Decesso del legale costituito, riassunzione del processo e principio della libertà delle forme

Stante il principio di libertà delle forme, l’atto di riassunzione del giudizio deve avere il contenuto idoneo ad assolvere il suo scopo, che è, non l’inizio, ma la prosecuzione del processo, così, nel valutare se l’atto ha assolto detta funzione, il giudice deve apprezzarne il contenuto. La legge prevede espressamente indicazioni circa il contenuto dell’atto di riassunzione per il caso in cui l’interruzione derivi dal decesso della parte e non per quello in cui il decesso sia del procuratore costituito. La nullità dell’atto di riassunzione dev’essere quindi pronunciata ove manchino gli elementi essenziali al raggiungimento del suo scopo, quali il riferimento alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e altri elementi idonei ad identificare la causa riassunta, i motivi della cessazione della pendenza del giudizio, la manifesta volontà di riattivarlo con il ricongiungimento delle due fasi in unico processo.

Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 6193/20, depositata il 5 marzo, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. Nessun contraddittorio se la questione rilevata d’ufficio è di esclusiva valenza processuale. Con il primo motivo di ricorso, si contesta la nullità della sentenza per mancata instaurazione del contraddittorio su una questione sollevata d’ufficio dalla Corte territoriale si denuncia quindi la violazione dei principi del prescritto ex art. 101 c.p.c. e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex 112 art. c.p.c Nella specie, tra le parti era controverso – come vedremo nel dettaglio più avanti - su quale fosse da considerarsi il momento della conoscenza dell’evento interruttivo e dunque il corretto termine a quo per la riassunzione del processo, in seguito al decesso del procuratore costituito della controparte. La conoscenza legale necessaria per il decorso del termine era da rinvenirsi nella relata di notifica negativa con l’indicazione del decesso del procuratore della controparte, risultante sull’atto con cui gli appellanti avevano tentato di notificargli l’anticipazione dell’udienza? La Corte aveva superato il problema, e respinto l’eccezione di estinzione del giudizio, affermando che il termine allora semestrale era stato rispettato con la notifica dell’atto di anticipazione dell’udienza e pedissequo decreto di fissazione dell’udienza. L’argomento non era stato utilizzato dalle parti, infatti gli attori avevano negato di avere avuto conoscenza del decesso e non avevano mai sostenuto, neppure in subordine, di avere riassunto il giudizio con la notifica dell’anticipazione dell’udienza. Perciò, secondo il ricorrente in cassazione, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c. la Corte avrebbe dovuto sottoporre la questione alle parti. Ma per la Corte di Cassazione così non è, dal momento che la questione sollevata dalla Corte d’appello era una questione di esclusiva rilevanza processuale” e quindi secondo la giurisprudenza di Legittimità citata, inidonea a mutare il quadro fattuale e a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, le quali devono, peraltro, avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali Cass. n. 6193/2020, ma v. anche Cass. n. 6218/2019, Cass. n. 24312/2017, Cass. n. 15019/2016, Cass. n. 19372/2015, menzionate nel provvedimento . Equivalenza tra istanza di anticipazione di udienza e riassunzione del processo in caso di decesso del legale? Come i Giudici, anche qui riepiloghiamo brevemente la cronologia dei fatti all’origine del ricorso in Cassazione. Nel corso dell’appello, gli appellanti il 22 maggio 2011 proposero istanza di anticipazione dell’udienza fissata per il 3 luglio 2015 il Presidente della Corte accolse l’istanza fissando la data del 5 aprile 2013. Il 22 ottobre decedette l’avvocato della controparte. Il 29 ottobre gli appellanti notificarono l’istanza di anticipazione di udienza con relativo decreto presso lo studio del difensore, ma l’atto gli viene restituito con l’annotazione deceduto da giorni . Così, il 15 novembre 2011 notificarono l’atto, con anche copia della relata di notifica negativa a causa del decesso, presso l’indirizzo della parte. Si arrivò quindi all’udienza del 5 aprile 2013, nella quale l’avvocato degli appellanti chiese la prosecuzione del giudizio dal momento che il lungo tempo intercorso dalla notifica del decreto di anticipazione dell’udienza aveva consentito senz’altro la nomina del nuovo difensore comparve poi un avvocato dello studio del legale