Povertà estrema in patria: niente protezione in Italia

Respinta la richiesta presentata da un cittadino nigeriano e finalizzata ad ottenere il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Irrilevante il richiamo da lui fatto alla difficile situazione socio-economica del Paese di origine, dove il 60% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà.

Lo spauracchio” della povertà estrema al rientro in patria non è sufficiente per spingere lo Stato italiano a riconoscere protezione allo straniero. A chiarirlo è la Cassazione, che hanno respinto definitivamente la richiesta di un permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata da un cittadino della Nigeria Cassazione, sentenza n. 23757/19, sez. I Civile, depositata il 24 settembre . Fame. A ritenere legittimo il no” dello Stato alla domanda di protezione presentata dallo straniero sono innanzitutto i giudici di Appello, precisando che l’estrema sua povertà, comune alla regione di provenienza , cioè la Nigeria, non può rappresentare una situazione di vulnerabilità idonea al riconoscimento di un ‘permesso’ per motivi umanitari . Il cittadino nigeriano decide però di portare la propria battaglia anche in Cassazione, ponendo in primo piano il diritto di ogni individuo ad un livello di vita dignitoso, inclusivo del diritto all’alimentazione e alla salute e, soprattutto, del diritto alla libertà dalla fame . E in questa ottica egli mette sul tavolo la difficile situazione socio-economica del Paese di provenienza, con circa il 60 per cento della popolazione al di sotto della soglia di povertà e connessi rischi per la sopravvivenza . Questo quadro drammatico non spinge però i giudici della Cassazione a modificare la prospettiva adottata in appello. Di conseguenza, viene confermato il no” all’ipotetica protezione per lo straniero. In sostanza, le situazioni di difficoltà, anche estrema, di carattere economico e sociale non sono sufficienti a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari , concludono i magistrati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 maggio – 24 settembre 2019, n. 23757 Presidente De Chiara – Relatore Scalia Fatti di causa 1. An. Mu. ricorre in cassazione con unico articolato motivo avverso la decisione in epigrafe indicata e deducendo la violazione dell'art. 32 del D.Lgs. n. 25/2008 e dell'art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286/1998 censura l'impugnata sentenza per avere la Corte di appello di Torino escluso che l'estrema sua povertà, comune alla regione di provenienza, integrasse una situazione di vulnerabilità idonea al riconoscimento di un permesso per motivi umanitari. 2. Resiste con controricorso l'Amministrazione intimata. 3. Con ordinanza interlocutoria, la sezione sesta, sottosezione prima, ha rimesso il processo all'odierna udienza pubblica l'Amministrazione ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ. Ragioni della decisione 1. Con unico articolato motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 5, comma 6, t.u. immigrazione, per avere ritenuto la Corte torinese che l'accertata estrema povertà dell'appellante, e della regione di sua provenienza, non integrasse le ragioni legittimanti il riconoscimento di un permesso per ragioni umanitarie. Invoca sul punto il ricorrente il diritto di ogni individuo ad un livello di vita dignitoso, inclusivo di quello all'alimentazione ed alla salute, ed il diritto dalla libertà dalla fame ex art. 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali di New York del 16 dicembre 1996, facendo valere, a sostegno, le caratteristiche socio-economiche della Nigeria, Paese con circa centottanta milioni di abitanti per oltre il 60% al di sotto della soglia di povertà e con rischio per la loro stessa sopravvivenza. Nell'impugnata sentenza sarebbe stato violato l'art. 32, comma 3-bis, D.Lgs. n. 25/2008 che, espressamente, impone una valutazione ad personam in ordine alla sussistenza di ragioni umanitarie. 2. Il motivo di ricorso è infondato. Il ricorrente reitera invero dinanzi a questa Corte di legittimità le ragioni che hanno condotto i giudici di appello a motivatamente rigettare l'impugnazione dinanzi a loro proposta, facendo valere la tutelabilità, attraverso l'azionato strumento della protezione per ragioni umanitarie, di un diritto dalla libertà dalla fame , integrato dalla condizione di estrema povertà propria e della regione di provenienza. La Corte di merito ha ritenuto l'insussistenza di condizioni di vulnerabilità legate a fattori soggettivi o desumibili dalle condizioni politico-sociali del paese di origine in ragione di un puntuale ed autonomo esame, escludendo che l'azionata pretesa fosse riconducibile al catalogo aperto della protezione umanitaria. La decisione è pertanto conforme all'orientamento di questa Corte, secondo cui le situazioni di difficoltà, anche estrema, di carattere economico e sociale, non sono sufficienti in se stesse, in assenza di specifiche condizioni di vulnerabilità, a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari cfr. Cass. 07/02/2019 n. 3681 . 3. Il ricorso va quindi rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali in favore dell'Amministrazione costituitasi nella misura di Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. 4. Deve darsi atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, stante la prenotazione a debito in ragione dell'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato Cass. 22/03/2017 n. 7368 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all'Amministrazione le spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.