La procura speciale deve investire il difensore del potere di impugnare una sentenza determinata

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata, dovendo quindi essere rilasciata in epoca successiva alla pronuncia di questa.

Così la Cassazione con sentenza n. 30553/19, depositata il 22 novembre. La fattispecie. La sentenza in commento trae origine dal giudizio instaurato da un legale nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per ottenere il pagamento di alcuni importi asseritamente dovuti a titolo di compensi professionali per la difesa in giudizio di un ente controllato da quest’ultimo in sette cause civili avanti al Tribunale di Roma. La vertenza è giunta fino alla Corte di Cassazione in quanto il legale procedente ha impugnato dapprima la sentenza emessa all’esito del giudizio di primo grado e poi quella emessa dalla Corte di Appello di Roma, lamentando diverse presunte violazioni da parte dei Giudici territoriali. Una procura speciale generica” non è ammissibile. Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso del legale preliminarmente all’esame dei quindici motivi di impugnazione in considerazione della riconducibilità dell’atto all’opera di difensore privo della procura speciale richiesta dall’art. 365 c.p.c Infatti, l’unica procura rinvenuta in atti era anteriore alla pubblicazione della sentenza di appello oggetto dell’impugnazione e, pertanto, priva – ovviamente – di ogni riferimento alla stessa e all’impugnazione da proporsi in cassazione. Come ricordato dalla Corte di Cassazione, infatti, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata, dovendo quindi essere rilasciata in epoca successiva alla pronuncia di questa.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 settembre – 22 novembre 2019, n. 30553 Presidente Petitti – Relatore Giusti Fatti di causa 1. - Con sentenza n. 78 in data 17 febbraio 2010, il Tribunale di Roma - definendo due giudizi riuniti, il primo inizialmente promosso secondo il rito di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794 e poi oggetto di provvedimento di mutamento del rito, il secondo direttamente azionato con il rito ordinario - in parziale accoglimento delle domande proposte dall’Avvocato T.S. , condannava il Ministero dell’economia e delle finanze MEF - Ispettorato generale per la liquidazione degli Enti disciolti IGED , quale legale rappresentante dell’Ente nazionale cellulosa e carta, controllante della SAF s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, al pagamento della somma complessiva di Euro 5.151,84, oltre interessi al saggio legale dalla notificazione del ricorso, a titolo di residuo di compensi professionali per la difesa in giudizio dell’Ispettorato in sette cause civili dinanzi al Tribunale di Roma. Il Tribunale, in particolare, dato atto del giudicato intervenuto tra le parti sull’esistenza di un valido contratto di patrocinio e sull’applicabilità, ai fini della determinazione dei compensi professionali, delle tariffe approvate con il D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, tenuto conto di quanto provato dal professionista in relazione alle attività professionali svolte e degli importi già corrisposti dal cliente, liquidava le spettanze sulla base degli importi medi di tariffa. 2. - Il T. proponeva appello con atto notificato il 24 marzo 2011, chiedendo in via preliminare al giudice del gravame di accertare e dichiarare l’insanabile nullità ed erroneità e quindi annullare l’impugnata sentenza nel merito, l’appellante chiedeva, accertato il diritto del professionista alla remunerazione di tutte le voci indicate nelle parcelle redatte, che i corrispettivi spettanti fossero liquidati nell’importo complessivo richiesto di Euro 23.087,65, con la condanna dell’appellato, detratti gli importi già corrisposti e quello di Euro 5.151,84 liquidato dalla sentenza di primo grado, al pagamento dell’ulteriore importo di Euro 10.676,65, oltre agli interessi e al danno da indisponibilità dei compensi dovuti da liquidarsi in misura corrispondente agli interessi di cui al D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231. 