Il termine di impugnazione della sentenza di interdizione non è soggetto alla sospensione dei termini feriali

In tema di sospensione feriale dei termini processuali, il carattere di eccezionalità della norma di cui all’art. 3 l. n. 742/1969, che pone una precisa deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale, comporta non solo che non possa esserne estesa l’applicazione a tipologie di controversie diverse da quelle espressamente richiamate, ma anche che le categorie sottratte all’operatività della regola generale della sospensione dei termini durante il periodo feriale deve essere ristretta ai soli casi in cui la sua ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti come avviene per i procedimenti che dispongono l’apertura o la chiusura dell’amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 18015 depositata il 4 luglio 2019. Il fatto. Due soggetti proponevano ricorso per cassazione nei confronti del tutore del familiare interdetto, nonché del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello territorialmente competente avverso la sentenza con cui la predetta Corte aveva dichiarato inammissibile per tardività l’appello dagli stessi proposto avverso la sentenza emessa dal locale Tribunale dichiarativa della menzionata interdizione. I resistenti resistono entrambi con controricorso. Gli Ermellini, hanno ritenuto manifestamente infondato il primo dei motivi di ricorso proposto dai ricorrenti con il quale lamentavano violazione e/o falsa applicazione di norme di legge e del codice di rito. In particolare, la difesa di parte ricorrente riteneva che il riferimento della norma di cui all’art. 92 dell’ordinamento giudiziario Durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello e i tribunali ordinari trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa, ai procedimenti cautelari, ai procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di interdizione” avrebbe dovuto essere riferito alla sola fase processuale antecedente la pronuncia della sentenza di interdizione giacché dopo l’emanazione della sentenza la ritardata trattazione non produce alcun pregiudizio”. Secondo i giudici di legittimità, la summenzionata tesi è destituita di fondamento sia sul piano letterale che su quello della ratio nello specifico, prosegue il collegio, sul piano letterale la norma accomuna una pluralità di cause civili relative”, tra le quali quelli di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione e alla revoca dei fallimenti”, nei cui riguardi la sospensione non si applica senza alcuna limitazione o distinzione fra le varie fasi e gradi del giudizio. Sul piano della ratio poi si risolve in una mera petizione di principio l’affermazione dei ricorrenti secondo cui l’esigenza di celerità che presiede alla disciplina dell’esclusione della sospensione feriale verrebbe meno con la pronuncia della sentenza di interdizione pronunciata dal Tribunale, giacché, al contrario, l’urgenza di verifica della sussistenza delle condizioni richieste per l’interdizione permane anche dopo la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda, tanto più che detta sentenza è destinata a produrre effetti erga omnes dal momento della sua pubblicazione, ex art. 421 c.c., in deroga alla regola generale secondo cui le pronunce costitutive, quali quella di interdizione producono effetto soltanto dal momento del loro passaggio in giudicato. Concludendo. Sulla scorta di tali principi, pertanto, i giudici concludono affermando che con riferimento, tra l’altro, alle cause relative ai procedimenti di amministrazione di sostegno, l’eccezione alla regola generale della sospensione dei termini durante il periodo feriale deve essere ristretta ai soli casi in cui la sua ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti, come e senza pretesa di esaustività avviene per i provvedimenti che dispongano l’apertura o la chiusura dell’amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione, non anche ai provvedimenti a carattere gestorio come ad esempio, quello in tema di rimozione e sostituzione ad opera del giudice tutelare di un amministratore di sostegno.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 8 gennaio – 4 luglio 2019, n. 18015 Presidente Di Virgilio – Relatore Di Marzio Rilevato che 1. - G.G. e N.C. propongono ricorso per cassazione per tre mezzi, nei confronti di D.S.M.C. , G.S. e M.A. , quale tutore dell’interdetto G.M. , nonché del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Roma e presso la Corte di cassazione, contro la sentenza del 14 giugno 2017 con cui detta Corte d’appello ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello da essi proposto avverso la sentenza del locale Tribunale dichiarativa della menzionata interdizione. 2. - D.S.M.C. e G. Simonetta resistono con controricorso illustrato da memoria. Gli altri intimati non spiegano difese. Considerato che 3. - Il ricorso contiene tre motivi volti a denunciare a violazione e falsa applicazione della L. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 3 e del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto la tardività del proposto appello in ragione dell’inapplicabilità della sospensione feriale all’impugnazione contro la sentenza dichiarativa dell’interdizione b violazione e falsa applicazione degli artt. 404 e 414 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dal momento che l’interdetto avrebbe conservato integre le proprie funzioni cognitive c violazione e falsa applicazione degli artt. 404 e 414 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nuovamente per essere stata pronunciata l’interdizione. Ritenuto che 4. - Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata. 5. - Il ricorso è manifestamente infondato. 