Ammissibile anche quando il debitore possiede altri beni ma il recupero del credito diviene più difficoltoso per il creditore

Il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria ordinaria cd. eventus damni” ricorre non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l'onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.

Con la sentenza n. 16221 del 18 giugno 2019, il S.C. interviene, allineandosi alla pregressa giurisprudenza in tema, su alcuni presupposti dell’azione revocatoria, precisando che la stessa è ammissibile non solo in caso di compromissione totale della consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quanto determini una variazione tale da rendere più complesso e oneroso il soddisfacimento del creditore sui beni residui. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in esame ha origine dall’azione revocatoria ordinaria promossa da una banca relativamente all’atto di compravendita di una porzione di un immobile. Accolta in primo grado e confermata in appello, viene promosso ricorso per Cassazione dalle parti del negozio di compravendita sul rilievo, in particolare, della regolarità di tale compravendita posto che in capo ai debitori alienanti - fideiussori per il mutuo concesso dalla banca - sussistevano altri immobili, eventualmente aggredibili. La Cassazione rigetta il ricorso secondo il principio espresso dalla massima in epigrafe, ritenendo comunque l’atto in questione pregiudizievole per il creditore e tale da rendere problematico il soddisfacimento della sua pretesa. Azione revocatoria come e perché. L'azione revocatoria rappresenta, unitamente all’azione surrogatoria ed al sequestro conservativo, un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale del creditore, con l’obiettivo – ove accolta – di rendere inefficace, nei confronti del creditore stesso, gli atti di disposizione posti in essere dal debitore qualora siano di pregiudizio alle ragioni del creditore stesso. I presupposti dell’azione a l’esistenza del credito L'art. 2901 richiede nell'istante la qualità di creditore la qualità di creditore è intesa in senso ampio, come titolare di un credito già esistente anche soggetto a termine o condizione o anche litigioso, ovvero in contestazione. b l’eventus damni o il c.d. periculum damni. Il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria è rappresentato dal c.d. eventus damni cioè dal pregiudizio alle ragioni dei creditori che l’atto di disposizione può arrecare. Deve trattarsi, secondo la giurisprudenza oramai consolidata, di una lesione, effettiva ed attuale, dell'interesse del creditore alla conservazione della garanzia patrimoniale pur se il danno non è attuale ma si profila soltanto un pericolo di danno come conseguenza del comportamento del debitore. Si ritiene, infatti, sufficiente, per integrare il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria che l'atto di disposizione renda la realizzazione del diritto del creditore incerta o soltanto difficoltosa. Eventus damni – si precisa – che deve essere conseguenza diretta dell'atto impugnato e deve sussistere fino al momento della proposizione dell'azione, venendo meno in caso contrario l'interesse del creditore ad agire. c La posizione del debitore ed il c.d. consilium fraudis. Legittimato passivo all'esercizio dell'azione revocatoria è il debitore oltre che il terzo vedi infra , cioè colui che sia attualmente obbligato nei confronti del creditore. Particolarmente rilevante è l’atteggiamento psicologico del debitore, ossia il c.d. consilium fraudis , diversamente valutabile a seconda che l'atto sia anteriore o posteriore al sorgere del credito ovvero oneroso o gratuito. Nel caso di anteriorità del credito all'art. 2901, n. 1, infatti, si richiede, ai fini dell’esperibilità dell’azione in parola, la dolosa preordinazione del debitore, nel senso del compimento dell'atto finalizzato alla precostituzione di una situazione di insolvenza in vista della successiva assunzione dell'obbligazione. Nel caso, invece, di atti successivi al sorgere del credito è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore del pregiudizio derivante dal proprio atto alle ragioni del creditore. d La posizione del terzo ed c.d. partecipatio fraudis. La gratuità o onerosità dell'atto impugnato rilevano sul piano dei limiti soggettivi entro cui l'accertamento dell'elemento