La tempestività dell’azione di reintegra nel possesso dipende dalle caratteristiche della turbativa

In caso di spoglio o turbativa del possesso tramite una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di questi solo se quelli successivi siano strettamente collegati e connessi al primo, potendoli considerare la prosecuzione della medesima attività. Se invece ciascun atto presenta caratteristiche autonome, prestandosi dunque ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall’ultimo degli atti.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16053/19, depositata il 14 giugno. La vicenda. L’attrice adiva il Tribunale di Napoli per ottenere la reintegra nel possesso di una piccola area antistante la sua abitazione, già recintata e chiusa tramite appositi lucchetti, di cui era stata spogliata nel 1997 da parte del Comune nell’ambito dei lavori di sistemazione di una strada prossima alla sua abitazione. Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione dichiarando l’inammissibilità della domanda. La soccombente propone dunque ricorso in Cassazione. Reintegra nel possesso e decorrenza dell’azione. La ricorrente lamenta, sostanzialmente, l’erronea individuazione della decorrenza del termine utile per la proposizione dell’azione di reintegra nel possesso. In effetti, come sottolinea il Collegio, la Corte territoriale non ha correttamente applicato il principio secondo cui nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di questi solo se quelli successivi siano strettamente collegati e connessi al primo, potendoli dunque considerare la prosecuzione della medesima attività. Laddove invece ciascun atto presenti caratteristiche autonome, prestandosi dunque ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall’ultimo degli atti. Posta tale premessa, assume rilevanza l’individuazione dell’atto con cui è percepibile, da parte del soggetto passivo, l’autonomia dello stesso o la partecipazione ad un’attività più complessa diretta alla lesione del possesso. Per riprendere le parole della Suprema Corte occorre cioè distinguere l’ipotesi in cui la lesione del possesso si sostanzia in una pluralità di atti ciascuno dei quali autonomamente lesivo, da quella in cui l’atto lesivo sia uno solo, ancorchè preceduto da altri atti di carattere strumentale nell’un caso, il detto termine decorre dal primo degli atti lesivi quando essi siano connessi in modo da costituire una progressione seriale di attentati possessori, mentre decorre da ciascuno e per ciascuno degli atti lesivi ove essi presentino carattere di autonomia . Applicando tali principi al caso di specie, risulta che la condotta di spoglio denunciata dalla ricorrente era quella relativa alla materiale rimozione dei paletti e delle catene con la conseguenza che dal primo di tali atti decorre il termine per la proposizione dell’azione. La Corte territoriale ha invece ricondotto la decorrenza al momento risultante dagli atti amministrativi inerenti all’esecuzione dei lavori, trascurando quanto riportato nell’indicazione dell’inizio dei lavori contenuta sul cartello apposto alla via, riprodotto per via fotografica dalla ricorrente in giudizio. Per questi motivi, il ricorso merita accoglimento e la pronuncia impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 settembre 2018 – 14 giugno 2019, n. 16053 Presidente Correnti – Relatore Casadonte Rilevato in fatto che - il presente giudizio trae origine dal ricorso depositato in data 10 giugno 1998 da L.P. al fine di ottenere la reintegra nel possesso di una piccola area antistante la sua abitazione, già recintata con paletti e catena chiusa con lucchetti, di cui era stata spogliata nell’agosto del 1997 da parte del Comune di omissis nell’ambito dei lavori di sistemazione della strada denominata via omissis nella parte prossima all’ingresso della sua abitazione, allorché paletti e catena erano stati rimossi - il giudice di primo grado aveva accolto la domanda ma, a seguito di appello proposto dal Comune, la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’eccezione di decadenza da questi proposta e dichiarava con sentenza n. 2586 depositata il 9 giugno 2015 l’inammissibilità della domanda di reintegra - la cassazione della sentenza di secondo grado è chiesta da L.P. con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 ed articolato su cinque motivi - non si è costituito l’intimato Comune. Considerato in diritto che - con il primo motivo la ricorrente censura, in relazione all’art. 3560 c.p.c., comma 1, n. 3, la sentenza gravata per violazione dell’art. 1168 c.c., comma 1, per avere erroneamente applicato i principi in tema di tempestività dell’azione di spoglio e di manutenzione costantemente enunciati dalla Corte di legittimità - con il secondo motivo la ricorrente censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1168 c.c., comma 1, per avere erroneamente fissato la decorrenza del termine utile per l’azione contro lo spoglio, dall’approvazione del progetto o dall’affidamento del cantiere alla ditta aggiudicataria delle opere, atti che al più potevano rilevare come turbative del possesso e non come spoglio - con il terzo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione da parte della sentenza d’appello dell’art. 2697 c.c., comma 2, in materia di ripartizione dell’onere probatorio laddove aveva ritenuto a carico della ricorrente la prova dell’autonomia della concreta condotta di spoglio ai fini della decorrenza del termine utile per l’azione e non il Comune resistente a provare il collegamento fra l’atto di spoglio allegato dalla ricorrente e quelli asseritamente costituenti precedente spoglio - con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza per omesso esame del fatto ritenuto decisivo ed asseritamente costituito dal collegamento esistente tra i vari atti di spoglio ai fini dell’individuazione, nel primo di essi, del termine utile per l’esperimento della tutela possessoria - con il quinto motivo la sentenza impugnata è censurata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione degli artt. 112 e 274 