La distinta causa petendi delle diverse forme di protezione internazionale

In materia di protezione internazionale, non è consentito al richiedente che abbia nella fase di merito richiesto una forma di protezione internazionale, allegando i relativi fatti costitutivi, far valere poi dinanzi alla Corte di cassazione, per una distinta causa petendi, il riconoscimento di protezione per ragioni umanitarie .

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 6923/20, depositata l’11 marzo. La vicenda. . La Corte di appello rigettatava l'appello proposto da uno straniero avverso l'ordinanza con cui il locale Tribunale aveva disatteso l'opposizione avverso il provvedimento di diniego della competente Commissione territoriale dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria. Il racconto del richiedente - che aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese perché aveva un problema con lo zio , militare, che era molto severo con il nipote, - era stato ritenuto dai giudici di merito espressivo di ragioni del tutto personali e quindi incapaci di sostenere l'invocata tutela internazionale. Lo straniero ricorre così in Cassazione. Il riconoscimento della protezione. La Suprema Corte ha già più volte affermato che la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, da farsi caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione. Nella domanda di riconoscimento della protezione per ragioni umanitarie, la causa petendi si atteggia in modo diverso rispetto alle distinte forme della protezione internazionale integrate dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria. Sulla base di tali considerazioni i Supremi Giudici affermano che, in materia di protezione internazionale, non è consentito al richiedente che abbia nella fase di merito richiesto una forma di protezione internazionale, allegando i relativi fatti costitutivi, far valere poi dinanzi alla Corte di cassazione, per una distinta causa petendi, il riconoscimento di protezione per ragioni umanitarie . E nel caso in esame il difficile rapporto intercorso tra il richiedente protezione ed il congiunto è stato dalla Corte di merito riconosciuto ai fini della riconoscibilità o non riconoscibilità della protezione sussidiaria, chiesta in quella fase, dove invece quelle stesse evidenze fattuali sono state portate in sede di ricorso per cassazione a sostegno della diversa richiesta di riconoscimento di protezione per ragioni umanitarie. Il ricorso viene, pertanto, dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 gennaio – 11 marzo 2020, n. 6923 Presidente Genovese – Relatore Scalia Fatti di causa 1. La Corte di appello di Ancona con la sentenza in epigrafe indicata, pronunciando ex art. 35 D.Lgs. n. 25/2008, ha rigettato l'appello proposto da BA. KE. avverso l'ordinanza con cui il locale Tribunale aveva disatteso l'opposizione avverso il provvedimento di diniego della competente Commissione territoriale dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria. Il racconto del richiedente - che aveva dichiarato presso la competente Commissione territoriale di aver lasciato il proprio paese perché aveva un problema con lo zio , militare, che era molto severo con il nipote, desiderando che questi diventasse, a sua volta, un soldato - era stato ritenuto dai giudici di merito espressivo di ragioni del tutto personali e quindi incapaci di sostenere l'invocata tutela internazionale sub specie di quella sussidiaria ex art. 14 D.Lgs. 251/07. BA. KE. ricorre per la cassazione dell'indicata sentenza con un unico motivo. Il Ministero dell'Interno, intimato, non ha articolato difese. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente, originario del Gambia - che nel racconto reso dinanzi alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di essersi allontanato dal proprio Paese, attraversando il Senegal, il Mali, il Burkina Faso, il Niger e la Libia per poi giungere in Italia, perché lo zio presso cui egli viveva era un militare e voleva che anche il nipote ne seguisse le orme e nel frapposto netto rifiuto ad arruolarsi, impediva al primo di uscire di casa e gli negava, tra l'altro, la possibilità di frequentare la scuola - fa valere la violazione di legge ed il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di merito per avergli negato il riconoscimento del permesso per ragioni umanitarie ex art. 5, comma 6, D.Lgs. 289/98, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge, ed essere incorsa in omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La condotta del parente avrebbe invero integrato, così realizzando in capo al richiedente una posizione di vulnerabilità, una violazione del diritto allo studio riconosciuto dall'art. 14 della Carta Europea del Diritti dell'Uomo, dall'art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dell'art. 34 della Costituzione italiana, con violazione degli artt. 2, comma 1, lett. d D.Lgs. 25/08 e degli artt. 5, 7 e 8 D.Lgs. 251/07. I giudici del merito, e prima ancora la competente Commissione territoriale, pur ritenendo la credibilità del racconto, avevano invero erroneamente apprezzato della descritta vicenda - non rilevando a fronte della violazione del diritto alla studio perpetrata dai familiari che lo Stato non era in alcun modo intervenuto - il carattere personale e la non riconducibilità della stessa alle fattispecie integranti le richieste di protezione umanitaria così incorrendo, anche, in vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. 2. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate e precisate. 2.1. Questa Corte di legittimità ha affermato che la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, da condursi caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, ma da uno scrutinio in via gradata condotto Cass. 15/05/2019 n. 13088 Cass. 15/05/2019, n. 13079 Cass. 15/05/2019 n. 13096 . Ciò non toglie che il richiedente nel giudizio introdotto avverso la decisione di diniego della competente Commissione debba tempestivamente allegare i fatti di tale forma di tutela che, ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione cd. maggiore , valgano ad individuare la condizione di vulnerabilità del ricorrente, formulando in tal senso espressa domanda di riconoscimento di un permesso per ragioni umanitarie vd., Cass. 07/08/2019 n. 21123 . 2.2. Il carattere ufficioso della verifica di sussistenza delle condizioni per il conseguimento di un permesso per ragioni umanitarie, ai sensi dell'art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, appartiene alla fase amministrativa e costituisce onere della competente Commissione territoriale che abbia respinto la domanda sub specie del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, essendo in gioco diritti soggettivi si veda in tal senso Cass. 09/12/2011 n. 26481 . 2.3. Là dove a venire in valutazione sia la fase giurisdizionale che segue quella amministrativa di diniego della protezione internazionale - declinata nelle forme del rifugio e della protezione sussidiaria - e di mancato riconoscimento dei gravi motivi di carattere umanitario legittimanti il rilascio del relativo permesso, la domanda di accertamento della sussistenza dei presupposti di riconoscimento della protezione umanitaria non sfugge al principio dispositivo e, nelle sue distinte declinazioni, onera il richiedente, che ne invochi il riconoscimento, di allegarne i fatti costitutivi pena l'impossibilità per il giudice di introdurli d'ufficio nel giudizio Cass. 28/09/2015 n. 19197 Cass. 31/01/2019 n. 3016 Cass. 26/04/2019 n. 11312 . 2.4. Nella domanda di riconoscimento della protezione per ragioni umanitarie, la causa petendi si atteggia diversamente rispetto alle distinte forme della protezione intemazionale integrate dallo status di rifugiato art. 2, comma 1, lett. d D.Lgs. n. 25 del 2008 art. 7 D.Lgs. 251 del 2007 o dalla protezione sussidiaria art. 2, comma 1, lett. g e h D.Lgs. n. 251 del 2007, conformemente all'art. 2, comma 1, lett. f e g del D.Lgs. n. 25 del 2008 ed all'art. 14 D.Lgs. 251 del 2007 ed il ricorrente non può introdurre nel corso del giudizio di cassazione, con mutamento della causa petendi, una domanda nuova facendo valere forme diverse di protezione di cui non abbia tempestivamente dedotto nella fase di merito i correlati fatti costitutivi. 2.5. Ciò posto, si pone l'affermazione di principio per la quale In materia di protezione internazionale non è consentito al richiedente che abbia nella fase di merito richiesto una forma di protezione internazionale, allegando i relativi fatti costitutivi, far valere poi dinanzi alla Corte di cassazione, per una distinta causa petendi, il riconoscimento di protezione per ragioni umanitarie . 3. Nella fattispecie in esame si è dato che il difficile rapporto intercorso tra il richiedente protezione ed il congiunto è stato dalla Corte di merito vagliato ai fini della riconoscibilità/non riconoscibilità della misura della protezione sussidiaria - in siffatti termini richiesta dal difensore in quella fase - e tanto là dove quelle medesime evidenze fattuali sono state invece portate in sede di ricorso per cassazione a sostegno della diversa richiesta di riconoscimento di protezione per ragioni umanitarie. Per vero, la sentenza impugnata dà si conto di una valutazione delle ragioni umanitarie, ma sul diverso presupposto di vulnerabilità relativo alla integrità fisica del ricorrente che aveva, per l'appunto, lamentato, nella fase ai merito del giudizio, una patologia da varicocele di primo grado , senza riferimento alcuno, invece, alla lesione del diritto alla studio per le rappresentate condotte intransigenti dello zio, ivi dedotte e trattate a sostegno della diversa misura della protezione sussidiaria. In applicazione del principio sopra indicato, il ricorso proposto è pertanto inammissibile. 4. Nulla sulle spese non avendo l'amministrazione intimata svolto difese. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.