psicologico deve essere condotto. In caso di atto a titolo gratuito il consilium fraudis deve sussistere soltanto in capo al debitore. Nell'ipotesi di atti a titolo oneroso, per contro, che implicano un sacrifico del terzo corrispondente o meno al vantaggio conseguito, l'intensità dell'elemento soggettivo è graduata a seconda che l'atto impugnato sia anteriore o successivo al sorgere del credito nel primo caso si richiede che il terzo sia a conoscenza della dolosa preordinazione del debitore c.d. scientia fraudis , pur se non si ritiene necessaria, al fine di integrare la scienza fraudis , una sua specifica conoscenza del debito gravante sull'alienante nel secondo caso che egli sia come il debitore consapevole delle conseguenze pregiudizievoli dell'atto stesso. La prova della participatio fraudis” del terzo con quali mezzi. Relativamente al profilo da ultimo evidenziato, si ritiene che la consapevolezza del terzo, necessaria ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l'atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa – ad esempio - la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente. Azione revocatoria e consistenza patrimoniale del debitore. Nel caso di specie, il ricorrente – debitore sosteneva che, nonostante l’atto di disposizione, vi erano a disposizione del creditore altri immobili. Il S.C. giudica infondato tale motivo sul rilievo che i beni residui erano comunque ipotecati, aggiungendo che l’azione revocatoria è ammissibile non solo in caso di totale compromissione del patrimonio del debitore, ma anche in caso di compimento di un atto dispositivo che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del creditore, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. Azione revocatoria e debiti solidali. Come anche chiarito dalla sentenza in commento, qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore promuovere l'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c. - ricorrendone i presupposti - nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l'adempimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 gennaio – 18 giugno 2019, n. 16221 Presidente Frasca – Relatore Scrima Fatti di causa D.t.P. , C.L. e C.F. proposero gravame avverso la sentenza del Tribunale di Terni n. 243/2015, depositata il 9/03/2015, con la quale era stata accolta la domanda ex art. 2901 c.c. proposta dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. nei loro confronti, avente ad oggetto l’atto di compravendita stipulato in data 17/05/2012, a rogito Notaio Dott. B.T. , Rep. n. e Racc. n. , trascritto in data 5/06/2012 all’Agenzia del Territorio di , Reg. Gen. e Reg. Part. n. , atto con cui C.L. e D.t.P. garanti per fideiussione della DTP S.r.l. , avevano alienato a C.F. rispettivamente padre e suocero dei predetti il diritto di piena proprietà pari a un mezzo indiviso, di alcuni beni in omissis . Si costituì la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 28 giugno 2017, rigettò il gravame e condannò gli appellanti in solido al rimborso delle spese processuali di quel grado. Avverso la sentenza della Corte di merito D.t.P. , C.L. , in proprio e quale successore universale di C.F. , e I.A. , quale successore universale di C.F. , hanno proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi, cui ha resistito con controricorso la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. e per essa, quale mandataria con rappresentanza, Business Partner Italia S.c.p.a La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, rubricato Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c. c. comma 1, circa la sussistenza del requisito del pregiudizio eventus damni recato dall’atto di compravendita in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. , i ricorrenti contestano la ritenuta sussistenza del cd. eventus damni nel caso di specie, per aver la Corte di merito ritenuto che, con la ricordata vendita, si sarebbe verificata una variazione quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore tale da rendere più incerto e difficile il soddisfacimento del credito della Banca, in quanto, ad avviso dei Giudici del merito, il patrimonio immobiliare residuo, essendo gravato da ipoteche, sarebbe inidoneo a garantire il soddisfacimento del credito di cui al decreto ingiuntivo notificato dalla banca alla DTP S.r.l., poi fallita, divenuto definitivo