deceduto, per dichiarare il decesso del collega e la Corte dichiarò l’estinzione del processo. Il 17 aprile 2013 gli appellanti depositarono il ricorso per la riassunzione e all’udienza venne concesso nuovo termine per la notifica e alla successiva udienza la controparte chiese che fosse dichiarata l’estinzione del processo dal momento che la riassunzione era avvenuta oltre i sei mesi dalla conoscenza dell’evento interruttivo, avvenuta il 29 ottobre 2011, cioè il giorno in cui glia appellanti avevano ricevuto in restituzione l’atto che avevano tentato di notificare, con l’annotazione deceduto da giorni . Se il procuratore costituito decede, il processo si interrompe automaticamente. La Corte dopo avere riepilogato i fatti, passa ad un breve excursus giurisprudenziale e normativo. Per iniziare, ci ricorda che l’art. 301 c.p.c. prevede che in caso di decesso radiazione o sospensione del procuratore con cui una parte è costituita, il processo si interrompe immediatamente. Ciò, a differenza del caso previsto dall’art. 300 c.p.c. che riguarda il decesso della parte, nel quale il processo è interrotto dalla comunicazione formale effettuata dal suo legale stessa previsione se la parte non decede ma perde la capacità di stare in giudizio . La differenza si spiega con la differente esigenza di tutelare a pieno la parte rimasta all’improvviso sprovvista del suo procuratore da eventuali pregiudizi sul piano processuale, nel primo caso, e di consentire al legale di valutare tempi e modi per la segnalazione dell’evento, nel secondo. La Corte infatti riporta vari precedenti con cui si è affermato che la morte nel corso del giudizio dell’unico procuratore di una delle parti costituite, anche se il giudice e le altre parti non ne hanno avuto conoscenza, preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata” Cass. n. 6193/2020, che richiama Cass. n. 4159/2019, Cass. n. 28846/2018, Cass. n. 21002/2017, Cass. n. 10722/2016, Cass. n. 6838/2016 . Termine a quo per la riassunzione del processo interrotto la legale conoscenza. Non v’è dubbio quindi che il processo si interrompa nel momento del decesso del procuratore. La riassunzione è quindi in astratto possibile da subito. Ma, entro quando è possibile riassumere il processo? Entro tre mesi dalla conoscenza legale dell’interruzione. In proposito, la Corte ricorda che l’art. 305 c.p.c. è stato dichiarato illegittimo sotto il profilo costituzionale in due occasioni nel 1967 sent. n. 139/1967 per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione il termine per la riassunzione anche in caso di decesso del procuratore e degli altri casi previsti dall’art. 301 c.p.c. e nel 1971 con la sent. n. 159/1971 nella parte in cui dispone che il termine per la prosecuzione o la riassunzione del processo interrotto ex art. 299 c.p.c. nei casi di morte o perdita della capacità della parte prima della costituzione in giudizio decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne hanno avuto conoscenza, e nella parte in cui dispone che il termine per la prosecuzione o la riassunzione del processo interrotto ex art. 300, comma 3, c.p.c. nei casi di decesso della parte costituita personalmente prima della costituzione in giudizio decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne hanno avuto conoscenza. Nel caso di specie bisogna individuare vedere in quale momento la parte ha avuto conoscenza dell’avvenuta interruzione. Riassunzione del processo e principio della libertà delle forme. Nella diatriba tra i due litiganti – i quali ritengono l’uno che la conoscenza legale si sia avuta con il ricevimento dell’annotazione sulla relata negativa del 2011, e l’altro con la comunicazione e nell’udienza del 2013 - la Corte territoriale supera la questione, rinvenendo nella notifica - dell’istanza di anticipazione di udienza, unitamente al decreto e alla relata di notifica mancata - effettuata il 15 novembre alla parte personalmente, un atto valido di riassunzione del processo e dunque tempestivo. La Corte di Cassazione condivide le conclusioni della Corte territoriale? Sì, vediamo secondo quale percorso. La Corte ci rammenta che a secondo l’art. 303 c.p.c., se la parte colpita dall’evento interruttivo non si adopera ex art. 302 c.p.c. , l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando poi il ricorso e il decreto di fissazione a chi deve costituirsi per proseguirlo. La Corte osserva che sempre l’art. 303 al co. 2 specifica quale contenuto deve avere il ricorso per il caso del decesso della parte costituita e che la notifica entro un anno può essere fatta