3. - La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1821 resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 19 marzo 2015, ha rigettato il gravame proposto dal T. . 3.1. - La Corte territoriale ha premesso che l’appellante, nell’elencare le sue doglianze contro la sentenza di primo grado, ha anche richiamato le sue difese già svolte in Tribunale sulla congruità delle parcelle redatte con riferimento ai valori intermedi della tariffa del 1994 e sull’irrilevanza dell’iniziale redazione da parte dell’Avvocato T. delle parcelle sulla base dei minimi di tariffa. La Corte d’appello ha osservato che si tratta di questioni estranee al giudizio di appello, atteso che il Tribunale ha, sul punto, pronunciato in modo conforme alle richieste del T. e l’Amministrazione non ha interposto appello incidentale. Tanto premesso, la Corte di Roma ha rilevato che le questioni ancora aperte riguardano a il mancato riconoscimento di alcune voci di parcella b il mancato riconoscimento degli interessi di mora dalla data di ricezione delle parcelle e degli interessi anatocistici dalla domanda c il mancato riconoscimento del danno da indisponibilità dei compensi professionali. A questo riguardo, la Corte d’appello ha ritenuto infondata la censura svolta dall’appellante, secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’intervenuto giudicato derivante da altre sentenze emesse tra le parti in relazione a pretese di compensi azionate dall’Avvocato T. per la difesa dell’Ispettorato in altri giudizi svolta sulla base di procure rilasciate in attuazione del medesimo contratto di patrocinio. Ha osservato la Corte distrettuale che i precedenti riguardano controversie diverse per petitum e causa petendi, che il giudicato non può essersi formato su questioni meramente processuali quali l’applicazione del principio di non contestazione e che, per quanto riguarda l’accertamento della esecuzione delle prestazioni indicate nelle parcelle e il diritto alla loro remunerazione, l’accertamento compiuto negli altri giudizi non può che riguardare le specifiche attività svolte nei singoli procedimenti e non può essere esteso a tutte le attività professionali svolte altrimenti in adempimento del medesimo contratto di patrocinio. Correttamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto l’esistenza del giudicato derivante dalla sentenza del Tribunale di Roma solo in relazione all’esistenza di un valido contratto di patrocinio e alla inapplicabilità della convenzione in data 18 marzo 2002 che prevedeva la liquidazione dei compensi calcolati sui minimi di tariffa, laddove la mancata contestazione in altri giudizi delle specifiche voci di parcella non implica alcun dovere per il giudice di tenerne conto in questo giudizio. La Corte d’appello ha quindi escluso l’esistenza, nel presente giudizio, da parte del Ministero, di una espressa non contestazione o di una non contestazione implicita per incompatibilità. Quanto, in particolare, alla mancata remunerazione delle comparse d’intervento, la Corte di Roma ha rilevato che il giudice di primo grado in realtà ha riconosciuto dette prestazioni e ha motivato sul perché le stesse fossero assimilabili a un mero atto di costituzione, senza che siano sollevate censure specifiche sul punto. In relazione alle altre voci di parcella, la pretesa di remunerazione - ha proseguito la Corte d’appello - è stata rigettata per mancanza di prova e l’appellante non ha formulato alcuna specifica censura riguardante l’assolvimento del relativo onere, prospettando l’esistenza di un giudicato in realtà inesistente. Per quanto riguarda, poi, il diritto alla remunerazione per le attività svolte da sostituti, la Corte territoriale ha osservato che lo stesso è riconoscibile solo in presenza di documentato preventivo conferimento della delega, senza che l’appellante abbia allegato alcunché sul punto. La