La mancanza di tutela del diritto alla salute e all’alimentazione può giustificare la richiesta di protezione umanitaria?

In tema di riconoscimento della protezione umanitaria, anche laddove sia dedotta un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur valutando la situazione oggettiva del paese di origine, tale compromissione deve essere necessariamente correlata alla condizione personale del richiedente.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7424/20, depositata il 18 marzo, rigettando il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso il rigetto dalla domanda volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, di quella umanitaria. Secondo i giudici di merito erano insussistenti i requisiti per il riconoscimento della protezione in relazione alla natura economica e privata della sua vicenda di emigrazione. Protezione. Il Collegio, dopo aver ribadito che la mancanza della videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione territoriale non impone al giudice alcun obbligo di rinnovazione dell’audizione, dichiara inammissibile la censura con cui viene lamentato l’omesso approfondimento delle dichiarazioni rese dal richiedente. Quest’ultimo sottolinea infatti che nel Paese di provenienza non sussistono le condizioni di garanzia di un livello sufficientemente adeguato ed accettabile di vita per sé e per la propria famiglia in termini di diritto alla salute e accesso all’alimentazione, quali diritti inalienabili dell’individuo. In tema di riconoscimento della protezione umanitaria, la giurisprudenza afferma che, anche laddove sia dedotta un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur valutando la situazione oggettiva del paese di origine, tale compromissione deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha cagionato la scelta di partire. Non può, in altre parole, assumere rilevanza la situazione generale del paese di origini in termini astratti poiché si entrerebbe in contrasto con l’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998. Il ricorrente, nel caso di specie, si è limitato ad invocare genericamente la scarsa tutela del diritto alla salute e all’alimentazione in patria, senza specificare quale fosse la sua condizione personale al momento della partenza. Per questi motivi, il ricorso non trova accoglimento.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 gennaio – 18 marzo 2020, n. 7424 Presidente Genovese – Relatore Fidanzia Fatti di causa La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza depositata in data 22.05.2018, ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di H.M.M. , cittadino del omissis , volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, di quella umanitaria. Il giudice di merito ha ritenuto insussistenti i requisiti per il riconoscimento della protezione umanitaria in relazione alla natura palesemente economica e privata della sua vicenda di emigrazione ed alla mancanza di credibilità del suo racconto con riferimento al dedotto timore per la sua incolumità personale in caso di rientro in patria il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal Bangladesh a seguito di dissidi con un vicino sul diritto di proprietà di un terreno, sfociati in episodi di violenza privata di cui era stato vittima e in minacce di morte da parte dello stesso vicino . Ha proposto ricorso per cassazione H.M.M. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che al medesimo non è stato chiesto dai giudici di merito alcun chiarimento, non sono state approfondite le dichiarazioni dallo stesso rese davanti alla Commissione territoriale, lo stesso non è stato posto, attraverso il suo ascolto, in condizioni di fornire in maniera chiara ed esaustiva le proprie argomentazioni, deduzioni e mezzi istruttori. 2. Il motivo è infondato. Va osservato che questa Corte ha già statuito che nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, anche ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purché sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero Cass. n. 5973/2019 . Dunque, anche nell’ipotesi in cui manchi la videoregistrazione del colloquio situazione neppure dedotta dal ricorrente , non sussiste l’obbligo del giudice di rinnovare l’audizione del richiedente, il quale, peraltro, nel caso di specie, neppure risulta aver chiesto di essere nuovamente ascoltato dai giudici di merito. Infine, il ricorrente neppure ha indicato gli elementi fattuali sui quali avrebbe eventualmente dovuto vertere la nuova audizione. 3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c . Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello ha escluso la verosimiglianza del suo racconto senza approfondire ed analizzare la corrispondenza delle sue dichiarazioni. Rileva, inoltre che la salute e l’accesso all’alimentazione sono considerati diritti inalienabili dell’individuo, avendo il richiedente diritto a che gli sia garantito un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia laddove le condizioni sociali ed economiche del Pese di provenienza non consentano un livello sufficientemente adeguato ed accettabile di vita. 4. Il motivo è inammissibile. Va preliminarmente osservato che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, non è sufficiente la generica deduzione della violazione dei diritti fondamentali nel Paese d’origine. Sul punto, questa Corte ha già affermato che, anche ove sia dedotta dal richiedente una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili nel paese d’origine, pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità, dalla situazione oggettiva di tale paese, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Infatti, ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in questi termini, Cass. n. 4455 del 23/02/2018 . Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato ad invocare genericamente la scarsa tutela del diritto alla salute ed alla alimentazione nel suo paese d’origine senza specificare quale fosse la sua condizione personale al momento della partenza, se non che la sua immigrazione fosse stata dettata anche da motivi economici. Infine, il ricorrente ha lamentato il mancato approfondimento delle sue dichiarazioni senza confrontarsi minimamente con le argomentazioni con cui la Corte di merito ha ritenuto l’inattendibilità del suo racconto. Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero dell’interno costituito in giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.