Manca la banchina? La strada non è “di scorrimento” e l’autovelox fisso non può essere installato

Il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità, senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dall'art. 4 d.l. 20 giugno 2002, n. 121, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all'art. 2, commi 2 e 3, c.d.s. 1992, e non altre, dovendo perciò, considerarsi illegittimo - e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa - il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l'installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche minime della strada urbana di scorrimento, in base alla definizione recata dal comma 2, lettera d , del citato articolo 2 c.d.s

Questo il principio di diritto proclamato dalla II Sezione Civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 16622/19, depositata il 20 giugno. La vicenda. Il Tribunale, ribaltando la sentenza già resa dal Giudice di Pace, rigettava l'opposizione proposta da un uomo avverso il verbale di accertamento elevato dalla Polizia Municipale di un Comune per l’infrazione di cui all’art. 142, comma 8, codice della strada, per avere circolato col proprio mezzo oltrepassando il limite di 50 chilometri orari vigente sulla strada interessata. Lo stesso Tribunale accoglieva il gravame, proposto dal Comune, ritenendo che la qualificazione della strada come di scorrimento”, fosse corretta, possedendone le caratteristiche strutturali per l'effetto, il posizionamento dell’autovelox fisso, come pure la contestazione differita dell'accertamento dell'infrazione, dovevano considerarsi in linea con le disposizioni di legge. L’uomo adisce presso la Corte di Cassazione, che accoglie parzialmente il ricorso, rinviando, per un nuovo esame della controversia, al giudice di merito. Le caratteristiche minime della strada urbana di scorrimento. Il Collegio di legittimità condivide le censure formulate dall’uomo in ordine all’individuazione delle caratteristiche necessarie per la qualificazione di una strada come urbana di scorrimento” nella finalità dell’installazione dell’autovelox fisso senza l’obbligo di contestazione immediata delle infrazioni stradali. Il collegio, per l'individuazione dei requisiti che un percorso deve presentare ai sensi dell’art. 4 d.l. n. 121/2002, rinvia alla precedente pronuncia n. 4451/19, peraltro conforme alla n. 4090/19, al contempo osservando che l’utilizzazione degli autovelox nei centri urbani è consentita unicamente attraverso le postazioni mobili e alla presenza degli agenti accertatori, mentre le postazioni fisse possono considerarsi lecitamente installate soltanto sulle strade urbane di scorrimento, e previa autorizzazione da parte del Prefetto. La regola generale della contestazione immediata. L’articolato del codice della strada risulta improntato al generale dettame della contestazione immediata delle violazioni stradali, ammettendo la contestazione differita solo quando la strada presenti talune caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l’arresto del veicolo al fine di contestare la violazione. L'art. 201, comma 1- bis , più in particolare, ammette la facoltà di procedere alla contestazione non immediata della violazione stradale attraverso la postazione di un autovelox solo sulle autostrade, strade extraurbane principali, strade extraurbane secondarie, strade urbane di scorrimento, al contempo delineando le caratteristiche minime” che ognuna delle elencate tipologie di strade deve presentare al fine di potersi qualificare come tali. La banchina. Nel caso di specie il Tribunale aveva erroneamente valutato la sussistenza di una banchina in senso proprio, la quale costituisce un requisito fondamentale per la configurazione di una strada come urbana di scorrimento”. Lo stesso giudice di merito aveva elaborato un concetto di banchina non corrispondente a quello normativo per banchina deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, ma esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni ovvero alla sosta di emergenza. Consegue che, essendo la banchina pavimentata elemento comune alle autostrade, alle strade extraurbane, nonché alle strade urbane di scorrimento, la stessa va identificata con uno spazio avente tali attitudini e, di conseguenza, oltre a dover restare libero da ingombri, deve presentare una larghezza tale da consentire l’assolvimento delle predette funzioni, altresì tenuto conto che la strada urbana di scorrimento è caratterizzata da un intenso flusso stradale veicolare e per la quale si profila la necessità di garantire l’esistenza di fasce laterali ove poter effettuare una sosta di emergenza e un transito pedonale. Il Collegio precisa, quindi, che la banchina appartiene alla struttura della strada e la sua utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, poiché anch’essa, in assenza di specifica segnalazione contraria, e perfino se non pavimentata, deve suscitare negli utenti un affidamento di consistenza e sicura transitabilità. Quella