Qual è il valore della controversia se il debitore convenuto adempie nelle more del procedimento?

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, laddove nel corso del processo si verifichi una riduzione della somma contesa a seguito di un adempimento ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, il giudice, su richiesta dalla parte interessata, terrà conto del disputatum, ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa inizialmente richiesta nell’atto introduttivo del giudizio.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22462/19, depositata il 9 settembre. Il caso. Una società conveniva in giudizio un cliente per il pagamento di una somma di denaro quale corrispettivo della fornitura di merce. Il giudizio veniva interrotto per mancata costituzione di entrambe le parti. In sede di riassunzione la società dava atto dell’avvenuto pagamento da parte del convenuto che però si costituiva in giudizio contestando parte del credito vantato. Il Tribunale accoglieva la domanda creditoria relativa al residuo della somma. La società ha proposto appello dolendosi per aver il giudice di prime cure liquidato le spese di lite avendo riguardo all’importo richiesto nell’atto di riassunzione del giudizio anziché con riferimento alla domanda originaria, successivamente ridotta per l’avvenuto pagamento parziale della somma contesa. La Corte ha rigettato il gravame. La società ha proposto ricorso dinanzi alla Suprema Corte. Valore della controversia e liquidazione delle spese. Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia deve essere fissato, in virtù del principio generale di proporzionalità e adeguatezza dell’onorario dell’avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, sulla base del criterio del disputatum ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio , tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione criterio del decisum , salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel quale caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del disputatum , ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa . Non può inoltre assumere alcuna rilevanza il fatto che tale parziale pagamento sia stato eseguito tra la notifica della citazione la riassunzione del giudizio a seguito della mancata costituzione di entrambe le parti. Il giudizio resta infatti in quel caso pendente, sia pur in stato di quiescenza, posto che come prescrive l’art. 307, comma 1 e 2, c.p.c. si estingue solo se non riassunto nel termine di 3 mesi oppure, una volta riassunto, nessuna parte si costituisca. In conclusione, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 giugno – 9 settembre 2019, n. 22462 Presidente Scalisi – Relatore Dongiacomo Fatti di causa La Pfizer Italia s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma, C.A. per sentirlo condannare al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 8.676.02, di cui Euro 8.328,21 per sorte ed Euro 347,81 per interessi, quale corrispettivo di una fornitura di merce. Riassunto il giudizio a seguito della mancata costituzione di entrambe le parti, Pfizer Italia ha dato atto dell’avvenuto pagamento, ad opera del convenuto, della somma di Euro 8.328,21, accettato dall’attrice in conto del maggior avere ed imputata, a norma dell’art. 1194 c.c., ad interessi e spese. Il convenuto si è costituito in giudizio contestando parte del credito vantato. Il tribunale, con sentenza del 14/2/2013, ha ritenuto che la domanda fosse fondata relativamente alla richiesta di pagamento della residua somma di Euro 605,19, oltre interessi al tasso di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5, ed ha, quindi, condannato il convenuto al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 605,19, oltre interessi. Il tribunale ha posto a carico del convenuto le spese del giudizio, che ha liquidato in relazione all’importo della domanda così come domandato nell’atto di riassunzione del giudizio. La Pfizer Italia ha proposto appello lamentando, per quanto ancora d’interesse, che il tribunale aveva liquidato le spese di lite nella misura di Euro 100,00 per anticipazioni ed Euro 400,00 per competenze ed onorari avendo riguardo all’importo richiesto nell’atto di riassunzione del giudizio, laddove, invece, avrebbe dovuto liquidarle con riferimento alla domanda originariamente proposta e,successivamente,ridotta in conseguenza del tardivo pagamento della sorte da parte del convenuto. Secondo la società appellante, in definitiva, il tribunale avrebbe, erroneamente liquidato le spese in relazione al decisum e non al petitum. