«Mamma ha avuto un malore», il figlio corre (troppo velocemente) a casa: legittima la multa

Respinta la linea difensiva, secondo cui l’automobilista, allertato dalla telefonata della moglie, avrebbe agito in modo illecito per uno stato di necessità”. Inequivocabile il dato relativo all’eccesso di velocità ben 60 chilometri in più rispetto al limite previsto in autostrada. Insufficiente il richiamo alle condizioni di salute della genitrice, poiché basato, secondo i Giudici, su uno stato d’animo personale e non su dati oggettivi.

Tua mamma ha avuto un malore improvviso, e non vuole essere portata al Pronto soccorso . Comprensibile la preoccupazione del figlio – allertato dalla telefonata della moglie –, ma ciò non rende comunque giustificabile la scelta di pigiare il piede sull’acceleratore e ignorare il limite di velocità – tenendo in autostrada un’andatura che lo supera di ben 60 chilometri orari – per tornare presto a casa e prestare assistenza alla madre Cassazione, ordinanza n. 16155/19, sez. VI Civile - 2, depositata oggi . Andatura. Ad inchiodare l’automobilista è il verbale redatto nel marzo del 2010 dalla Polstrada di Cuneo, verbale con cui si certifica che il veicolo da lui condotto circolava sulla autostrada A6 tenendo un’andatura superiore di oltre 60 chilometri orari il prescritto limite di velocità massima . L’uomo non mette in dubbio la veridicità del dato, ma si oppone alla multa provando a spiegare le ragioni della sua condotta. A questo proposito, egli racconta che mentre conduceva il proprio veicolo era stato raggiunto da una telefonata della moglie che lo aveva avvertito che la madre era stata colta da un malore improvviso, e verosimilmente grave , e quindi aveva avvertito l’indispensabilità di arrivare quanto prima a casa, avendo la sua genitrice manifestato un’assoluta contrarietà ad essere condotta presso il Pronto soccorso . Tale giustificazione non convince però né il Giudice di pace né i Giudici del Tribunale in entrambi i gradi di giudizio, difatti, viene esclusa l’ipotesi che l’automobilista abbia agito in modo illecito per stato di necessità putativo , e, di conseguenza, viene confermato il verbale emesso dalla Polizia stradale di Cuneo. Pericolo. Identiche valutazioni compie anche la Cassazione, respingendo il ricorso proposto dal legale dell’automobilista. Per i Giudici, difatti, si può parlare di stato di necessità solo quando ricorra un effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile , ovvero – quando, come in questo caso, si invochi detta esimente in senso putativo – si abbia l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, provocata non da un mero stato d’animo, ma da circostanze concrete oggettive che la giustifichino . Insufficiente, quindi, il timore manifestato dall’uomo per la precaria condizione di salute della madre, proprio perché frutto, secondo i giudici, del suo personale stato d’animo , e non basato su dati oggettivi.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 1 febbraio – 17 giugno 2019, n. 16155 Presidente D’Ascola – Relatore Carrato Fatti di causa e ragioni della decisione Con ricorso del 27 novembre 2013 il sig. S.M.G. riassumeva, a seguito di declaratoria di incompetenza, davanti al Giudice di pace di Saluzzo, l’opposizione a verbale di contestazione del 30 marzo 2010 elevato dalla Polstrada di Cuneo in ordine alla violazione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 9, 1992, per aver il veicolo, dallo stesso condotto, circolato sull’autostrada A6 - all’altezza di Carmagnola carreggiata nord - superato di oltre 60 Km il prescritto limite di velocità massima. A fondamento del ricorso l’opponente deduceva di essere incorso nella predetta violazione amministrativa in stato di necessità ancorché putativo , poiché, mentre conduceva il proprio autoveicolo sull’anzidetta autostrada, era stato raggiunto da una telefonata della moglie che lo aveva avvertito che la madre era stata colta da un malore improvviso e verosimilmente grave, ragion per cui aveva avvertito l’indispensabilità di arrivare quanto prima a casa avendo la sua genitrice manifestato un’assoluta contrarietà ad essere condotta presso il pronto soccorso. Il suddetto Giudice di pace rigettava l’opposizione con sentenza n. 7/2015. Decidendo sull’appello formulato dallo S.M. , il Tribunale di Cuneo, con sentenza n. 940/2017 depositata il 10 ottobre 2017 , rigettava il gravame, escludendo che, nella fattispecie, fosse invocatile lo stato di necessità putativo. Avverso detta sentenza ha proposito ricorso per cassazione l’appellante soccombente affidato a due motivi. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva in questa sede. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto - ponendo riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione fra le parti, richiamando, altresì, l’art. 112 c.p.c., denunciando la mancata ammissione, da parte del giudice di appello, delle prove orali ritualmente dedotte con riguardo alle circostanze riprodotte nello stesso ricorso concernenti la prospettata sussistenza dello stato di necessità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 4, in relazione all’art. 54 c.p Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - l’assunta violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 4, con riferimento all’art. 54 c.p.c. e all’art. 32 Cost., avuto riguardo alla ravvisata insussistenza - nell’impugnata sentenza - del dedotto stato di necessità putativo. Su proposta del relatore, il quale rilevava che il primo motivo potesse essere ritenuto inammissibile o, comunque, manifestamente infondato e il secondo anch’esso manifestamente infondato, in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio. Rileva il collegio che il primo motivo è inammissibile sia nella parte in cui con esso si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla mancata ammissione di prove orali, stante l’inconfigurabilità della stessa invero riconducibile alla sola mancata pronuncia su domande od eccezioni cfr., tra le tante, Cass. n. 2859/1995 e Cass. n. 5339/2015 , sia nella parte in cui si denuncia il vizio di omesso esame delle circostanze di cui alle istanze istruttorie poiché esso è propriamente riferibile a fatti costituenti oggetto del giudizio che devono essere connotati dal requisito della decisività a tal proposito, il giudice di appello ha escluso la rilevanza - e, comunque, la decisività - delle relative circostanze v. Cass. n. 381/1995, Cass. n. 1203/2000 e Cass. n. 13981/2004 , ritenendo assorbente l’univoca valutazione dell’insussistenza della causa di giustificazione invocata dall’appellante sulla scorta delle già acquisite risultanze di causa e della stessa prospettazione dei fatti come addotti dallo S.M. . Il secondo motivo è del tutto destituito di fondamento. È risaputo che, con specifico riguardo alla scriminante dello stato di necessità , è indispensabile, ai fini della sua configurabilità e, perciò, allo scopo del riconoscimento della fondatezza della sua prospettazione in sede giudiziale, che deve ovviamente essere supportata da un idoneo riscontro probatorio gravante sul ricorrente , che, in applicazione dei principi fissati dagli artt. 54 e 59 c.p., ricorra un’effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero - quando si invochi detta esimente in senso putativo - l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, provocata non da un mero stato d’animo, ma da circostanze concrete oggettive che la giustifichino cfr., ad es., Cass. n. 3961/1989, Cass. n. 4710/1999, Cass. n. 18099/2005 e Cass. n. 14286/2010 . In tal senso, in un caso assimilabile a quello in questione, questa Corte v. Cass. n. 287/2005 cit. ha confermato la decisione di merito, con la quale era stata esclusa la configurazione di una situazione di pericolo, rilevante ai fini dello stato di necessità , in un caso in cui, in sede di opposizione al verbale della polizia stradale con il quale era stata contestata all’opponente la violazione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 9, per aver superato, alla guida della propria autovettura, il limite di velocità consentito, il ricorrente aveva invocato lo stato di necessità, adducendo che, nel momento dell’accertamento della violazione, si stava recando con urgenza in ospedale, ove il proprio genitore era stato ricoverato in gravi condizioni, poiché il pericolo di danno grave alla persona del genitore avrebbe potuto essere evitato altrimenti con il ricovero ospedaliero o anche mediante l’intervento sul posto del pronto soccorso, senza che l’opponente avesse potuto fornire un contributo determinante al fine di scongiurare il paventato danno come nella vicenda oggetto della qui esaminata specifica controversia . Più recentemente cfr. Cass. n. 14286/2010, cit. è stato asserito, sempre in tema di violazione al codice della strada prevista dall’art. 142, comma 9, che non vale ad escludere la responsabilità del conducente l’invocato stato di necessità dovuto all’esigenza di rispettare i tempi di una consultazione medica conseguente ad un malore lamentato da un passeggero, qualora non sia stato riscontrato l’imminente pericolo di vita del passeggero medesimo e l’impossibilità di provvedere diversamente alla salvezza di quest’ultimo. Deve, quindi, qui riconfermarsi il principio di diritto - a cui si è uniformato il Tribunale di Cuneo - sulla scorta del quale, in tema di cause di giustificazione, l’allegazione da parte del contravventore dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito, cioè, al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti e che siano univocamente idonei a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto non altrimenti ovviabile, e, quindi, tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo al trasgressore di trovarsi in tale stato. Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, dunque, essere rigettato, senza doversi far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese poiché l’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva nella presente sede di legittimità. Sussistono, tuttavia, le condizioni per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 1 e 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 - quater - dell’obbligo di versamento, da parte dello stesso ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 - bis.