collettivamente ed impersonalmente agli eredi presso il domicilio del defunto se la parte che ha ricevuto la notifica è assente all’udienza si procederà in sua contumacia la ratio della prescrizione del co.2 circa il contenuto dell’atto è nel rendere edotti gli eredi della parte in relazione ad un giudizio di cui non sanno nulla, a differenza del caso in cui l’evento interruttivo riguardi il procuratore si menziona Cass. n. 5895/2004 . La Corte ricorda che nei casi in cui la legge non ha prescritto una forma specifica, questa è libera è il principio della liberà delle forme a cui è informato il nostro processo civile. A mente dell’art. 156 c.p.c., che la nullità per inosservanza di forma può essere pronunciata solo se prevista espressamente e comunque può essere in ogni caso pronunciata se l’atto è carente dei requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo non può mai dirsi che un atto è nullo se ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. In virtù del principio del raggiungimento dello scopo, si è anche deciso che l’atto di riassunzione di un giudizio invalidamente instaurato è idoneo a dar vita ad un nuovo e rituale rapporto processuale, ove abbia i necessari requisiti idonei al raggiungimento di tale scopo il processo Cass. n. 5319/2016 . L’atto di riassunzione non inizia un nuovo giudizio, ma ha il fine di far proseguire un giudizio già pendente. E così, prosegue la Corte, nel valutare se l’atto ha assolto detta funzione, il giudice deve apprezzarne il contenuto contenuto non deve rispettare i requisiti ex art. 125 c.p.c. la nullità verrà quindi pronunciata ove manchino elementi essenziali, come il riferimento alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e altri elementi idonei ad identificare la causa riassunta, i motivi della cessazione della pendenza del giudizio, la manifesta volontà di riattivarlo con il ricongiungimento delle due fasi in unico processo si richiamano i precedenti di Cass. n. 11193/2018, Cass. n. 2491/2 017, Cass. n. 7464/2013, Cass. n. 13597/2004. Equivalenza tra notifica dell’istanza di anticipazione con relata indicante il decesso e di atto di riassunzione. Tornando al caso concreto, la Corte osserva che l’atto notificato direttamente alla parte conteneva il riferimento al decesso del suo procuratore, con l’allegazione della relata negativa così dandone notizia, ed infatti all’udienza per essa parte un legale era comparso , ed il contenuto che, come suindicato, secondo la giurisprudenza, l’atto di riassunzione deve contenere. È vero che il provvedimento di fissazione dell’udienza era stato emesso prima ancora del decesso del legale, e non aveva lo scopo di consentire una riassunzione, ma nel mutato contesto poteva adeguatamente assolvere la stessa funzione di individuare l’udienza per la ripresa del processo ciò, tanto più che il termine dilatorio era, ancora più che congruo, pletorico .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 dicembre 2019 – 5 marzo 2020, n. 6193 Presidente De Chiara – Relatore Scotti Fatti di causa 1. Con atto di citazione del febbraio 2008 i coniugi N.R. e V.G. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Ragusa la Banca Agricola Popolare di Ragusa soc.c.oop. a r.l., assumendo di essere entrambi pensionati, di risiedere da oltre 45 anni in Svizzera, a Zurigo e di aver sempre depositato i propri risparmi presso l’Agenzia di Comiso della Banca convenuta. Gli attori hanno aggiunto che la predetta Agenzia aveva acquistato per loro conto il 18/8/2000 obbligazioni omissis per Euro 66.000,00, senza fornir loro alcuna informazione circa i rischi dell’acquisto, nonostante la loro bassissima propensione al rischio, mentre era stata prospettata solo l’elevata redditività del titolo 6,25% lordo di non aver più ricevuto alcuna notizia sino al marzo 2004, quando la Banca li aveva avvisati dallo stato di insolvenza di omissis di aver dato mandato alla Banca di insinuarsi nel passivo della società e di non aver più avuto notizie di aver chiesto senza successo la restituzione di quanto investito. Gli attori hanno perciò richiesto la risoluzione del contratto di acquisto, la dichiarazione di invalidità del contratto di investimento e la condanna della Banca al risarcimento dei danni. Si è costituita in giudizio la Banca convenuta, chiedendo il rigetto delle domande degli attori, negando il proprio inadempimento, e facendo presente, in subordine, che gli attori avevano aderito al concordato, ricevendo di conseguenza 8316 azioni omissis e 650 warrants. Il Tribunale di Ragusa con sentenza del 23/2/2010 ha respinto le domande degli attori. 