che era stata identificata quale banchina” sulla strada interessata, era tuttavia un’area di ridottissima larghezza, tale da non potersi considerare idonea a svolgere le funzioni summenzionate e, più in generale, non aveva rispondenza rispetto alle peculiarità imposte dal Codice della Strada. Difettando un elemento essenziale per la qualificazione della strada urbana come di scorrimento”, ne è conseguito che il tratto veicolare interessato non poteva definirsi tale. La disapplicazione del provvedimento prefettizio. In definitiva, il Collegio di Ermellini, sulla scia dell’orientamento risalente e già consolidato sul punto si vedano Corte di Cassazione n. 7872/11 e n. 5532/17 , nell’annullare la pronuncia impugnata, rinviando al Tribunale monocratico, in persona di differente magistrato, ha precisato il principio di diritto applicabile al caso di specie il provvedimento col quale il Prefetto individua le strade ove è possibile installare autovelox senza obbligo di fermo immediato del guidatore, può includere solamente le tipologie di strade previste dalla disciplina stradale, per l’effetto è illegittimo e disapplicabile, in sede di giudizio ad opposizione a sanzione amministrativa, lo stesso provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione di autovelox lungo una strada urbana che non presenti le caratteristiche minime della strada urbana di scorrimento”, ex art. 2, comma 2, lett. d , c.d.s

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 aprile – 20 giugno 2019, n. 16622 Presidente Campanile – Relatore Carrato Rilevato in fatto Con sentenza adottata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., e pubblicata in data 17 dicembre 2014, il Tribunale di Firenze, in totale riforma della sentenza del Giudice di pace di Firenze n. 3769/2012, rigettava l’opposizione proposta da M.P. avverso il verbale di accertamento n. 511143 del 15 febbraio 2012 elevato dalla Polizia municipale di Firenze in ordine alla violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, per aver circolato con il proprio veicolo in viale alla velocità di 76 km/h ridotta a 71 km/h, per il computo della prescritta tolleranza , in violazione del limite di 50 km/h vigente su quel tratto di strada. A fondamento dell’adottata decisione il Tribunale fiorentino, nell’accogliere il gravame del Comune di Firenze, riteneva, in particolare, che la qualificazione del viale come strada di scorrimento era corretta, avendone le caratteristiche strutturali, con la conseguenza che il posizionamento di un autovelox fisso e la contestazione differita dell’accertamento della violazione in questione si sarebbero dovuto considerare legittimi. Considerato in diritto 1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione M.P. , riferito a tre motivi. L’intimato Comune di Firenze si è costituito con controricorso. In un primo momento, per la trattazione e la definizione del ricorso era stato scelto di procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., ma, all’esito della svolta adunanza in camera di consiglio, il collegio ravvisava l’opportunità di rimettere la trattazione e la discussione del ricorso alla pubblica udienza, in prossimità della quale i difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c 2. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto - in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 434 e 436 bis c.p.c., con riferimento al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, avuto riguardo alla mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello proposto dal Comune di Firenze, sull’assunto che lo stesso non poteva considerarsi rispondente ai requisiti prescritti dalle suddette norme del codice di rito civile. 3. Con la seconda censura il ricorrente ha denunciato - ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., in ordine all’asserita violazione del principio di disponibilità delle prove con riferimento all’accertamento di tutte le caratteristiche della strada - sulla quale era stata rilevata la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, a mezzo apparecchiatura elettronica - denominata omissis ubicata nel Comune di Firenze in tutta la sua estensione. 4. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato - sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, degli artt. 2 e 3 C.d.S., in relazione al D.L. n. 121 del 2002, art. 4, conv. nella L. n. 168 del 2012 e agli artt. 200 e 201 C.d.S., avuto riguardo alle definizioni delle caratteristiche, riferite alla strada richiamata nel secondo motivo, di strada urbana di scorrimento ovvero ai requisiti minimi che tale tipo di strade devono avere per essere considerate tali, ai sensi del citato art. 2 C.d.S., comma 3, lett. d , e per consentire, a norma del menzionato D.L. n. 121 del 2002, art. 4, conv. nella L. n. 168 del 2002 , l’installazione di apparecchi automatici per il controllo della velocità a distanza, senza obbligo di contestazione immediata della violazione dei relativi limiti