Sul diniego del rilascio della patente per mancanza dei requisiti morali decide il giudice ordinario

Rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto il diniego della concessione della patente di guida al soggetto condannato per un reato che, ex art. 120 c.d.s., sia ostativo al suo rilascio.

Sul punto si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 32977/19, depositata il 13 dicembre. La vicenda. Un cittadino conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale territorialmente competente, il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per chiedere l’annullamento del provvedimento dell’ufficio Motorizzazione Civile con cui era stato disposto il diniego al rilascio della patente di guida, categoria B. Il Tribunale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che la carenza di motivazione dell’atto impugnato riguardo l’elemento ostativo al rilascio della patente integrasse un difetto di formazione di atto amministrativo da far valere dinanzi al Giudice amministrativo. Riassunta la causa dinanzi al TAR, questi ha ritenuto che rientri nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto il diniego di concessione della patente al soggetto condannato del reato che sia ostativo al suo rilascio art. 120 c.d.s. , come nel caso in esame. La giurisdizione del Giudice ordinario. Ai sensi dell’art. 120, comma 1, c.d.s., il diniego del rilascio della patente di guida per insussistenza dei requisiti morali, non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma un atto dovuto, vincolato, sia nel presupposto esistenza della situazione richiamata che nel contenuto impossibilità del rilascio della patente di guida . Si tratta, infatti, come anche nel caso in esame, dell’esercizio di un’attività del tutto vincolata rispetto a cui si configurano posizioni giuridiche soggettive che hanno la consistenza di diritto soggettivo, posto che il carattere vincolato dell’atto rende privo di rilevanza il difetto di motivazione e quindi non si pone la questione di annullabilità dell’atto stesso. Alla luce di ciò va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il processo va riassunto nei termini di legge.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 18 giugno – 13 dicembre 2019, n. 32977 Presidente Di Cerbo – Relatore Scrima Fatti di causa D.V. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale ordinario di Genova, il Ministero dell’Interno nonché il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, chiedendo l’annullamento del provvedimento dirigenziale dell’8 luglio 2016 dell’Ufficio Motorizzazione Civile di Imperia, con cui era stato disposto - per difetto dei requisiti morali di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 120 - il diniego al rilascio del titolo abilitativo alla guida patente di categoria B . Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 782/2017 del 21 marzo 2017, dichiarò, L. n. 69 del 2009, ex art. 59, comma 1, il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo che l’assoluta carenza di motivazione dell’atto impugnato circa l’elemento ostativo al rilascio della patente in questione integrasse un difetto di formazione dell’atto amministrativo da far valere innanzi al Giudice amministrativo. Riassunta la causa a cura del D. e costituitisi i Ministeri convenuti, che hanno chiesto il rigetto del ricorso, il TAR per la Liguria ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione. In particolare, il G.A. ha ritenuto che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, rientri nell’ambito della giurisdizione del G.O. la controversia avente ad oggetto il diniego di concessione della patente di guida o la sua revoca a soggetto condannato per un reato che, ai sensi dell’art. 120 C.d.S., sia ostativo al suo rilascio, come nel caso all’esame, in quanto il diniego non sarebbe espressione di discrezionalità amministrativa ma atto dovuto, vincolato sia nel presupposto esistenza della situazione richiamata , sia nel contenuto impossibilità di rilascio della patente . Ha ritenuto, altresì, il TAR per la Liguria che l’art. 120 già richiamato, quanto meno nella parte in cui preclude il rilascio della patente alle persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, integrerebbe una chiara norma di relazione, diretta a regolare direttamente e immediatamente i rapporti tra P.A. e cittadini quanto ai requisiti morali per il conseguimento della patente, senza alcun apprezzamento discrezionale, e che non rileverebbe che l’assoluta carenza di motivazione circa l’indicazione dell’elemento ostativo al rilascio della patente integri un difetto di formazione dell’atto amministrativo, essendo quest’ultimo un aspetto che riguarda il merito della vicenda e che non incide sul riparto di giurisdizione, basato sulla distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi. Le parti non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il P.M. ha concluso per la declaratoria della giurisdizione del Giudice Ordinario. Ragioni della decisione 1. Si osserva che il diniego del rilascio della patente di guida, ai sensi dell’art. 120 C.d.S., comma 1, per insussistenza di requisiti morali non è espressione di discrezionalità amministrativa ma atto vincolato, sia nel presupposto che nel contenuto, e ciò anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 9 febbraio 2018, n. 22, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 120 già richiamato, come sostituito dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 3, comma 52, lett. a , nella parte in cui - con riguardo all’ipotesi, diversa da quella all’esame, di condanna per reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74, che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto provvede , invece che può provvedere , alla revoca della patente. Nella specie, la condanna risulta essere intervenuta in un momento anteriore al rilascio della patente. Si tratta, quindi, nel caso all’esame, dell’esercizio di un’attività del tutto vincolata - regolata da una norma di relazione - rispetto alla quale si configurano posizioni giuridiche soggettive aventi la consistenza di diritto soggettivo, evidenziandosi che il carattere vincolato dell’atto rende irrilevante il difetto di motivazione, sicché non si pone, neppure in astratto, L. n. 241 del 1990, ex art. 21-octies, la questione di annullabilità dell’atto in parola. 2. Alla luce di quanto sopra evidenziato e della giurisprudenza anche di legittimità v. Cass. 14/05/2014, n. 10406 Cass. ord., 4/11/2010, n. 22491 C.d.S., sez. III, 6/06/2016, n. 2413 C.d.S., sez. III, 6 giugno 2016, n. 2413 TAR Toscana, sez. II, 29/10/2018, n. 1380 TAR Toscana, sez. II, 21/02/2018, n. 287 TAR Campania, sez. V, 20/06/2018, n. 4071 TAR Liguria, sez. II, 21/12/2017, n. 971 TAR Lazio, Roma, sez. I ter, 6/04/2017, n. 4316 TAR Sicilia, sez. I, 23/05/2017, n. 1386 TAR Campania, Napoli, sez. V, 25/10/2016, n. 4952 TAR Piemonte, sez. II, 26/02/2016, n. 273 , va dichiarata la giurisdizione del Giudice ordinario. 3. Essendo stato il regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio, non vi è luogo a provvedere per le spese del presente procedimento. P.Q.M. La Corte dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario dinanzi al quale il processo va riassunto nel termine di legge.