Corte romana ha poi ritenuto non meritevole di accoglimento il motivo riguardante il mancato riconoscimento degli interessi a decorrere dalla ricezione delle parcelle e degli interessi anatocistici dalla domanda, rilevando che il giudicato derivante dalla sentenza n. 2465 del 2005, riguardando altre prestazioni professionali, non è opponibile in questa sede che il motivo di censura non indica neppure in quali date le sette parcelle siano state ricevute dal cliente e sul perché la semplice ricezione della parcella debba essere ritenuta idonea a costituire in mora il debitore. Quanto, infine, alla censura di omessa pronuncia sulla domanda di danni da indisponibilità del credito, la Corte d’appello - dato atto dell’avvenuta rinuncia nel corso del giudizio di primo grado alla pretesa di riconoscimento degli interessi di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, ha affermato, nel rigettare la doglianza, che il professionista è comunque onerato della prova dell’incidenza negativa, anche quantitativa, dell’inadempimento del cliente sull’avviamento dello studio professionale, e ha giudicato inconferente il richiamo alla direttiva comunitaria del Parlamento e del Consiglio n. 7 del 2001, sostitutiva della direttiva n. 35 del 2000, essendo stata già rinunciata nel primo grado la pretesa d’interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002. 4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello l’Avvocato T. ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 novembre 2015, sulla base di quindici motivi. L’intimato Ministero ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie, il ricorrente allegandovi anche documenti. 5. - In data 10 settembre 2019 la parte ricorrente ha depositato una istanza di riunione al presente giudizio del ricorso RGN 25514 del 2019, motivata sul rilievo che il ricorso successivo, relativo alla sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4877-2018 depositata il 13 luglio 2018, attiene al medesimo contratto di patrocinio e che - stante l’identità di petitum, causa petendi, contratto e giudice di secondo grado - appare opportuno un esame congiunto delle controversie. 6. - In data 12 settembre 2019, in esito alla discussione del ricorso in pubblica udienza, l’Avvocato Manuela Traldi ha depositato in cancelleria procura speciale in calce al ricorso introduttivo 24 novembre 2015 autenticata dal difensore . Ragioni della decisione 1. - Va preliminarmente disattesa l’istanza di trattazione congiunta al presente ricorso del successivo ricorso iscritto al NRG 25519 del 2019. Quest’ultimo ricorso, infatti, ha ad oggetto una sentenza la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4877-2018 del 13 luglio 2018 diversa da quella qui impugnata, sicché non ricorrono le condizioni per la riunione delle impugnazioni di cui all’art. 335 c.p.c A ciò deve aggiungersi che non sussistono neppure ragioni di opportunità per una trattazione unitaria, atteso che il presente ricorso è pendente in cassazione dal 2015 ed è già stato fissato per la discussione, di tal che, ove fosse accolta l’istanza presentata dal difensore, si dovrebbe disporre un rinvio della causa a nuovo ruolo, e ciò ne allungherebbe ulteriormente i tempi di definizione, in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo. 2. - Il ricorso si compone di quindici motivi. Con il primo motivo violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 324 e 329 c.p.c. e art. 2909 c.c., per omessa pronuncia di intervenuto passaggio in giudicato ex artt. 325 e 343 c.p.c., della sentenza di primo grado il 15 giugno 2011 e degli insorti giudicati il ricorrente sostiene che la gravata sentenza 78/10, il cui importo era già stato corrisposto dalla L. per conto del MEF, era divenuta definitiva il 15 giugno 2011 ex artt. 324 e 343 c.p.c. nonché art. 329 c.p.c., per omessa impugnazione del MEF e della L. con appello incidentale, come statuito dalla Corte di cassazione con le sentenze n. 8929 del 2010 e n. 1701 del 