prescritti ai sensi dei predetti artt. 200 e 201 C.d.S 5. Rileva il collegio che il primo motivo - con il quale risulta erroneamente dedotta anche la supposta violazione dell’art. 436 bis c.p.c., del tutto inconferente in relazione al vizio processuale come prospettato – è palesemente infondato, avendo lo stesso giudice di secondo grado ritenuto che, dal contenuto del ricorso in appello, si desumevano, in modo chiaro, quali dovessero essere, secondo il Comune appellante, la ricostruzione in fatto e le argomentazioni in diritto che il giudice di pace avrebbe dovuto compiere per pervenire al rigetto dell’opposizione proposta ab origine e, quindi, quali le critiche giuridiche dedotte avverso la sentenza del giudice di prime cure. Del resto deve considerarsi ormai pacifico v., ad es., Cass. n. 2143/2015 e, da ultimo, Cass. SU n. 27199/2017 che l’art. 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. c bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum , circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata. 6. Il secondo motivo e il terzo motivo, siccome tra loro all’evidenza connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati per le ragioni che seguono. Le relative censure attengono all’individuazione - anche per effetto dei necessari riscontri probatori utili allo scopo - delle caratteristiche indispensabili che devono ricorrere per la qualificazione di una strada come strada urbana di scorrimento - nel caso di specie ritenute insussistenti con l’impugnata sentenza avuto riguardo a quella corrispondente al OMISSIS nel Comune di Firenze - ai fini della legittima installazione degli strumenti rilevatori elettronici di velocità fissi senza il correlato obbligo di contestazione immediata delle accertate violazioni. La questione controversa riguarda, dunque, l’individuazione dei requisiti che un percorso stradale deve presentare, ai fini indicati dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4, conv., con modif., dalla L. n. 168 del 2002, stante il rinvio alla classificazione contenuta nel codice della strada. Con riguardo a tale questione è intervenuta recentemente la sentenza di questa Sezione, dalla quale non si ha motivo di discostarsi, n. 4451 del 2019, il cui percorso logico-argomentativo è stato reiterato nella successiva sentenza n. 4090/2019. Deve, in generale, osservarsi che l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità cc.dd. autovelox nei centri urbani è consentita solo con le postazioni mobili alla presenza della agenti accertatori di polizia, mentre le postazioni fisse e automatiche possono considerarsi legittimamente installabili solo sulle strade urbane a scorrimento, previa autorizzazione del Prefetto. Difatti, il sistema delineato dal D.Lgs. n. 285 del 1992 meglio noto come codice della strada è improntato sulla regola della contestazione immediata delle infrazioni, ammettendo la contestazione differita esclusivamente quando la strada abbia determinate caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l’arresto del mezzo per effettuare la contestazione immediata con riferimento alla valutazione di molteplici fattori, tra i quali il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali del piano viabile, del traffico e quelle afferenti alla salvaguardia della sicurezza nell’effettuazione dell’accertamento . In particolare, il C.d.S. - con la previsione di cui all’art. 201, comma 1 bis ammette la possibilità di procedere alla contestazione non immediata dell’infrazione al codice della strada mediante la postazione di un autovelox esclusivamente sulle autostrade, strade extraurbane principali, strade extraurbane secondarie e strade urbane di scorrimento, delineando nel contempo le caratteristiche minime che ciascuna delle stesse tipologie di strade devono presentare per potersi qualificare come tali art. 2, commi 2 e 3, lett. a b c e d . Per quanto rileva in questa sede con riferimento specifico alla violazione contestata al ricorrente, l’art. 2 C.d.S., comma 3, lett. d , individua i requisiti minimi per qualificare una strada quale strada urbana a scorrimento . In particolare, il dettato normativo sancisce che per strada urbana di scorrimento si deve intendere una strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate. La relativa disciplina normativa integrativa di riferimento specificamente ricompresa nel D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, conv. dalla L. n. 168 del 2002 stabilisce, inoltre, che mentre nelle autostrade e strade extraurbane principali gli organi di polizia stradale possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico - secondo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno e sentito il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel caso, invece, delle strade extraurbane secondarie e delle strade urbane a scorrimento è necessario un apposito provvedimento del Prefetto che autorizzi la relativa installazione o utilizzazione avendo, infatti, tale autorità amministrativa