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha, sul punto, rigettato l’appello dichiarando irripetibili le spese del grado nei confronti dell’appellato. La corte, in particolare, ha ritenuto di condividere il principio per cui, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio, e cioè del disputatum, tenendo conto, però, che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione, salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice convenuta in giudizio in tal caso il giudice deve tener conto del disputatum ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa. Tale principio, tuttavia, ha osservato la corte, non può trovare applicazione nel caso di specie poiché il pagamento da parte del debitore è stato eseguito non nel corso del giudizio ma successivamente alla cancellazione della causa dal ruolo per effetto della mancata costituzione di entrambe le parti e nelle more della sua riassunzione da parte della Pfizer la quale, in quell’occasione, ha concluso per la condanna al pagamento soltanto della somma residua. Il provvedimento che dispone la cancellazione della causa dal ruolo, infatti, ha aggiunto la corte, non possiede natura ed effetti decisori e non è soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze per cui non vi è alcuno spazio per liquidare le spese in favore di taluna delle parti in ossequio alla regola della soccombenza virtuale. L’attore in riassunzione, quindi, ha concluso la corte, pur se infine vittorioso, non può pretendere le spese per la fase pregressa nè, tanto meno, vedersele liquidate nella misura della domanda originariamente proposta e poi ridotta per essere, nelle more, intervenuto un parziale pagamento da parte del convenuto ed essendo stato il giudizio riattivato solo nei limiti dell’importo residuo ancora dovuto. La Pfizer Italia s.r.l., con ricorso notificato il 18.19/10/2017, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello. C.A. è rimasto intimato. Ragioni della decisione 1.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 5 e 10 c.p.c. e dell’art. 125 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che gli esborsi e i compensi del giudizio di primo grado dovevano essere determinati non già con riferimento all’importo richiesto nell’atto di citazione ma con riferimento al minor importo richiesto, in conseguenza del parziale e tardivo versamento effettuato nelle more dalla parte convenuta, nella comparsa di riassunzione. 1.2. Così facendo, tuttavia, ha osservato la ricorrente, la corte non ha considerato che, in realtà, come emerge dall’art. 125 disp. att. c.p.c., l’atto di riassunzione non introduce un nuovo procedimento, ma esplica esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che tale atto non deve necessariamente riproporre tutte le pretese in precedenza avanzate dalla parte, dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari, che le stesse siano mantenute ferme ancorché non trascritte. 1.3. Nè, ha aggiunto la ricorrente, è corretta l’affermazione della corte secondo la quale il pagamento da parte del debitore era intervenuto non nel corso del giudizio ma successivamente aVa cancellazione della causa dal ruolo innanzitutto, perché alla data del pagamento il giudizio era pendente, sia pure in una fase di quiescenza in secondo luogo, perché, a tale data, il giudizio non era ancora iscritto al ruolo, per cui nessuno avrebbe potuto emettere il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, che, in effetti, non è mai esistito. 1.4. L’oggetto del giudizio, quindi, ha concluso la ricorrente, era solo ed esclusivamente la domanda proposta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio medesimo, tanto più che il convenuto, costituendosi, aveva contestato la domanda attrice. 2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha fondato la propria decisione su una motivazione inesistente o incomprensibile, essendo difficile comprendere dove la corte abbia individuato il riferito provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo. 3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui, a fronte delle argomentazioni che precedono, la corte d’appello ha statuito l’irripetibilità delle spese del secondo grado di giudizio. 4.1. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo. Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, infatti, il valore della controversia va fissato, in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, sulla base del criterio del disputatum ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio , tenendo però conto che, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, il giudice deve considerare il contenuto effettivo della sua decisione criterio del decisum , salvo che la riduzione della somma attribuita non consegua ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio, nel quale caso il giudice, richiestone dalla parte interessata, terrà conto non di meno del disputatum, ove riconosca la fondatezza dell’intera pretesa Cass. SU n. 19014 del 2007 . 4.2. Nè rileva il fatto che tale pagamento parziale sia stato eseguito tra la notifica della citazione e la riassunzione del giudizio a seguito della mancata costituzione di entrambe le parti. In tal caso, infatti, il giudizio, come si evince dall’art. 171 c.p.c., comma 1, e art. 307 c.p.c., comma 1, resta pendente, sia pur in uno stato di quiescenza, tant’è che, a norma dell’art. 307 c.p.c., comma 1, in fine, e comma 2, si estingue solo se non è riassunto nel termine di tre mesi ovvero, una volta riassunto, nessuna parte si sia costituita. 5. Il ricorso, in relazione a quanto sopra esposto, dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, anche ai fini delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte così provvede accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma, anche ai fini delle spese del presente giudizio.