2009, determinando l’insorgenza dei seguenti giudicati panprocessuali, per il principio di diritto enunciato dalla Corte a Sezioni Unite n. 16462 del 2006 1 giudicato panprocessuale sull’esistenza di un pregresso giudicato panprocessuale in ordine all’esistenza di un valido contratto di patrocinio tra le parti denominato convenzione ed alla retribuzione delle prestazioni professionali ex D.M. n. 585 del 1994, alla percentuale intermedia degli onorari 2 addizionalmente al punto n. 1, la re-munerazione delle parcelle ex D.M. n. 585 del 1994, alla percentuale intermedia degli onorari, come statuito dalla sentenza n. 78/10 3 la non applicabilità della L. n. 14 del 2009, alla convenzione 19 settembre 2000, estendendosi il giudicato anche al deducibile, come confermato dalla statuizione della Corte di cassazione n. 14535 del 2012 4 conseguente carenza sostanziale e processuale della L. dal 15 giugno 2011 a seguito dell’omessa impugnazione della sentenza di primo grado n. 78/10 con appello incidentale ex art. 343 c.p.c. e del MEF per le relative domande 5 la conseguente inammissibilità ed erroneità di tutte le impugnazioni ed attività processuali della L. e del MEF per tale causale dal 15 giugno 2011 . Con il secondo motivo violazione degli artt. 112, 345, 189, 359, 325 e 343 c.p.c. si rimprovera alla Corte territoriale di avere omesso di pronunciarsi, nonostante la sua rilevabilità d’ufficio, sulla inammissibilità e nullità della nuova domanda di applicabilità alla convenzione della L. n. 14 del 2009, avanzata dal MEF in quel grado di giudizio con la propria comparsa di costituzione e risposta” del 31 marzo 2014, nonostante il passaggio in giudicato ex artt. 324 e 342 c.p.c., della gravata sentenza n. 78/10 già in data 15 giugno 2011, e sulla quale l’attuale ricorrente aveva rifiutato il contraddittorio . Il terzo mezzo è rubricato violazione dell’art. 167 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 35 del 2005 e art. 112 c.p.c., per pronuncia ultra petitum in difetto di avverse domande e art. 132 c.p.c., n. 4, per erroneità e contraddittorietà della motivazione . Con esso ci si duole che la sentenza della Corte d’appello abbia considerato valido il rigetto della domanda attorea ritenendo sufficiente una diversa generica contestazione in primo grado da parte del MEF . Il ricorrente richiama il principio secondo cui, esaurita la fase della trattazione, non è più consentito al convenuto, per il principio di preclusione in senso causale, di rendere controverso un fatto non contestato, nè attraverso la revoca espressa della non contestazione, nè deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte. Con il quarto motivo il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 2909 c.c., art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia sull’esistenza di un giudicato panprocessuale in ordine ad insorti giudicati panprocessuali relativi all’esistenza del contratto di patrocinio denominato convenzione ed al diritto dello studio ad essere remunerato alla percentuale intermedia della tariffa . Il ricorrente rappresenta che, con la sentenza n. 985 del 2011, il Tribunale di Roma, riportandosi alle pronunce già emesse dallo stesso Tribunale in ordine a controversie analoghe tra le stesse parti , ha ribadito che c’è ormai giudicato sulla esistenza di un valido contratto di patrocinio tra le parti, in esecuzione del quale è stata prestata l’attività professionale oggetto della presente domanda . Di qui, ad avviso del ricorrente, la denunciata erroneità dell’impugnata sentenza della Corte d’appello che, in violazione dell’art. 2909 c.c., negava l’esistenza di pregressi giudicati panprocessuali attestanti l’operatività del contratto di patrocinio stipulato tra il MEF e lo studio il 19 settembre 2000 e denominato convenzione, ed il diritto dello studio di essere retribuito nella misura intermedia del D.M. n. 585 del 1994, all’epoca vigente, come peraltro previsto nel richiamato contratto, essendo stata annullata la sua