2. Avverso la predetta sentenza di primo grado del 23/2/2010 hanno proposto appello N.R. e V.G. , a cui ha resistito la Banca appellata. La Corte di appello di Catania con sentenza del 14/9/2017 ha accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Banca Agricola Popolare di Ragusa al pagamento in favore dei coniugi N. -V. della somma di Euro 56.667,38, oltre interessi e spese del doppio grado di giudizio. 3. Avverso la predetta sentenza del 14/9/2017, non notificata, con atto mandato in notifica il 27/11/2017 e diretto contro V.G. e gli eredi di N.R. , nel frattempo deceduto, ossia la stessa V.G. e le figlie N.A.M. ed E. , ha proposto ricorso per cassazione la Banca Agricola Popolare di Ragusa, svolgendo due motivi. Con atto notificato il 23/12/2017 hanno proposto controricorso V.G. e N.A.M. ed E. chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e la condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c Le parti controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la Banca ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 101 e 112 c.p.c. per mancato rispetto dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. 1.1. L’eccezione di estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione dopo la morte dell’avv. Salanitro Nicolò, difensore della Banca, era stata respinta dalla Corte territoriale in quanto gli appellanti avrebbero riassunto il giudizio tempestivamente notificando alla Banca entro il termine semestrale l’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto di anticipazione di udienza. L’argomento così utilizzato dalla Corte non era mai stato sollevato da alcuna delle parti, con la conseguente violazione dei principi del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Secondo la Banca, gli appellanti avevano avuto conoscenza del decesso del difensore della Banca con la relata di notifica del 28/10/2011 e quel che era oggetto di discussione era se la conoscenza maturata attraverso la relata di notifica redatta dall’Ufficiale giudiziario comportasse o meno conoscenza legale del decesso del procuratore costituito, come sosteneva la Banca e come gli appellanti negavano, assumendo che la relata negativa non possedeva valore legale e non comportava interruzione del giudizio. Gli originari attori, negando la conoscenza legale da parte loro e l’interruzione del processo, non avevano mai sostenuto, neppure in subordine, di aver ritualmente riassunto il giudizio con l’atto di notificazione dell’anticipazione di udienza. 1.2. Il motivo non può essere condiviso. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, in quanto inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13 , se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali Sez.6-5, 04/03/2019, n. 6218 Sez.2, 16/10/2017, n. 24312 Sez.3, 21/07/2016, n. 15019 Sez.6-5, 29/09/2015, n. 19372 . 2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento o in subordine violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 301 c.p.c 2.1. Non è condivisibile, secondo la ricorrente, l’equivalenza funzionale ravvisata nella sentenza tra l’atto di riassunzione e notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e il pedissequo decreto, pur se vi era allegata la relata di notifica negativa per il decesso del procuratore costituito. Non poteva essere ritenuto equipollente un atto da cui non risultava l’interruzione del giudizio nè il decesso del difensore, a cui del resto non era possibile che l’istanza si riferisse, visto che l’avv.Salanitro era morto dopo il deposito dell’istanza e poco prima della notifica tentata. 2.2. È opportuno procedere a una breve ricapitolazione dei fatti processualmente rilevanti, concordemente riferiti nella loro oggettività dalle parti e comunque verificabili ex officio da questa Corte quale giudice del fatto processuale. In data 22/5/2011 gli appellanti N. e V. rivolsero al Presidente della Corte di appello di Catania istanza di anticipazione di udienza rispetto alla data fissata per il 3/7/2015 in data 13/6/2011 il Presidente della Corte accolse l’istanza anticipando l’udienza al 5/4/2013 in data 22/10/2011 venne a mancare il difensore della Banca, avv.prof. Salanitro Nicolò. In data 29/10/2011 gli appellanti tentarono di eseguire la notifica dell’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto allo studio del difensore e procuratore della Banca, ricevendo l’atto in restituzione con l’annotazione deceduto da giorni . In data 15/11/2011 gli appellanti notificarono alla Banca presso la sua sede l’istanza di anticipazione