Limiti alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello per genericità

Il ricorso in appello non può essere dichiarato inammissibile per genericità laddove, nonostante un contesto di ampia illustrazione e deduzione, risultino in modo sufficientemente chiaro le questioni ed i punti della sentenza di primo grado contestati, oltre che le relative doglianze.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1935/20, depositata il 29 gennaio. Il caso. Il Giudice di Pace di Roma rigettava la domanda proposta da una compagnia assicurativa contro Poste Italiane per il risarcimento del danno derivante dall’illegittimo pagamento di un assegno a persona diversa del legittimo creditore. Dalla ricostruzione della vicenda, era emerso che la compagnia assicurativa aveva chiesto l’emissione di un assegno bancario non trasferibile, inviato poi con corrispondenza ordinaria al legittimo creditore, ma presentato a Poste Italiane per il pagamento da persona diversa. La compagnia assicurativa era dunque stata costretta a pagare nuovamente la somma dovuta dopo la denuncia ai carabinieri da parte del creditore. Il Tribunale dichiarava inammissibile per genericità l’appello proposto dalla compagnia assicuratrice che ha dunque proposto ricorso in Cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 Forma dell’appello e 112 Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato c.p.c. in riferimento all’art. 360, comma 1, c.p.c Atto di appello. Il Collegio sottolinea in primo luogo che, laddove venga denunciata con il ricorso per cassazione la violazione di una norma processuale, con compimento di un’attività deviante rispetto al modello legale descritto dal legislatore, la cognizione della S.C. non deve limitarsi all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione. La Cassazione è infatti in tal caso investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda purché la censura sia proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito . Passando all’esame dell’art. 342 c.p.c., la pronuncia in commento ricorda come le Sezioni Unite abbiano chiarito che l’impugnazione deve contenere a pena di inammissibilità una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, oltre che le relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, senza la necessità di forme sacramentali né di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado. Nella fattispecie, l’atto di appello presentato dal ricorrente soddisfa tali requisiti poiché indica in modo sufficientemente chiaro le questioni ed i punti della sentenza di primo grado contestati e le relative doglianze, seppur in un contesto di ampia illustrazione e deduzione in sé non preclusiva di una chiara individuazione delle doglianze avanzate . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 settembre 2019 – 29 gennaio 2020, n. 1935 Presidente Scaldaferri – Relatore Meloni Fatti di causa la Milano Assicurazioni spa aveva chiesto a Banca Sai spa l’emissione di un assegno bancario non trasferibile intestato a T.A. e tale assegno, inviato al destinatario con corrispondenza ordinaria, era stato pagato da Poste Italiane a persona diversa dal legittimo creditore al quale, a seguito di denuncia ai Carabinieri, la ricorrente Milano Assicurazioni spa era stata costretta a pagare nuovamente la somma dovuta. Il Giudice di pace di Roma aveva rigettato la domanda, volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’illegittimo pagamento dell’assegno per un totale complessivo di 3.100,00 Euro, ritenendo che l’evento dannoso fosse stato provocato dal fatto di un terzo e che non fossero rinvenibili condotte colpose ascrivibili alle Poste spa. Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 6/11/2017, ha dichiarato inammissibile per genericità l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace n. 40347 in data 19/11/2013 il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno quantificato in Euro 3.100,00 oltre rivalutazione ed interessi, proposta da Unipolsai Assicurazioni spa già Milano Assicurazioni spa nei confronti di Poste Italiane spa. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione Unipolsai Assicurazioni spa, già Milano Assicurazioni spa, affidato a due motivi. Poste Italiane spa non ha svolto difese. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile per genericità l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace n. 40347 in data 19/11/2013 il quale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno quantificato in Euro 3.100,00 oltre rivalutazione ed interessi proposta da Unipolsai Assicurazioni spa già Milano Assicurazioni spa nei confronti di Poste Italiane spa. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello senza indicare le ragioni e sebbene l’atto fosse conforme al paradigma di cui all’art. 342 c.p.c Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Occorre premettere che quando, come nella specie, viene denunciata la violazione di una norma che regola il processo, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in confrmità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 . Tale principio risulta affermato da questa Corte con sentenza Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012 la quale ha stabilito che Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 . In riferimento all’art. 342 c.p.c., le Sezioni Unite di questa Corte con Sentenza n. 27199 del 16/11/2017 hanno affermato L’art. 342 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata . Nella fattispecie il ricorso soddisfa i requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, giacché indica in modo sufficientemente chiaro le questioni ed i punti della sentenza di primo grado che assume contestati con l’atto di appello, allegato al ricorso. Dall’esame diretto dell’atto di appello si evince come in esso siano stati effettivamente individuati i punti contestati della sentenza di primo grado e prospettate le relative doglianze, pur se in un contesto di ampia illustrazione e deduzione in sé non preclusiva di una chiara individuazione delle doglianze avanzate. Per quanto sopra deve essere accolto il ricorso proposto, cassata la sentenza con rinvio davanti al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia davanti al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.