modifica 18 marzo 2000 dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 2464 del 2005 . Il quinto mezzo censura la violazione dell’art. 2909 c.c., art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia in ordine ad insorti giudicati panprocessuali relativi all’esistenza di un contratto di patrocinio denominato convenzione ed al diritto dello studio ad essere remunerato alla percentuale intermedia della tariffa . Tali giudicati, ad avviso del ricorrente, sarebbero insorti dalla mancata impugnazione delle sentenze del Tribunale di Roma nn. 21295/07, 21296/07, 21299/07, 21300/07, 21301/07 e 13180/10 da parte del MEF. Con il sesto motivo si rimprovera alla Corte d’appello di avere violato l’art. 2909 c.c. e il giudicato panprocessuale formatosi in ordine all’accettazione della sentenza n. 2465/05 da parte del MEF e della statuita conformità delle azionate parcelle alla convenzione 19 settembre 2000. Ad avviso del ricorrente, l’intervenuto giudicato panprocessuale sull’estensione del giudicato della sentenza n. 2465/05 all’accettazione di tutte le parcelle o richieste di pagamento pervenute al 29 marzo 2010, tra cui le sei azionate notule inviate con raccomandata del 5 marzo 2004, avrebbe dovuto comportare il loro necessario soddisfo ed il successivo accoglimento della relativa domanda giudiziale di pagamento dei residui Euro 10.676,65, oltre ai richiesti interessi legali ed anatocistici . Con il settimo motivo il ricorrente censura la violazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. e art. 2909 c.c. e dei relativi giudicati interni e/o impliciti ed esterni espliciti formatisi in ordine all’attività professionale dell’Avv. T. ex artt. 2230 e 2232 c.c. organizzata in forma di impresa” ex art. 2238 c.c., con l’utilizzo di sostituti o ausiliari” subordinati ex art. 2094 c.c., e dell’art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., per omesso esame delle prove e dell’art. 132 c.p.c., n. 4 . L’Avvocato T. deduce a di avere sempre svolto la sua attività professionale nella forma d’impresa ex art. 2238 c.c., utilizzando i suoi sostituti o ausiliari Avvocati del Vescovo, Ranieri e Mattioli in un rapporto di lavoro subordinato b che anche il Ministero del tesoro ha stipulato la convenzione del 19 settembre 2000 proprio con lo studio legale Avvocato T. quale organizzazione d’impresa, sul rilievo che tale struttura avrebbe avuto la capacità di assumere la gestione diretta, o con l’ausilio di procuratori legali anche domiciliatari già operanti o nominati dallo studio in loro sostituzione, di tutti i contenziosi . Sarebbe frutto di un totale fraintendimento dei fatti di causa l’affermazione, contenuta nella sentenza della Corte d’appello, che il diritto alla remunerazione per le attività svolte dai sostituti sarebbe riconoscibile solo in presenza di un preventivo riconoscimento di delega. La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare i giudicati, insorti dalla mancata impugnazione da parte del MEF e della L. di numerose sentenze del Tribunale di Roma, sia quanto alla posizione degli Avvocati del Vescovo, Ranieri e Mattioli, sia quanto alla remunerazione dell’Avvocato T. per le prestazioni rese per il tramite dei predetti suoi sostituti o ausiliari subordinati. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. e art. 2909 c.c., per la negazione della valenza ed acquisibilità nel presente processo civile dei giudicati panprocessuali insorti con le sentenze nn. 21295/07, 21296/07, 21300/07, 21301/07, 4974/09, 4980/09, 24986/10, 25555/10, 25576/10 e 985/11 nonché dell’art. 132 c.p.c., n. 4. Secondo l’Avvocato T. , dovrebbero riconoscersi la remunerazione ex D.M. n. 585 del 1994, con onorari alle percentuali intermedie delle prestazioni di studio della controversia , consultazione con il cliente e redazione dell’atto introduttivo equiparato alla comparsa Cost. int. vol. , ed esame prove per i giudizi in cui lo studio era subentrato, nonché l’inclusione nella convenzione anche delle prestazioni