di udienza e pedissequo decreto presidenziale e copia della relata di notifica negativa a causa del decesso dell’avv. Salanitro Nicolò atto questo della cui reale valenza ed efficacia si discute in questa sede. Si svolse quindi l’udienza anticipata del 5/4/2013 a cui intervenne il difensore degli appellanti chiedendo la prosecuzione della causa poiché la data di anticipazione di udienza era stata notificata alla Banca unitamente alla relata da cui risultava il decesso dell’avv. Salanitro Nicolò, di modo che la Banca aveva avuto tutto il tempo per nominare un nuovo difensore comparve pure l’avvocato Biagio Tinghino dello studio Salanitro, dichiarando a verbale l’avvenuto decesso del difensore della Banca in data 22/10/2011. La Corte dichiarò interrotto il processo. Il 17/4/2013 gli appellanti depositarono ricorso per riassunzione veniva fissata udienza al 7/2/2014 e a tale udienza venne chiesto e concesso nuovo termine per la notifica. Nel frattempo in data 19/3/2014 si costituirono per la Banca i nuovi difensori avvocati Aurelio Mirone e Ugo Antonino Salanitro eccependo l’intervenuta estinzione del processo per tradiva riassunzione, essendo decorsi oltre sei mesi dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo che risaliva al 29/10/2011, rispetto alla quale l’istanza proposta il 17/4/2013 appariva tardiva. 2.2. Ai sensi dell’art. 301 c.p.c. in caso di decesso del procuratore, a mezzo del quale la parte è costituita, il processo è interrotto automaticamente per effetto della morte del difensore. Non rileva, cioè la dichiarazione dell’evento in udienza o la notificazione all’altra parte, previste dall’art. 300 c.p.c. per il caso diverso della morte o della perdita della parte costituita. La ratio evidente dell’istituto mira a proteggere la parte colpita dall’evento interruttivo dal pregiudizio processuale che le può arrecare l’assenza del difensore, mentre nel diverso caso della morte o perdita di capacità della parte costituita la legge attribuisce al difensore la facoltà di valutare tempi e modi di segnalazione processuale dell’evento. La morte, nel corso del giudizio, dell’unico difensore della parte costituita, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata Sez.3, 13/02/2019, n. 4159 Sez.6-3, 12/11/2018, n. 28846 Sez.6-3, 08/09/2017 n. 21002 Sez. 1 24/05/2016, n. 10722 Sez. 3, 08/04/2016, n. 6838 . Il processo si è quindi interrotto il 22/10/2011 al momento del decesso del difensore e non già il 5/4/2013, quando, a fronte della informale comparizione dell’avv.Biagio Tinghino, privo di ogni potere di rappresentanza, la Corte di appello, ricevuta l’informazione, dichiarò l’interruzione. 2.3. Proprio perché dal 22/11/2011 il processo era interrotto, ben poteva la parte non colpita dall’evento interruttivo curarne la riassunzione senza attendere una pronuncia, meramente dichiarativa, del Giudice in concreto resa il 5/4/2013 . L’art. 305 c.p.c., come inciso dalle pronunce della Corte Costituzionale n. 139 del 15/12/1967 e n. 159 del 6/7/1971 onerava le parti di provvedere al proseguimento o alla riassunzione del processo interrotto nel termine di sei mesi ora tre mesi per i processi instaurati successivamente al 4/7/2009 dalla data della legale conoscenza dell’interruzione. Con la prima sentenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione e la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301 con la seconda ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 305 c.p.c. nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi dell’art. 299 dello stesso codice decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza e ha dichiarato inoltre l’illegittimità costituzionale del detto art. 305 nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto a sensi del precedente art. 300, comma 3, decorre dall’interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza. Di qui è scaturito il dibattito tra le parti sul momento della legale conoscenza in capo agli appellanti N. -V. della morte del difensore avversario, collocata da parte della Banca al momento del ricevimento della relata di mancata notifica per il decesso dell’avv. Salanitro Nicolò 29/10/2011 e dagli appellanti al momento della dichiarazione dell’avv.Tinghino e del provvedimento della Corte 5/4/2013 dibattito superato dalla Corte territoriale scorgendo già nella notifica dell’istanza e del provvedimento di anticipazione di udienza, accompagnate dalla relata di notifica mancata per morte del difensore domiciliatario alla parte personalmente, un valido atto di riassunzione del processo, già in quel momento 15/11/2011 e quindi del tutto tempestivo. 