per mancata opposizione. Sostengono i ricorrenti che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione che la vendita in parola era atto a titolo oneroso, sicché nel patrimonio dei venditori sarebbe entrata una somma di denaro pari al valore di mercato del bene venduto inoltre, il patrimonio dei ricorrenti si comporrebbe di numerosi beni immobili idonei a garantire e permettere alla banca di soddisfare il suo credito deducono, altresì, che solo alcuni di tali beni sarebbero soggetti a gravami, contrariamente a quanto riferito genericamente nella sentenza impugnata, ed evidenziano, peraltro, che il bene sito a omissis cat. C/6 , sarebbe soggetto a ipoteca volontaria della Cassa di Risparmio di Reti ma il credito vantato da tale istituto di credito sarebbe stato contestato in autonomo giudizio, sicché sia il debito che la conseguente ipoteca, pur se formalmente ancora iscritti, sarebbero in realtà inesistenti. Rappresentano, infine, i ricorrenti che la Banca del Lavoro, oltre alla garanzia dei predetti, vanterebbe un ulteriore diritto di garanzia nei confronti della società consortile EUROFIDI, in virtù dell’impegno sussidiario a suo tempo offerto per il 50% del credito. 1.1. Il motivo è infondato Osserva il Collegio che, come questa Corte ha più volte affermato, il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria cd. eventus damni ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore Cass., ord., 19/07/2018, n. 19207, Cass. 3/0272015, n. 1902/15 . In particolare, questa Corte ha pure affermato il principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso a questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita - come nella specie - comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro Cass. 9/02/2012, n. 1896 . Peraltro, va rilevato che quanto affermato a p. 3 e 4 della sentenza impugnata in relazione al patrimonio residuo non risulta, in sostanza, scalfito dalle doglianze dei ricorrenti, i quali neppure hanno contestato la ritenuta - da parte della Corte di merito - istituzione di un fondo patrimoniale sui beni - ad eccezione di un magazzino/deposito di mq. 4 - siti in Monterotondo di proprietà di entrambi i fideiussori e hanno confermato che sul bene sito in omissis Cat. C/2 è iscritta ipoteca legale a favore di Equitalia e che sull’immobile sito a omissis è iscritta ipoteca volontaria della Cassa di Risparmio di Rieti, pur se, con riferimento a tale ultimo bene, i ricorrenti hanno dedotto che il credito sottostante tale ipoteca sarebbe contestato, pendendo al riguardo un giudizio iniziato nel 2015 come si evince dal NRG indicato dai predetti, v. p. 8 del ricorso . Tale ultima deduzione deve ritenersi tuttavia irrilevante, in quanto, ai fini dell’integrazione dell’elemento oggettivo dell’eventus damni, non è necessario che l’atto abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, ma è sufficiente che abbia causato maggiore difficoltà od incertezza nel recupero coattivo, secondo una valutazione operata ex ante, con riferimento alla data dell’atto dispositivo nella specie risalente al 2012 e non a quella futura dell’effettiva realizzazione del credito, avendo riguardo anche alla modificazione qualitativa della composizione del patrimonio Cass. 1/08/2007, n. 16986 . Infine, si osserva che è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità, e tanto va ribadito in questa sede, che, qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore promuovere l’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c. - ricorrendone i presupposti - nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento Cass. 31/03/2017, n. 8315 pertanto, a nulla rileva che vi siano altri obbligati, peraltro in via sussidiaria, nei confronti della banca. 