professionali rese in giudizi conclusisi con sentenza anteriormente alla revoca del mandato e loro conseguente remunerazione ex D.M. n. 585 del 1994, alla percentuale intermedia degli onorari. Con il nono mezzo violazione dell’art. 2233 c.c. e del D.M. n. 585 del 1994, per le azionate prestazioni professionali il ricorrente reclama il diritto a percepire la differenza per le parcelle azionate nn. 155, 158, 162, 165, 169, 177 e 217 di complessivi Euro 23.087,65, detratto l’acconto versato di Euro 7.259,16 e l’importo di Euro 5.151,84 liquidato in sentenza ., con un proprio residuo credito di Euro 10.676,65 . Il decimo motivo lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c., per omessa pronuncia in ordine ad insorti giudicati panprocessuali relativi alla spettanza degli interessi legali ex art. 1282 c.c., dall’invio delle notule e degli interessi anatocistici ex art. 1283 c.c. dalla domanda . Detti giudicati panprocessuali, ad avviso del ricorrente, discenderebbero dall’omessa impugnazione da parte del MEF e della L. delle sentenze del Tribunale di Roma nn. 21295/07, 21296/07, 21299/07, 21300/07, 21301/07, 4974/09, 4980/09, 13180/10, 24986/10, 25555/10, 25576/10, 474/11 e 585/11, che avevano accolto in toto le domande dell’Avvocato T. . Con l’undicesimo motivo violazione degli artt. 324 e 329 c.p.c., art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia del diritto dello studio ai danni per ritardato pagamento ex art. 1224 c.c., ed erroneità del rigetto della pregressa domanda ci si duole della negazione della valenza ed acquisibilità nel presente processo civile del giudicato panprocessuale insorto con il passaggio in giudicato della sentenza n. 474/11 in ordine al diritto dello studio al risarcimento dei danni ex art. 1224 c.c., per ritardato pagamento delle prestazioni oggetto della convenzione, da quantificarsi nelle modalità espresse dalla sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite n. 19499 del 2008 . Con il dodicesimo motivo si prospetta la violazione dell’art. 2909 c.c., art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 , per omessa dichiarazione degli insorti giudicati panprocessuali sulla non opponibilità della L. n. 14 del 2009, anteriormente al novembre 2011 per l’omessa impugnazione delle sentenze nn. 4974/09, 4980/09, 614/09 e 13180/10 . Il tredicesimo motivo censura la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., per omessa dichiarazione di estensione a tutti i giudizi della non opponibilità della L. n. 14 del 2009, a seguito dell’omessa impugnazione delle sentenze nn. 24986/10, 25555/10, 25567/10, 474/11 e 985/11 successivamente al novembre 2011 . Il quattordicesimo motivo è relativo alla conseguente insorgenza di giudicato panprocessuale in ordine alla carenza di legittimazione processuale e sostanziale della L. in tutti i giudizi proposti in difetto di legittimazione ex lege n. 14 del 2009 e del MEF per le domande avanzate per tale causale. Il quindicesimo motivo concerne la violazione degli artt. 88 e 96 c.p.c., da parte del MEF per temerarietà delle proprie gestioni processuali , con solidale ed autonoma responsabilità dell’Avvocatura generale . La mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte del MEF e della L. al 15 gennaio 2011 ne comportava il suo passaggio in giudicato. Invece - sostiene il ricorrente - nonostante il passaggio in giudicato della gravata sentenza, il MEF depositava in data 31 marzo 2014 comparsa di costituzione e risposta in cui introduceva nuove domande, tra cui l’applicabilità della L. n. 14 del 2009, alla convenzione, nonostante la sua novità ed inammissibilità ex art. 345 c.p.c., per non essere stata avanzata neppure in primo grado . 