Il piccolo imprenditore non può mai essere ritenuto consumatore

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su una controversia in tema di risoluzione contrattuale avente ad oggetto il trasporto di una partita di vino, ribadisce che, ai fini della competenza territoriale, un piccolo imprenditore non può mai essere ritenuto consumatore.

Così con ordinanza n. 29033/19 depositata l’11 novembre. Il caso. L’imprenditore conveniva in giudizio la società di spedizioni chiedendo la risoluzione per inadempimento del contratto di trasporto avente ad oggetto la spedizione di una partita di vino prodotto dall’attore. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarava la propria incompetenza per territorio e negava all’attore la qualifica di consumatore, compensando le spese di lite. Soccombente dinanzi la Corte d’Appello di Napoli, l’attore ricorre per cassazione. Spese giudiziali. Con riferimento alla doglianza sulle spese di lite, la Cassazione ne afferma l’infondatezza e ribadisce il principio secondo cui nel giudizio ordinario di cognizione il giudice di merito, quando declina la competenza con l’ordinanza di cui all’art. 279, comma 1, c.p.c., deve provvedere sulle spese giudiziali, in quanto la decisione chiude il processo davanti a lui, considerato che il riferimento alla sentenza, contenuto nell’art. 91, comma 1, c.p.c., è da intendere nel senso di provvedimento che chiude il processo davanti al giudice che lo pronuncia . Piccolo imprenditore. Con la seconda doglianza, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 3 del codice del consumo da parte della Corte d'Appello, laddove quest'ultima ha riformato la statuizione del Tribunale con cui era stata negata l’applicabilità al caso di specie del foro del consumatore, compensando le spese e assumendo che vi fossero incertezze in giurisprudenza sulla possibilità di attribuire al piccolo imprenditore individuale la qualifica di consumatore. In particolare, il ricorrente afferma che vi sarebbe una una propensione delle corti di merito ad interpretare in maniera più estensiva la figura tipica del consumatore . Nel dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte di Cassazione afferma che nonostante la sopravvenuta sentenza della Consulta n. 77/18, la decisione dei giudici territoriali deve considerarsi legittima, occorre al massimo correggerne la motivazione poiché, essendo pacifico che il piccolo imprenditore non possa mai ritenersi un consumatore, nella specie non ricorrevano le gravi ed eccezionali ragioni che, secondo il testo dell’art. 92 c.p.c. risultante dalla pronuncia parziale di illegittimità costituzionale, giustificavano la compensazione. Per tutti questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso e dispone la rifusione in favore della società delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 giugno – 11 novembre 2019, n. 29033 Presidente De Stefano – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. C.G. , imprenditore individuale, convenne dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la società Arco Spedizioni s.p.a., avente sede legale a Monza, chiedendo la risoluzione per inadempimento, ex art. 1453 c.c., del contratto di trasporto stipulato con la società convenuta ed avente ad oggetto la spedizione di una partita di vino prodotto dall’attore. 2. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con ordinanza 12.7.2016 dichiarò la propria incompetenza per territorio, negando che all’attore potesse attribuirsi la qualifica di consumatore , e compensò le spese di lite. 3. L’ordinanza declinatoria della competenza venne impugnata dinanzi al Tribunale di Napoli dalla Arco Spedizioni, la quale chiese che le spese del grado fossero addossate esclusivamente all’attore. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 26 ottobre 2017 n. 4405, accolse il gravamet e condannò C.G. a rifondere alla Arco Spedizioni sia le spese del primo grado di giudizio, sia quelle d’appello. 4. La sentenza d’appello è impugnata per cassazione da Giuseppe Carusone con ricorso fondato su due motivi. La Arco Spedizioni ha resistito con controricorso illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 91 c.p.c. Sostiene che, essendosi il Tribunale pronunciato sulla questione della competenza con un provvedimento avente forma dell’ordinanza, non potesse provvedere sulle spese di lite. 1.2. Il motivo è manifestamente infondato, alla luce del principio già affermato da questa Corte secondo cui nel giudizio ordinario di cognizione il giudice di merito, quando declina la competenza con l’ordinanza di cui all’art. 279 c.p.c., comma 1, deve provvedere sulle spese giudiziali, in quanto la decisione chiude il processo davanti a lui, e considerato che il riferimento alla sentenza, contenuto nell’art. 91 c.p.c., comma 1, è da intendere nel senso di provvedimento che chiude il processo davanti al giudice che lo pronuncia. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 7010 del 17/03/2017, Rv. 643682 - 01 . 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 3 del codice del consumo d. lgs. 205/05 . Nell’illustrazione del motivo espone una tesi giuridica riassumibile come segue. In primo grado, l’attore aveva sostenuto che nella specie si applicasse il foro del consumatore. Il Tribunale aveva negato l’applicabilità al caso di specie del foro del consumatore, ma aveva compensato le spese, assumendo che vi fossero incertezze in giurisprudenza sulla possibilità di attribuire al piccolo imprenditore individuale la qualifica di consumatore . La Corte d’appello, riformando tale statuizione, aveva violato l’art. 3 del codice del consumo, dal momento che vi sarebbe una propensione delle corti di merito ad interpretare in maniera più estensiva la figura tipica del consumatore . Il presupposto implicito dell’intero motivo è che le incertezze giurisprudenziali sulla possibilità di qualificare il piccolo imprenditore come consumatore giustificavano la compensazione delle spese. 2.2. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la motivazione della Corte d’appello. Questa ha ritenuto che il Tribunale non potesse compensare le spese, perché non ricorreva alcuna delle ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, e questa ratio non è affatto censurata dal ricorrente. Vero è che la norma applicata dalla Corte d’appello è stata dichiarata illegittima da Corte Cost. 19 aprile 2018, n. 77, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le,spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni , e che tale decisione si applica retroattivamente ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 26275 del 14/12/2007, Rv. 600792 - 01 Sez. U, Sentenza n. 28545 del 02/12/2008, Rv. 605629 - 01, in motivazione . Tuttavia la sopravvenuta sentenza della Consulta non rende illegittima la decisione d’appello, ma impone unicamente di correggerne la motivazione, essendo comunque il dispositivo conforme a diritto ed infatti, essendo pacifico che il piccolo imprenditore non possa mai ritenersi un consumatore lo ammette lo stessa corte d’appello a p. 3 nello stesso senso, Cass. 31014/2018 , non ricorrevano nella specie le gravi ed eccezionali ragioni che, secondo il testo dell’art. 92 c.p.c. risultante dalla sopra ricordata pronuncia parziale di illegittimità costituzionale, giustificavano la compensazione. 3. Le spese del giudizio di sospensione dell’efficacia della sentenza d’appello. 3.1. Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. la società Arco Spedizioni ha domandato a questa Corte che, oltre le spese del giudizio di legittimità, fossero liquidate anche le spese del giudizio di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, proposto dall’odierno ricorrente dinanzi la Corte d’appello di Napoli, ex art. 373 c.p.c 3.2. L’istanza è inammissibile. La richiesta di liquidazione delle spese dovute ex art. 373 c.p.c., infatti, deve essere contenuta nel ricorso e non può essere avanzata per la prima volta nella memoria illustrativa, giacché questa modalità di proposizione della suddetta istanza impedisce alla controparte di replicare e viola, di conseguenza, il principio del contraddittorio, come già ritenuto da questa Corte Sez. 3 -, Ordinanza n. 24201 del 04/10/2018, Rv. 651132 - 01 . 4. Le spese. 4.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. 4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna C.G. alla rifusione in favore di Arco Spedizioni s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Giuseppe Carusone di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.