5.1. È manifestamente infondato il primo motivo. La L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, reca la generale previsione di sospensione dei termini nel periodo feriale. La stessa legge, successivo art. 3, soggiunge che In materia civile, l’art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell’ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, nonché alle controversie previste dagli artt. 429 e 459 . L’ordinamento giudiziario, art. 92, cui la norma rinvia, è così formulato Durante il periodo feriale del magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa, ai procedimenti cautelari, ai procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione, ai procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di sfratto e di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti . La tesi dei ricorrenti si compendia in ciò, che il riferimento della norma ai procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di interdizione dovrebbe essere riferito alla sola fase processuale antecedente la pronuncia della sentenza di interdizione giacché dopo l’emanazione della sentenza la ritardata trattazione non produce alcun pregiudizio . La tesi è destituita di fondamento sia sul piano letterale che su quello della ratio - sul piano letterale, difatti, la norma accomuna una pluralità di cause civili relative , tra le quali quelli di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti , nei cui riguardi la sospensione non si applica senza alcuna limitazione o distinzione fra le varie fasi e gradi del giudizio v. p. es. per le cause inerenti alla dichiarazione e revoca fallimento, Cass. 15 gennaio 2016, n. 622 Cass. 24 maggio 2010, n. 12625 Cass. 19 giugno 2003, n. 9807 Cass. 21 marzo 1995, n. 3252 per le opposizioni esecutive Cass. 16 luglio 2015, n. 14972 un diverso orientamento, come è noto, si applica al procedimento per convalida di sfratto v. p. es. tra le tante Cass. 27 maggio 2010, n. 12979 , ma tale orientamento si giustifica in ragione della peculiarità del procedimento per convalida, articolato in due fasi rigidamente separate, la prima delle quali destinata a concludersi alternativamente con la pronuncia dell’ordinanza di convalida di licenza o sfratto, idonea al giudicato, ovvero, eventualmente, con l’ordinanza provvisoria di rilascio di cui all’art. 665 c.p.c., anch’essa dotata di una del tutto particolare stabilità - sul piano della ratio, poi, si risolve in una mera petizione di principio l’affermazione dei ricorrenti secondo cui l’esigenza di celerità che presiede alla disciplina dell’esclusione della sospensione feriale verrebbe meno con la pronuncia della sentenza di interdizione pronunciata dal Tribunale, giacché, al contrario, l’urgenza di verifica della sussistenza delle condizioni richieste per l’interdizione permane anche dopo la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda, tanto più che detta sentenza è destinata a produrre effetti erga omnes dal momento della pubblicazione, ex art. 421 c.c., in deroga alla regola generale secondo cui le pronunce costitutive, quale quella di interdizione, producono effetto soltanto dal momento del passaggio in giudicato. Questa Corte, del resto, ha già avuto modo di pronunciarsi, sia pur incidentalmente, per l’esclusione dell’applicabilità della sospensione feriale al termine di impugnazione della sentenza di interdizione. È stato difatti affermato che In tema di sospensione feriale dei termini processuali, il carattere di eccezionalità della norma della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3, che, per i procedimenti indicati nell’ord. giud., art. 92, pone una precisa deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale, comporta non solo che non possa esserne estesa l’applicazione a tipologie di controversie diverse da quelle espressamente richiamate Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1800 del 1990 ma anche che le categorie sempre più numerose sottratte all’operatività della regola generale vadano intese con rigorosa interpretazione. Con riferimento alle cause relative ai procedimenti di amministrazione di sostegno, l’eccezione alla regola generale della sospensione dei termini durante il periodo feriale deve essere ristretta ai soli casi in cui la sua ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti, come e senza pretesa di esaustività avviene per i provvedimenti che dispongono l’apertura o la chiusura dell’amministrazione, di contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione ed inabilitazione a norma degli artt. 712 c.c., e ss., espressamente richiamati dall’art. 720-bis, comma 1 , non anche ai provvedimenti a carattere gestorio come, ad esempio, quello in tema di rimozione e sostituzione ad opera del giudice tutelare di un amministratore di sostegno Cass. 13 gennaio 2017, n. 784 . Non sono inoltre richiamati a proposito, a conforto della tesi sostenuta nel motivo, gli artt. 3 e 24 Cost. quanto all’art. 3, non è dato comprendere quale sarebbe il tertium comparationis quanto all’art. 24, è agevole osservare che l’esclusione della sospensione non pregiudica affatto il diritto di azione, ma impone semplicemente all’avvocato lo sforzo di diligenza non più che ordinario consistente nel documentarsi sul dato normativo, così da comportarsi di conseguenza. 5.2. - Sono inammissibili il secondo ed il terzo motivo, che in effetti non hanno nulla a che vedere con la sentenza impugnata e si rivolgono piuttosto contro la sentenza del Tribunale che ha pronunciato l’interdizione. 6. - Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. 7. - Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di D.S.M.C. e G.S. , delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.