3. - Preliminarmente all’esame dei motivi, va rilevato - in conformità delle conclusioni del pubblico ministero - che il ricorso è riconducibile all’opera di difensore privo di procura speciale, richiesta dall’art. 365 c.p.c Il ricorrente Avvocato T.S. risulta rappresentato e difeso dall’Avvocato Manuela Traldi - che ha sottoscritto il ricorso - giusta procura in calce al presente atto . Sennonché, l’unica procura presente in atti - non recando il ricorso depositato alcuna procura in calce allo stesso - è la procura generale alle liti rilasciata in data 9 aprile 2013, autenticata dal notaio G.L. , con cui l’Avvocato T.S. ha costituito e nominato proprio procuratore generale alle liti l’Avvocato Manuela Traldi affinché lo rappresenti, assista e difenda in tutte le controversie giudiziali e stragiudiziali, attive e passive, . in tutti i gradi di giurisdizione, e così in ogni lite davanti al Giudice di pace, ai Tribunali ed alle Corti d’appello, nonché ai Tribunali amministrativi, alle Commissioni tributarie provinciali e regionali ed ai Collegi speciali, agli Organi di giurisdizione speciale amministrativa ed ai Collegi arbitrali . In questo senso è anche l’attestazione rilasciata dalla cancelleria della Seconda sezione civile della Corte di cassazione in data 11 luglio 2019, con la quale, in esito all’esame del fascicolo prodotto dall’Avvocato Manuela Traldi, quale procuratore e domiciliatario dell’Avvocato T.S. , ricorrente, si certifica che la procura generale alle liti, prodotta all’atto dell’iscrizione del ricorso il 14 dicembre 2015, dall’Avv. T. e su cui è apposto il timbro del deposito presso la Cancelleria centrale di questa Corte di cassazione è datata 9 aprile 2013 è l’unica copia depositata non vi è altra procura in calce al ricorso trattasi di fotocopia non autentica è una fotocopia di procura rilasciata dall’Avv. T.S. all’Avv. Manuela Traldi con autentica di firma dell’Avv. G. notaio rep. in Roma del 9 aprile 2013 . Va quindi ribadito che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale al difensore iscritto nell’apposito albo, richiesta dall’art. 365 c.p.c., è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per cassazione contro una sentenza determinata, dovendo quindi essere rilasciata in epoca successiva alla pronunzia di questa Cass., Sez. II, 14 agosto 1997, n. 7611 Cass., Sez. III, 7 dicembre 2005, n. 27012 Cass., Sez. III, 16 dicembre 2005, n. 27724 Cass., Sez. III, 28 marzo 2006, n. 7084 Cass., Sez. U., 27 aprile 2018, n. 10266 . Nella specie si tratta invece di una procura generale, priva di qualsiasi carattere di specialità, rilasciata in data 9 aprile 2013, di gran lunga antecedente alla pubblicazione, il 19 marzo 2015, della sentenza impugnata per cassazione, alla quale necessariamente nessun riferimento poteva del resto farsi, atteso il momento temporale della formazione dell’atto. Il ricorso è quindi inammissibile, essendo stato proposto in forza di procura di carattere generale conferita con atto autenticato da notaio anteriormente alla sentenza impugnata e, pertanto, priva di ogni riferimento alla stessa e all’impugnazione da proporsi in cassazione. Non vale a impedire la declaratoria di inammissibilità il deposito in cancelleria, il 12 settembre 2019 e in esito all’udienza di discussione, ad opera dell’Avvocato Manuela Traldi, di un documento numerato pag. 47 intitolato Procura alle liti , firmato anche per autentica in data 24 novembre 2015, del seguente tenore Io sottoscritto Avv. T.S. nomino quale mio difensore e procuratore speciale l’Avv. Manuela Traldi . con studio in omissis , presso il quale eleggo domicilio ad ogni effetto di legge, conferendo alla stessa ogni più ampio potere e facoltà di legge con espresso mandato a proporre ricorso per la cassazione della sentenza n. 1821/15 pronunciata dalla Corte d’appello di Roma . Tale documento, infatti, è stato prodotto oltre il termine di cui all’art. 369 c.p.c. nè vi è tra gli atti di causa, in calce al ricorso depositato in cancelleria, l’originale della procura speciale di cui detto documento costituirebbe la copia. 4. - Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. 5. - Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Ministero controricorrente, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.