il compito di selezionare le strade sulle quali procedere con il controllo a distanza . Detto provvedimento prefettizio, reso allo scopo di consentire la possibilità di usare apparecchiature automatiche senza presidio per il rilevamento delle infrazioni relative al superamento dei limiti di velocità, deve essere adottato in presenza dei requisiti dettati dalla legge, non potendo il Prefetto fare riferimento, mediante un’interpretazione estensiva, a criteri diversi da quelli previsti dal codice della strada. A tal proposito si osserva come la precedente giurisprudenza di questa Corte v., ad es., Cass. n. 7872/2011 ha chiarito che il legislatore del 2002, nel rinviare alla previsione classificatoria contenuta nel codice della strada, ha vincolato la Pubblica Amministrazione ad utilizzare i criteri dettati dall’art. 2 C.d.S., comma 3, sicché la questione controversa si riduce all’interpretazione della norma classificatoria per stabilire quali siano i requisiti strutturali indefettibili che il percorso stradale deve presentare per poter essere sottoposto al controllo con sistema automatizzato, nel ricorso degli altri presupposti che il D.L. n. 121 del 2002, art. 4, affida alla valutazione della stessa Pubblica Amministrazione. Nella definizione di strada urbana di scorrimento, il dato testuale chiaramente circoscrive gli elementi eventuali alla corsia riservata ai mezzi pubblici e alle intersezioni a raso semaforizzate, mentre impone la presenza della banchina pavimentata a destra, del marciapiede e delle aree di sosta, i quali costituiscono perciò elementi strutturali necessari della strada urbana di scorrimento, ovvero ne rappresentano i requisiti minimi, anche ai fini dell’adozione del provvedimento amministrativo previsto dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4. Trattandosi di interpretare una norma classificatoria - tale essendo l’art. 2 C.d.S., comma 3, lett. d , - una lettura che disattendesse il dato letterale si risolverebbe in una interpretatio abrogans. Orbene, con i motivi in esame, il ricorrente ha - per un verso, lamentato l’illegittimo inserimento della strada in questione nell’elenco prefettizio in assenza del requisito della presenza di impianti semaforici ad ogni intersezione e di aree di sosta così come descritte nella norma citata, sul presupposto che il OMISSIS , strada ad unica carreggiata con due corsie, seppure a senso unico, non presenta - per il suo tracciato considerato nella sua interezza - intersezioni a raso tutte presidiate da semafori e presenta aree di sosta non dotate delle caratteristiche indicate dalla norma in discorso - per altro verso, contestato il ritenuto accertamento dell’esistenza di una banchina in senso proprio. Entrambe le doglianze colgono nel segno. Quanto alla prima, il Tribunale fiorentino ha ritenuto, nell’impugnata sentenza, che l’intersezione a raso si configura non ogni qualvolta due strade si incrociano, ma solo quando vi sia una un’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse , definendo, poi, area comune quella che fa parte sia di una strada che di quella che la interseca, in modo da poter essere percorsa lungo le corsie di marcia di ambedue le vie. Sennonché, di recente è stato sostenuto v. Cass. n. 8934/2019 che per intersezione deve intendersi qualsiasi incrocio, confluenza o attraversamento tra due o più strade, contraddistinti dall’esistenza di un’area comune alle medesime, indipendentemente dalla provenienza e dalla direzione delle varie diramazioni di traffico insistenti sulle predette strade aggiungendosi, poi, che, ai fini della legittimità dell’installazione di apparati di rilevamento automatico delle infrazioni al C.d.S. sulle strade urbane qualificate come di scorrimento nel relativo decreto prefettizio, non rilevano le - sole - eventuali intersezioni non semaforizzate interessanti il solo controviale, a condizione, in ogni caso, che l’apparato automatico interessi soltanto la sede centrale del viale di scorrimento . Da ciò si è fatto conseguire che - pur essendo irrilevante la circostanza che i veicoli provenienti dalla strada laterale possano attraversare la strada principale in tutto o in parte - è comunque sufficiente che le due direttrici di traffico, ossia quella presente lungo la strada principale e quella proveniente dalla via secondaria intersecante, impegnino un’area comune. Pertanto, si è affermato che non soltanto l’attraversamento come, invece, rilevato dal Tribunale di Firenze nell’impugna pronuncia , ma anche l’intersezione a T o ad Y e la semplice confluenza costituiscono intersezioni secondo la definizione del Codice della strada. In ogni caso è necessario che l’esistenza delle caratteristiche minime per la configurazione di una strada urbana come a scorrimento veloce deve interessare tutta strada considerata nella sua interezza e non solo il singolo tratto di essa in prossimità del posizionamento dell’apparecchio fisso di rilevazione elettronica della velocità. Pertanto, deve