p.A., in rappresentanza di Island Refinancing S.r.l Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra società intimata. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta. La società controricorrente ha fatto pervenire memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, a mezzo posta. Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata. Considerato che 1. Non può prendersi in considerazione la memoria inviata dalla società controricorrente a mezzo posta cfr. in proposito Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 8835 del 10/04/2018, Rv. 648717 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 7704 del 19/04/2016, Rv. 639477 - 01 Sez. 2, Ordinanza n. 182 del 04/01/2011, Rv. 616374 - 01 l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia al deposito della memoria, perché il deposito di quest’ultima è esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo - rispetto alla udienza di discussione - ritenuto necessario dal legislatore, e che l’applicazione del citato art. 134, finirebbe con il ridurre, se non con l’annullare, con lesione del diritto di difesa delle controparti e, di conseguenza, le argomentazioni in essa contenute. 2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver il Tribunale accertato la residenza effettiva del destinatario in base ad una valutazione ex post e tenendo conto esclusivamente delle modalità con cui è avvenuta la notifica e ritenuto valida sia la notifica del precetto sia la notifica del pignoramento . Con il secondo motivo del ricorso si denunzia Motivo in subordine in caso di rigetto del motivo sub 1 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 . Con il terzo motivo del ricorso si denunzia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., e degli artt. 2699 e 2700, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver il Tribunale ritenuto che la relata di notifica faccia fede fino a querela di falso in ordine alla corrispondenza tra il luogo di notifica e quello di residenza del destinatario . Con il quarto motivo del ricorso si denunzia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2699 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver onerato il ricorrente di prove gravanti sulla controparte e per non aver valutato le prove indiziarie unitariamente e nella loro sintesi . I primi quattro motivi del ricorso esprimono una censura sostanzialmente unitaria, sono logicamente connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente. Essi sono in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondati. La ricorrente deduce che le notificazioni dell’atto di precetto e dell’atto pignoramento sarebbero entrambe nulle, in quanto eseguite ai sensi dell’art. 140 c.p.c., presso un indirizzo in cui ella non aveva affatto la propria residenza. Sostiene, in particolare, che la nullità deriverebbe dalla circostanza pacifica che la propria residenza anagrafica si trovava altrove e di aver comunque dimostrato che nel luogo in cui erano state effettuate le notificazioni non aveva residenza, neanche di fatto. Orbene, in primo luogo, si deve rilevare che la stessa ricorrente non richiama specificamente, nel ricorso, il contenuto rilevante delle relazioni di notificazione degli atti di precetto e pignoramento sui cui fonda le proprie censure e che pur indica tra gli atti allegati al ricorso ivi inclusa la parte che riguarda l’attestazione delle vicende relative all’invio della comunicazione di giacenza dell’atto presso la casa comunale a mezzo lettera raccomandata, alle quali in sostanza non attribuisce concreto rilievo nelle proprie argomentazioni , il che comporta la sostanziale violazione del requisito di ammissibilità del ricorso previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. In fatto, il tribunale ha in realtà ritenuto, valutando le prove acquisite agli atti e tenendo conto dei fatti storici rilevanti, che la presunzione derivante dagli accertamenti compiuti dall’ufficiale giudiziario in ordine alla residenza effettiva quindi non coincidente con quella anagrafica della destinataria della notificazione desumibile dalla circostanza che lo stesso aveva riferito di avere reperito la relativa porta di abitazione ed aveva quindi effettuato gli adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c. , non fosse superata dalle prove contrarie offerte dall’opponente. Si tratta di un accertamento di fatto sostenuto da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, non censurabile nella presente sede. Sotto il profilo in esame le censure contenute nel ricorso si risolvono pertanto, nella sostanza, in una contestazione del suddetto accertamento di fatto ed in una inammissibile richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove. In diritto, poi, la decisione impugnata è conforme ai principi affermati da questa Corte in ordine alla valenza da attribuire alle risultanze anagrafiche e agli accertamenti compiuti dall’ufficiale giudiziario sull’effettiva residenza del destinatario della notificazione, in base ai quali nel caso in cui la notifica venga effettuata, nelle forme previste dall’art. 140 c.p.c., nel luogo indicato nell’atto da notificare e nella richiesta di notifica, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova e senza necessità di impugnare con querela di falso la relazione dell’ufficiale giudiziario , che in quel luogo si trovi la residenza effettiva o la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, sicché compete al giudice del merito, in caso di contestazione, compiere tale accertamento in base all’esame ed alla valutazione delle prove fornite dalle parti, ai fini della pronuncia sulla validità ed efficacia della notificazione Cass., Sez. 1, Sentenza n. 8011 del 26/08/1997, Rv. 507124 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 7604 del 17/07/1999, Rv. 528721 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 5884 del 14/06/1999, Rv. 527451 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 6233 del 23/06/1998, Rv. 516699 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 24416 del 16/11/2006, Rv. 593350 - 01 cfr. altresì Sez. 2, Sentenza n. 14388 del 29/07/2004, Rv. 575067 - 01 mentre, d’altra parte, ai fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario assume rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni , e in relazione a ciò il relativo apprezzamento costituisce valutazione demandata al giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità, ove adeguatamente motivata in tal senso, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17040 del 12/11/2003, Rv. 568113 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 19416 del 28/09/2004, Rv. 578427 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 6101 del 20/03/2006, Rv. 588371 01 Sez. L, Sentenza n. 26985 del 22/12/2009, Rv. 611187 01 Sez. 3, Sentenza n. 11550 del 14/05/2013, Rv. 626244 01 Sez. 1, Sentenza n. 21896 del 25/09/2013, Rv. 627698 01 Sez. 3, Sentenza n. 17021 del 20/08/2015, Rv. 636300 01 Sez. 3, Ordinanza n. 19387 del 03/08/2017, Rv. 645385 01 . Non può ritenersi sussistere, dunque, alcuna violazione delle norme indicate dalla ricorrente. 3. Con il quinto motivo del ricorso si denunzia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., dell’art. 156 c.p.c., per aver ritenuto priva di rilievo la questione della nullità della notifica del pignoramento per raggiungimento dello scopo . Il motivo è manifestamente infondato. Accertata la regolarità della notificazione dell’atto di precetto, correttamente il giudice del merito ha ritenuto irrilevante accertare quella del successivo atto di pignoramento, in quanto - con riguardo a quest’ultima - la stessa proposizione dell’opposizione attesta la conoscenza dell’atto da parte dell’opponente e ne determina quindi la sanatoria per raggiungimento dello scopo non risultano del resto ragioni di nullità degli atti successivi e conseguenti al pignoramento, in relazione alla data in cui tale conoscenza e la relativa sanatoria si sono verificate cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 26157 del 12/12/2014, Rv. 633693 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 19498 del 23/08/2013, Rv. 627585 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 24527 del 02/10/2008, Rv. 604734 - 01 . 4. Con il sesto motivo del ricorso si denunzia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., dell’art. 480, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver ritenuto irrilevante la nullità del precetto affermando che la ricorrente non aveva subito alcun danno dalla nullità della notifica del precetto . Il motivo è inammissibile. Le censure con esso dedotte non possono assumere alcun rilievo ai fini della decisione, essendo stata esclusa la nullità della notificazione dell’atto di precetto. 5. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma del cit. art. 13, comma 1 bis. Motivazione semplificata.