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di manutenzione del possesso proposta dall’odierna ricorrente nel giudizio riunito e ritenuta assorbita dall’accoglimento della domanda di reintegra, non potendosi più ravvisare l’assorbimento a fronte della ritenuta inammissibilità della domanda di reintegrazione - in particolare, la ricorrente osserva come - diversamente dal giudice di primo grado - la corte napoletana abbia, a seguito dell’eccezione di decadenza dall’azione sollevata dal Comune, ritenuto di sussumere il lamentato spossamento nella fattispecie dello spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti delibera di affidamento dei lavori, stato di avanzamento del giugno 1997, verbale di sospensione ecc. con la conseguenza che essendo gli stessi strettamente connessi, il termine annuale utile per l’esperimento dell’azione possessoria doveva intendersi decorrente dal primo di questi e cioè dalla consegna del febbraio 1997 ne derivava che il ricorso iniziale era tardivo e quindi inammissibile - la ricorrente ritiene, invece, corretta la conclusione formulata dal giudice di prime cure in ordine alla tempestività dell’azione sulla scorta della circostanza, ritenuta determinante, della produzione in giudizio della fotografia ritraente il cartello con la data di inizio dei lavori nella zona in questione, risalente al luglio 1997, a seguito del quale nell’agosto 1997 erano stati rimossi i paletti e la catena - osserva, inoltre, la ricorrente come la sequela di atti e delibere considerati dal giudice d’appello avessero natura di atti interni e come dagli stessi non potesse emergere alcun indizio che facesse presagire la successiva condotta di spoglio, condotta che si era manifestata con la rimozione dei paletti e delle catene, a nulla rilevando, invece, l’approvazione del progetto di rifacimento della contigua via omissis e/o l’affidamento del cantiere la ditta appaltatrice - i motivi possono essere esaminati congiuntamente perché attingono alla ratio decidendi posta dalla corte napoletana a fondamento dell’accoglimento dell’appello - la corte ha ritenuto cioè il mancato adempimento di parte ricorrente della prova della tempestività dell’azione possessoria, inserendosi il cartello stradale che indica l’inizio dei lavori nel 26/6/1997 ed allegato dalla ricorrente quale elemento temporale di riferimento, ai fini della tempestività del ricorso depositato il 10/6/1998 nell’ambito di una pluralità di atti rispetto ai quali non avrebbe autonomia - conseguentemente il termine utile per l’esercizio dell’azione sarebbe iniziato a decorrere con il primo degli atti relativi all’avvio del progetto di sistemazione della strada via omissis , approvati con delibera del 25/1/1996 e proseguiti con il verbale di consegna dei lavori del 27/2/1997 e successivi atti sino alla sospensione dei lavori nel giugno 1997 per l’espletamento di una perizia di variante e di assestamento - né indicazioni rilevanti sarebbero venute dall’istruttoria orale per smentire la conclusione invocata dal Comune - in realtà la corte territoriale non ha correttamente applicato il principio secondo il quale nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l’esperimento dell’azione possessoria decorre dal primo di essi soltanto se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività altrimenti, quando ogni atto - presentando caratteristiche sue proprie - si presta ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall’ultimo atto cfr. Cass.16239/2003 id. 8148/2012 - al fine di dare corretta applicazione all’enunciato principio assume rilievo l’individuazione dell’atto con cui è percepibile, da parte del soggetto passivo, che si tratta un singolo atto, parte di una pluralità di atti intesa a realizzare una lesione possessoria - occorre cioè distinguere l’ipotesi in cui la lesione del possesso si sostanzia in una pluralità di atti ciascuno dei quali autonomamente lesivo, da quella in cui l’atto lesivo sia uno solo, ancorché preceduto da altri atti di carattere strumentale nell’un caso, il detto termine decorre dal primo degli atti lesivi quando essi siano connessi in modo da costituire una progressione seriale di attentati possessori, mentre decorre da ciascuno e per ciascuno degli atti lesivi ove essi presentino carattere di autonomia ebbene, nel caso di specie la denunciata condotta di spoglio, quella cioè che ha reso evidente la funzionalità alla realizzazione della lesione del possesso è costituita dalla materiale rimozione dei paletti e delle catene, con la conseguenza che il termine decorre dal primo di tali atti cfr. Cass. 8148/2012 id. 20134/2017 - nello stesso senso si è già espressa questa Corte ritenendo che la realizzazione di una scala di accesso ad un lastrico solare rappresentava il primo atto da cui far decorrere il termine annuale per proporre l’azione possessoria essendo lo stesso indicativo della volontà di trasformare detto lastrico inagibile in una terrazza da cui esercitare una servitù di veduta, determinando la denunziata lesione cfr. Cass. 6305/2008 - al contrario, la corte napoletana ha ritenuto che all’atto del deposito del ricorso 10/6/1998 i lavori di riptristino di via omissis fossero già stati avviati come risultava dagli atti pubblici delibera, stati di avanzamento, contabilità e che a nulla valessero le argomentazioni difensive sviluppate dalla ricorrente - la conclusione non si confronta con la diversa indicazione dell’inizio dei lavori contenuta sul cartello apposto sulla stessa via, cartello che, diversamente dagli atti amministrativi ed inerenti il rapporto con il soggetto esecutore dei lavori, assume autonoma valenza e percepibilità rispetto ai primi e si ricollega direttamente alla materiale condotta di spoglio denunciata dalla ricorrente - va perciò accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Napoli affinché rivaluti la fattispecie in esame secondo i principi di diritto sopra ricordati che il Collegio ritiene di confermare e, infine, decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione, anche per le spese del giudizio di cassazione.