puntualizzarsi che, ai fini della verifica della legittimità del rilevamento a mezzo di dispositivi elettronici fissi non implicanti l’obbligo di contestazione immediata , occorre procedere alla valutazione delle caratteristiche strutturali complessive della strada lungo la quale il rilevamento sia stato autorizzato dal Prefetto, non già quelle di un uno o più tratti della stessa strada, e ciò alla stregua di quella che la ratio fondante la previsione di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4. L’impugnata sentenza è, altresì, incorsa nell’erronea valutazione circa la ritenuta esistenza di una banchina in senso proprio, che costituisce - come già sottolineato - un requisito necessario ed imprescindibile per la configurazione e la qualificazione di una strada urbana come strada di scorrimento . Il Tribunale fiorentino, dopo aver richiamato la definizione prevista nell’art. 3 C.d.S., n. 4 , ha considerato irrilevante che, in alcuni tratti, la striscia a margine destro del OMISSIS si trovi a breve o brevissima distanza dal marciapiedi o da altri elementi esterni alla carreggiata, giustificando tale asserzione sul presupposto che la legge non prevede un’obbligatoria misura della stessa o una sua particolare destinazione, ravvisando, inoltre, la derogabilità della prescrizione presente nel D.M. n. 6792/2011, alla stregua della quale la banchina dovrebbe avere una larghezza di almeno un metro. Così decidendo, però, il giudice di appello ha elaborato un concetto di banchina non corrispondente a quello propriamente riconducibile alla suddetta previsione normativa del C.d.S., fermo rimanendo il compiuto accertamento di fatto che la striscia della sede stradale ad essa riconducibile era ridotta, in alcuni punti, a dimensioni molto ristrette rispetto al marciapiedi e che, perciò, la stessa non rispettava comunque una larghezza costante ed idonea alla sua funzione per tutto il percorso di OMISSIS . Rileva il collegio che, in effetti, per banchina deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza pertanto, essendo la banchina pavimentata elemento comune alle autostrade, alle strade extraurbane e alle strade urbane di scorrimento, essa, per sua natura, si identifica con uno spazio avente questa precipua attitudine e, dunque, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni, tenuto conto che anche la strada urbana di scorrimento è caratterizzata da un intenso flusso stradale veicolare ininterrotto per lunghi tratti e per la quale si profila, quindi, la medesima necessità di garantire l’esistenza di fasce laterali in cui poter effettuare una sosta di emergenza o un transito pedonale. La banchina fa, dunque, parte della struttura della strada e la sua relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, in quanto anch’essa, in assenza di specifica segnalazione contraria e benché non pavimentata, deve suscitare negli utenti - per la sua apparenza esteriore - un affidamento di consistenza e sicura transitabilità cfr., anche se con riferimento ad ipotesi di ravvisata responsabilità extracontrattuale della P.A. per danni provocati agli utenti per difetto di diligente manutenzione, Cass. n. 5445/2006, Cass. n. 22755/2013 e, da ultimo, Cass. n. 18325/2018 . Da ciò deriva che una banchina di ridottissima larghezza - come quella insistente su OMISSIS nel Comune di Firenze - non può considerarsi idonea a svolgere le riportate funzioni né, in generale, rispondente alle caratteristiche imposte dal codice della strada, ragion per cui la sua mancata conformazione a tali caratteristiche comporta l’insussistenza di un elemento essenziale per la qualificazione di una strada urbana come strada di scorrimento . Da ciò consegue, quindi, l’affermazione del principio - al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio - secondo cui il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità, senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dal D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all’art. 2 C.d.S. 1992, commi 2 e 3, e non altre, dovendo perciò, considerarsi illegittimo - e, pertanto, disapplicabile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa - il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia tutte le caratteristiche minime della strada urbana di scorrimento, in base alla definizione recata dal citato art. 2 C.d.S., comma 2, lett. D cfr. Cass. n. 7872/2011 e Cass. n. 5532/2017 . 7. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, respinto il primo motivo, devono essere invece accolti il secondo ed il terzo, con la conseguente relativa cassazione dell’impugnata sentenza e il rinvio della causa al Tribunale monocratico di Firenze, in persona di altro magistrato, che, oltre a conformarsi all’enunciato principio di diritto, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo del ricorso ed accoglie il secondo ed il terzo motivo cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale monocratico di Firenze, in persona di altro magistrato.