Unico timbro di deposito sulla sentenza: da quando decorre il termine lungo per impugnarla?

In presenza di un solo timbro che attesti il deposito dell’atto, il cosiddetto termine lungo per l’impugnazione della sentenza di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 16434/19, depositata il 19 giugno. Il caso. Con ricorso in opposizione ad ordinanza di ingiunzione ex art. 22 l. n. 689/1981, l’opponente impugnava dinanzi al GdP il provvedimento del Prefetto, lamentando la mancata audizione dell’interessato e la tardività del provvedimento emesso dall’amministrazione. Il GdP accoglieva l’opposizione. Successivamente adito in secondo grado il Tribunale dichiarava inammissibile il gravame proposto dall’appellante per tardività dello stesso. Interviene così la Corte di Cassazione, in quanto, sostiene il ricorrente che il Tribunale non avrebbe considerato come dies a quo per il computo del termine di decadenza del diritto di impugnare la sentenza il giorno di effettivo deposito della stessa, come da timbro apposto. La decorrenza del termine lungo di impugnazione. Innanzitutto bisogna dire che la sentenza di prime cure recava un unico timbro di deposito e tale circostanza non era stata considerata dal Tribunale. Al riguardo, in presenza di un solo timbro che attesti il deposito dell’atto, occorre ribadire il principio per cui, il cosiddetto termine lungo per l’impugnazione della sentenza di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione, ossi dal giorno del suo effettivo deposito presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, attestato dal cancelliere, che costituisce l’atto con cui la decisione viene ad esistenza giuridica. Non rilevano, al riguardo, invece, la data di deposito della sola minuta, in quanto esso è atto interno all’ufficio che avvia il processo di pubblicazione, e la data di inserimento del provvedimento nel registro cronologico, con l’attribuzione del relativo numero identificativo. Da ciò deriva l’accoglimento del ricorso con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 2, ordinanza 1 marzo – 19 giugno 2019, n. 16434 Presidente D’Ascola – Relatore Oliva Fatti di causa Con ricorso in opposizione ad ordinanza ingiunzione L. n. 689 del 1981, ex art. 22, B.F. impugnava innanzi il Giudice di Pace di Roma il provvedimento prefettizio notificatogli in data 15.11.2010, lamentando la mancata audizione dell’interessato e la tardività del provvedimento emesso dall’amministrazione. Con sentenza n. 83938/13 il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione compensando le spese. Interponeva appello il B. limitatamente al capo relativo al governo delle spese e il Tribunale di Roma, con la sentenza oggi impugnata n. 13264/2017, dichiarava inammissibile l’appello per tardività. Ricorre per la cassazione di detta decisione il B. affidandosi a due motivi. Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questo giudizio. A seguito di proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. il ricorso è stato chiamato in camera di consiglio dinanzi la sezione sesta civile. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 114, 133, 327 c.p.c. e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonché il travisamento di prova documentale in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 in quanto il Tribunale avrebbe considerato, come dies a quo per il computo del termine di decadenza del diritto di impugnare la sentenza di prime cure, la data del 31.12.2013 anziché quella di effettivo deposito della sentenza, ovverosia come da timbro apposto sulla stessa il 25.11.2015. Il motivo è fondato. Il Tribunale ha valorizzato il fatto che la decisione di prima istanza recava un cronologico del 2013 pertanto, secondo il giudice romano, la data di deposito del provvedimento non poteva essere ritenuta successiva al 31.12.2013, poiché a quella data la sentenza doveva essere stata necessariamente inserita nell’elenco cronologico annuale dei provvedimenti emessi dal Giudice di Pace di Roma. Va però osservato che la sentenza di prime cure reca un unico timbro di depositato con la data del 25.11.2015. Tale circostanza non è stata adeguatamente considerata dal Tribunale. Solo in presenza di più timbri apposti sulla copia della sentenza impugnata, infatti, può invocarsi il principio -richiamato nella sentenza oggi impugnata affermato da questa Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 18569 del 22/09/2016, Rv. 641078 secondo cui Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare -attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6384 del 13/03/2017, Rv.644662 e Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 20447 del 02/08/2018, Rv.650297 . In presenza di un solo timbro attestante il deposito del provvedimento come nel caso di specie va invece richiamato il diverso principio affermato da Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 18586 del 13/07/2018, Rv.649658, secondo la quale Il cd. termine lungo per l’impugnazione della sentenza previsto dall’art. 327 c.p.c. decorre dalla data di pubblicazione, cui la norma espressamente si riferisce, ossia dal giorno del suo deposito ufficiale presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, attestato dal cancelliere, che costituisce l’atto mediante il quale la decisione viene ad esistenza giuridica, mentre alcuna rilevanza assumono, in mancanza di tale adempimento, la data di deposito della sola minuta, perché mero atto interno all’ufficio che avvia il procedimento di pubblicazione, e quella di inserimento del provvedimento nel registro cronologico, con l’attribuzione del relativo numero identificativo conf. Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 2745 del 07/11/2019, non massimata . L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e invoca la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c La causa va di conseguenza rinviata al Tribunale di Roma, in persona di diverso giudice, anche per le spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in persona di diverso giudice, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.