Il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo costituisce il dies a quo ai fini della riassunzione del processo…

Il termine perentorio di un anno per la riassunzione del processo decorre in ogni caso dalla data dell’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, anche nel caso in cui essa sia nulla a causa della mancata comunicazione del rinvio dell’udienza alle parti ex art. 181 c.p.c

Questo il contenuto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 23720/19, depositata il 24 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Napoli dichiarava estinto il giudizio vertente sull’opposizione alla stima proposta dagli attuali ricorrenti, poiché rilevava il decorso di oltre un anno tra la data del provvedimento di cancellazione e quella del deposito dell’istanza di riassunzione, ritenendo irrilevanti le doglianze degli istanti in relazione all’asserita nullità del provvedimento di cancellazione a causa della mancata comunicazione delle date delle udienze di rinvio. I ricorrenti impugnano tale provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, ponendo l’accento sulla mancata comunicazione di cui sopra, la quale avrebbe avuto delle ripercussioni sul loro diritto di difesa, ritenendo inoltre che il Giudice non avrebbe potuto pronunciare l’estinzione del processo in considerazione della loro contraria manifestazione di volontà in tal senso. Riassunzione della causa. La Suprema Corte dichiara infondate le doglianze dei ricorrenti, richiamando l’orientamento giurisprudenziale in base al quale il termine perentorio di un anno ai fini della riassunzione del processo ex art. 307 c.p.c. dopo la cancellazione della causa dal ruolo termine ora di tre mesi, a seguito dell’introduzione dell’art. 46, l. n. 69/2009 decorre dalla data dell’ordinanza di cancellazione, anche qualora essa sia nulla a causa della mancata comunicazione del rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 181 c.p.c. Gli Ermellini evidenziano, infatti, che la parte esercita il suo potere di iniziativa per dare un nuovo impulso al processo quiescente, non essendo per questo necessario che l’ordinanza di cancellazione sia comunicata alle parti, essendo onere della parte interessata, costituita in giudizio, quello di vigilare nonché di attivarsi per acquisire notizia delle vicende processuali ad essa relative, nell’ambito di un più ampio dovere di diligenza e di attivazione nello svolgimento delle attività processuali. Ciò posto, la Corte di Cassazione rileva che il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo rappresenta il dies a quo dal quale decorre il termine perentorio ai fini della riassunzione, a prescindere dalla sua legittimità o validità, con la conseguenza che in caso di riassunzione tardiva il giudice dovrà dichiarare l’estinzione del processo, considerata l’impossibilità di sindacare la legittimità del provvedimento. Alla luce di quanto esposto, risulta irrilevante la questione proposta dai ricorrenti relativa alla ritualità delle comunicazioni effettuate. Per questi motivi, gli Ermellini rigettano il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 28 marzo – 24 settembre 2019, n. 23720 Presidente Sambito – Relatore Parise Fatti di causa 1. Con sentenza n. 1989/2014 emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., all’udienza del 7-5-2014, la Corte d’Appello di Napoli, pronunciando in unico grado sull’opposizione alla stima proposta dagli attuali ricorrenti, dichiarava estinto il giudizio, compensando le spese di lite. La Corte d’appello, rilevato il decorso di oltre un anno tra la data del provvedimento di cancellazione 9-5-2012 e quella di deposito dell’istanza di riassunzione 29-10-2013 , riteneva irrilevanti le doglianze degli istanti circa l’asserita nullità del provvedimento di cancellazione per mancata rituale comunicazione delle date delle udienze di rinvio ai sensi dell’art. 309 c.p.c., richiamando la giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 10796/2003 . 2. Avverso questa sentenza, L.B. , in qualità di unico erede di R.C. , R.R. , V.R.M. , V.R. , F.P. , F.A. , Fu.Pa. e F.R. propongono ricorso affidato a due motivi, resistiti con controricorso da R.F.I. - Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., subentrata a seguito di fusione per incorporazione a T.A.V. s.p.a., e da Consorzio IRICAV UNO. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano Error in procedendo - Omessa e/o ingiusta valutazione dei motivi relativi alla errata estinzione del giudizio - Nullità del procedimento e della sentenza art. 360 c.p.c., n. 4 . Ad avviso dei ricorrenti in maniera assai semplicistica la Corte, d’appello ha statuito l’estinzione del procedimento in quanto l’istanza di riassunzione era stata proposta dopo oltre un anno dal provvedimento di cancellazione del 9 maggio 2012. Ai ricorrenti non era stata data comunicazione relativa all’udienza dell’1-2-2012, nè della seconda udienza ex art. 309 c.p.c., del 9 maggio 2012, al termine della quale il giudizio veniva cancellato dal ruolo. Dall’esame dei biglietti di cancelleria relativi alle suddette udienze risultava che le comunicazioni non erano andate a buon fine data l’irreperibilità del procuratore costituito per gli istanti, avv. Michele Dulvi Corcione. Il diritto alla comunicazione ai sensi dell’art. 181 c.p.c., comma 1, era stato leso ed era inesistente la notifica effettuata presso il domicilio dichiarato nel giudizio con esito negativo per irreperibilità del procuratore perché trasferito, in base all’orientamento giurisprudenziale richiamato in ricorso Cass. n. 22329/2011 n. 7358/2010 n. 14487/2007 . Denunciano i ricorrenti la lesione del diritto alla parità tra le parti, nonché del diritto all’instaurazione e conservazione di un contraddittorio integro, con gravi ripercussioni sul loro diritto di difesa. I ricorrenti assumono inoltre che la Corte d’appello non avrebbe potuto dichiarare estinto il giudizio, difettando l’inequivoca manifestazione di volontà dei ricorrenti stessi diretta ad estinguere il processo. Le violazioni denunciate hanno determinato, ad avviso dei ricorrenti, la nullità del procedimento e della sentenza impugnata. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano Error in judicando - Nullità del procedimento e della sentenza art. 360 c.p.c., n. 4 - Deviazione del procedimento legale prescritto dal legislatore . Affermano i ricorrenti che in data 9-1-2010 alle ore 11.45 il loro difensore in allora costituito aveva trasmesso a mezzo fax alla cancelleria della Corte d’appello la comunicazione del nuovo domicilio del medesimo e detta comunicazione era stata totalmente ignorata. Richiamando giurisprudenza di merito Trib. Torino sent. n. 2723/2013 e di legittimità Cass. n. 14935/2012 , assumono che il difensore non abbia alcun obbligo di comunicare nel corso del giudizio il trasferimento del proprio studio, dovendosi dare rilievo al cd. domicilio reale. Sostengono che l’orientamento di legittimità citato nella sentenza appellata Cass. n. 10796/2003 sia superato da un più recente indirizzo Cass. n. 6048/2013 , in base al quale si valorizzano i principi costituzionali e dell’ordinamento Europeo volti a tutelare l’effettivo diritto di difesa e del contraddittorio delle parti. Ad avviso dei ricorrenti è errato il riferimento di cui alla sentenza impugnata al dovere di attivazione e di diligenza della parte costituita e ne consegue la nullità del procedimento per omessa valutazione degli atti. 3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati. 3.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato, con un orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, che il termine perentorio di un anno per la riassunzione della causa ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 1, a seguito della cancellazione della causa dal ruolo - termine divenuto di tre mesi a seguito della modifica di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, non applicabile ratione temporis nella fattispecie in esame - decorre in ogni caso dalla data dell’ordinanza di cancellazione, anche se essa sia nulla per mancata comunicazione del rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 181 c.p.c Nel caso della riassunzione del processo, infatti, il potere di iniziativa della parte viene esercitato non già per introdurre un giudizio di secondo grado, o comunque di riesame di una decisione già emessa, bensì per dare nuovo impulso al processo quiescente, e per tale ragione non è previsto che l’ordinanza di cancellazione sia comunicata alle parti ed è posto, pertanto, a carico della parte interessata, costituita in giudizio, nell’ambito del più generale dovere di diligenza e di attivazione nello svolgimento delle attività processuali, l’onere di vigilare e di attivarsi per acquisire presso la cancelleria notizia delle vicende processuali che la riguardano Cass. 9 luglio 2003, n. 10796 Cass. ord. 30 dicembre 2011, n. 30432 e da ultimo Cass. n. 12234/2015 . In base a tale principio, che si riferisce alla disciplina processuale di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c., nel testo anteriore a quello introdotto dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 50, convertito, con modifiche, nella L. 6 agosto 2008, n. 133 - il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, anche se illegittimo od invalido, costituisce il dies a quo dal quale decorre il termine perentorio annuale per la riassunzione del procedimento, con la conseguenza che, in caso di riassunzione tardiva, il giudice deve dichiarare l’estinzione del procedimento, non potendo sindacare la legittimità del provvedimento di cancellazione. Alla stregua delle considerazioni che precedono diventa irrilevante la questione della ritualità della comunicazione del cambio di domicilio, oggetto del secondo motivo di gravame. 4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore di ciascuna parte controricorrente, come in dispositivo. 5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in Euro 3.000 per compensi e Euro200 per esborsi, oltre accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.