2.4. Ai sensi dell’art. 303 c.p.c., se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’art. 302 ad opera della parte colpita dall’evento interruttivo , l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo solo in caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia. Il ricorso per riassunzione del processo interrotto per la morte di una delle parti deve contenere, ai sensi dell’art. 303 c.p.c., comma 2, gli estremi della domanda , per esigenze di conoscenza da parte degli eredi, e ciò a differenza dell’ipotesi in cui l’evento interruttivo riguardi il procuratore Sez. 2, 24/03/2004, n. 5895 . 2.5. Nel processo civile vige il principio fondamentale della libertà delle forme, per cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Ai sensi dell’art. 156 c.p.c., che detta le regole di rilevanza delle nullità processuali non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge salvo il caso in cui l’atto manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità comunque non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. In virtù del generale principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3, l’atto di riassunzione, volto alla prosecuzione di un procedimento già invalidamente instaurato, può dar vita ad un nuovo e rituale rapporto processuale, ove presenti i necessari requisiti che lo rendano oggettivamente idoneo al perseguimento di tale scopo Sez.2, 17/03/2016, n. 5319 . L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente. Pertanto, ai fini della sua validità, direttamente controllabile in sede di legittimità, il giudice di merito deve apprezzare l’intero contenuto dell’atto stesso, come notificato alla controparte, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo. La nullità dell’atto di riassunzione, infatti, non deriva dalla mera mancanza di uno o più dei requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dall’impossibilità del raggiungimento dello scopo per effetto della mancanza di elementi essenziali quali il riferimento esplicito alla precedente fase processuale l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta le ragioni della cessazione della pendenza della causa stessa il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo Sez. 1, 09/05/2018, n. 11193 Sez. 1, 31/01/2017, n. 2491 Sez.2, 25/03/2013, n. 7464 Sez. 2, 21/07/2004, n. 13597 . 2.6. La Corte territoriale ha ravvisato l’equivalenza funzionale dell’atto notificato il 15/11/2011 a soddisfare i requisiti di un valido atto di riassunzione, idoneo a riattivare il corso del processo e a porre in condizione la parte colpita dall’evento interruttivo di essere informata della morte del proprio procuratore ed esercitare i propri diritti di difesa. L’atto notificato dava notizia del decesso del difensore attraverso l’allegazione della relata di mancata notifica, comunque mettendo in condizione la Banca, se già non ne aveva avuto conoscenza aliunde, di verificare la circostanza cosa che peraltro ha fatto, perché, altrimenti, non si spiega in forza di quali informazioni possa essere comparso all’udienza del 5/4/2013 la cui fissazione era stata notificata alla Banca appellata personalmente l’avv. Biagio Tinghino a comunicare alla Corte la morte dell’avv. Salanitro Nicolò. L’atto inoltre conteneva il riferimento alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta, il provvedimento del giudice che legittimava l’ulteriore corso del processo e l’obiettiva manifestazione di volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo. È pur vero che il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza era stato emanato prima del decesso dell’avv. Salanitro Nicolò e non aveva quindi lo scopo di consentire la riassunzione, ma nel mutato contesto poteva adeguatamente assolvere la stessa funzione di individuare l’udienza per la ripresa del processo, tanto più che il termine dilatorio era, ancora più che congruo, pletorico oltre 16 mesi . La Banca ha così ricevuto un atto che soddisfaceva i requisiti dell’art. 303 c.p.c. ed era idoneo a conseguire lo scopo della riattivazione del processo. 3. Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo. Non sussistono i presupposti per la richiesta condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., o piuttosto, ratione temporis, art. 385 c.p.c., poiché tale istituto presuppone che la parte abbia agito in giudizio con dolo o colpa grave e non la mera infondatezza, come in questo caso, della sua azione processuale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, ove dovuto.