Nel computo della ragionevole durata bisogna tener conto della complessità del giudizio

In materia di determinazione della durata del giudizio presupposto spetta al giudice dell’equa riparazione provare quale avrebbe dovuto essere la durata ragionevole per il medesimo giudizio sulla base della sua complessità, comprensiva anche della fase necessaria alla pronuncia di incompetenza, sottraendo soltanto il periodo non necessario alla sua riassunzione dinanzi al giudice competente.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 30981/19, depositata il 27 novembre. Il giudizio in esame trae origine dalla richiesta di indennizzo per irragionevole durata del processo l. n. 89/2001 proposta dagli attuali ricorrenti nei confronti del Ministero della Giustizia. Il computo della ragionevole durata del processo. Con il motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 2 l. n. 89/2001 per non aver la Corte di secondo grado considerato nel computo dei termini utili ai fini della determinazione della durata del processo anche i primi due gradi di giudizio precedenti la riassunzione. Con riferimento a ciò, in materia di determinazione della durata del giudizio presupposto spetta al giudice dell’equa riparazione provare quale avrebbe dovuto essere la durata ragionevole per il medesimo giudizio presupposto sulla base della sua complessità, comprensiva anche della fase necessaria alla pronuncia di incompetenza e sottraendo dalla durata complessiva del giudizio il tempo non strettamente necessario alla sua riassunzione davanti al giudice dichiarato competente. Ma, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha illegittimamente diviso il giudizio presupposto ed escluso dal calcolo della durata ragionevole i primi due gradi che si sono conclusi con la sentenza di prime cure di rigetto della domanda attorea e quella successiva di secondo grado che ha dichiarato la nullità della pronuncia di primo grado per difetto di notifica così facendo non ha tenuto conto nel computo della durata ragionevole del processo della complessità del giudizio, comprensiva anche dei primi due gradi omessi. Il ricorso viene, dunque, accolto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 marzo – 27 novembre 2019, n. 30981 Presidente Manna – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dal ricorso ex L. n. 89 del 2001, per la domanda di indennizzo per violazione del termine di ragionevole durata del processo proposta da P.E. , S.L. ed P.A. nei confronti del Ministero di Giustizia - assumono in particolare i ricorrenti che il giudizio in riferimento al quale è chiesto l’indennizzo ha avuto il seguente svolgimento 1. atto introduttivo in data 27 marzo 1997 avanti al Tribunale di Roma 2.sentenza di primo grado pubblicata in data 30 giugno 1999 che respingeva la domanda per non essere stato rinvenuto il fascicolo di parte che era stato ritirato dalla parte stessa 3. impugnazione da parte di S.L. della sentenza con pronuncia della Corte d’appello di Roma in data 2 luglio 2002 che dichiarava nulla la sentenza di primo grado per difetto di notifica 4.atto di citazione in riassunzione avanti al Tribunale di Roma il 27 maggio 2003 concluso con sentenza pubblicata in data 5 agosto 2004 5.impugnazione presso la Corte d’appello di Roma conclusa con sentenza pubblicata il 20 ottobre 2011 - ciò posto l’adita Corte d’appello di Perugia - esclusi dal calcolo i due gradi del giudizio precedenti alla riassunzione perché ritenuti comunque svolti in termini ragionevoli, determinava la durata non ragionevole in anni 3 e mesi 5 e liquidava l’importo di Euro 500 per ciascun anno di ritardo cosicché l’importo complessivo era quantificato in Euro 1666,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo e spese di giudizio a favore di ciascun ricorrente - la cassazione del Decreto n. 2530 depositato il 18 settembre 2017 è chiesta da P.E. , S.L. ed P.A. con ricorso notificato al Ministero di giustizia presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia in data 22/11/2017 ed articolato su quattro motivi - in prossimità dell’udienza parte ricorrente ha depositato memoria integrativa - non hanno svolto attività difensiva gli intimati Ministero di giustizia e Ministero dell’Economia - preso atto che il ricorso era stato notificato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, con ordinanza depositata il 24/10/2018 è stato assegnato termine di trenta giorni per la notifica all’Avvocatura generale dello Stato e rinviata la causa a nuovo ruolo. Considerato che - va premesso che i ricorrenti hanno effettuato la rinotifica tempestivamente entro il termine assegnato del 25/10/2018 e che hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c. - con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 3, comma 6, per errata valutazione del danno morale ed omessa liquidazione del danno patrimoniale -in particolare, il giudice non avrebbe valutato la complessità del giudizio così censurando l’importo determinato - con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, per non aver considerato nel computo dei termini utili ai fini della determinazione della durata del processo anche i primi 2 gradi di giudizio precedenti la riassunzione in data 2003 - con il terzo motivo si censura la liquidazione equitativa fatta dal giudice nonostante la presenza della fattura emessa dalla sezione fallimentare e dalla quale risulta il prezzo pagato dagli odierni ricorrenti per l’aggiudicazione del bene rivendicato con la domanda ex art. 2932 c.c. - con il quarto motivo si censura l’importo liquidato quali spese di giustizia Euro 80 per spese vive ed Euro 210 per compensi applicando tariffe ordinarie per i procedimenti di volontaria giurisdizione secondo i parametri cui al D.M. n. 55 del 2004 e tenuto conto della discrezionalità prevista nell’art. 4 - appare logicamente prioritario l’esame del secondo motivo che è meritevole di accoglimento - in materia di determinazione della durata del giudizio presupposto è stato precisato che il giudice dell’equa riparazione ha l’onere di determinare quale avrebbe dovuto essere la durata ragionevole per il giudizio presupposto sulla base della sua complessità, comprensiva, tenuto conto della struttura unitaria del processo, anche della fase necessaria alla pronuncia di incompetenza e sottraendo dalla durata complessiva del giudizio tutto il tempo solitamente il periodo ultroneo rispetto a trenta giorni non strettamente necessario alla sua riassunzione davanti al giudice dichiarato competente Cass. 26208/2016 id. 20534/2018 - l’assunto espresso nelle pronunce richiamate con riguardo alla declaratoria di incompetenza, rinvia, ad avviso del collegio, al principio più generale secondo il quale il termine massimo di durata ragionevole dei gradi di merito tre anni per il primo e due anni per il secondo presuppone un giudizio che pervenga ad una decisione di merito, per cui non vale tout court allorché uno o più gradi del processo si siano limitati a definire questioni processuali incompetenza, nullità della notifica, rimessione al primo giudice o altro - nel caso di specie, la corte territoriale ha illegittimamente scisso il giudizio presupposto ed escluso dal computo della durata i primi due gradi conclusisi, rispettivamente, con la sentenza di prime cure di rigetto della domanda attorea e quella successiva d’appello che ha dichiarato la nullità della pronuncia di primo grado per difetto di notifica - così operando la corte territoriale non ha tenuto conto ai fini della durata ragionevole della complessità del giudizio, comprensiva anche dei primi due gradi omessi - la fondatezza del motivo e la conseguente necessità di rinviare alla Corte d’appello di Perugia per la rideterminazione della durata del giudizio presupposto in conformità al principio di diritto sopra enunciato, assorbe l’esame degli altri motivi di ricorso, riguardanti la quantificazione del pregiudizio - il giudice del rinvio provvederà anche alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.