2. Con il secondo motivo, rubricato Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. circa l’accertamento del requisito della consapevolezza del pregiudizio in capo al debitore scientia damni in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c comma 1, n. 1, circa la sussistenza del requisito della consapevolezza del pregiudizio in capo al debitore scientia damni in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. . Sostengono i ricorrenti che le ragioni a sostegno della ritenuta sussistenza della scientia damni del debitore, oltre a non essere esaustive e complete, non sarebbero neppure corrette e veritiere, in quanto non sarebbe stato provato che gli essi fossero rispettivamente il legale rappresentante e il Presidente della DTP e dunque, come tali, conoscendo la situazione di decozione della società, erano consapevoli di arrecare pregiudizio con l’atto di vendita. Deducono, inoltre, i ricorrenti che la Corte di merito avrebbe pure ignorato elementi presuntivi rilevanti ai fini dell’esclusione del requisito della scienza damni cioè che a l’atto di cui si discute in causa era a titolo oneroso, sicché non avrebbe comportato alcun depauperamento o alcuna diminuzione patrimoniale in capo ai ricorrenti b al momento della compravendita del 2012 residuavano altri beni in capo al D.T. e alla C. e tale consistenza patrimoniale sarebbe stata idonea ex se ad escludere qualsiasi consapevolezza, in capo ai venditori, di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie della banca c dalla corrispondenza intercorsa tra le parti e prodotta dall’istituto di credito emergerebbe solo l’esistenza di trattative per rinegoziare il debito, e sul punto sarebbe poi stata raggiunta l’intesa nel 2011, e non anche l’intenzione della banca di adire le vie legali per la tutela delle proprie ragioni . 2.1. Il motivo è infondato, non risultando essere state contestate le qualità di legale rappresentante e presidente della DTP S.r.l. debitrice principale , poi fallita, in capo rispettivamente al D.T. e alla C. , essendo state tali circostanze dedotte in giudizio dall’istituto di credito senza che gli attuali ricorrenti abbiano precisato in quali atti e in che termini abbiano mosso al riguardo specifiche contestazioni v. controricorso p. 15 . Inoltre, si rileva che, in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, come nel caso all’esame, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore la relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato Cass. 30/12/2014, n. 27546 Cass. 17/08/2011, n. 17327 e Cass. 11/02/2005, n. 2748 . E la Corte di merito, nella specie, ha sinteticamente ma congruamente motivato v. sentenza impugnata p. 4 e 5 in relazione alla consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie in capo ai predetti e a C.F. , peraltro tenendo conto, nella medesima sentenza impugnata, della residua consistenza patrimoniale dei venditori, il che rileva anche con riferimento all’esame del secondo motivo v. quanto già osservato al riguardo in relazione al primo motivo ed evidenziando che la volontà di risolvere il contratto di conto corrente con la revoca degli affidamenti risaliva al 27 maggio 2011 v. sentenza impugnata p. 4 . 3. Con il terzo motivo, rubricato Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 2, circa la sussistenza del requisito della consapevolezza del pregiudizio in capo al terzo consilium fraudis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , i ricorrenti, premesso che la Corte di merito ha ritenuto sussistente il requisito della consapevolezza in capo al terzo acquirente desumendolo da alcuni elementi presuntivi ed in particolare dal fatto che C.F. , essendo padre e suocero dei venditori e abitando nello stesso Comune, non poteva non conoscere le vicende patrimoniali dei predetti, lamentano che la predetta Corte abbia ignorato alcuni elementi presuntivi che escluderebbero la sussistenza della consapevolezza in parola e avrebbe valutato erroneamente quelli indicati in sentenza v. ricorso p. 13 e 14 . 3.1. Il motivo è inammissibile, atteso che la prova del predetto atteggiamento soggettivo può essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato Cass. 22/03/2016, n. 5618 e Cass. 17/08/2011, n. 17327 , con la precisazione che la prova della participatio fraudis del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente Cass. 5/03/2009, n. 5359 . 4. Va comunque osservato che il secondo e il terzo motivo, oltre a difettare in alcune parti di specificità, nella loro interezza, sollecitano, in sostanza, un diverso apprezzamento in fatto e i ricorrenti, pur lamentando l’omessa valutazione di elementi presuntivi, non formulano, con riferimento alle norme sulle presunzioni, censure in iure nei termini chiariti nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte del 24/01/2018, n. 1785. 5. Il ricorso va, pertanto, rigettato. 6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. 7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.