Pignoramento nei limiti dell’importo precettato, salvo i casi di estensione

Il limite previsto dall’art. 546, comma 1, c.p.c., vale a dire l’importo del credito precettato aumentato della metà, delimita anche l’oggetto del processo esecutivo pertanto, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, quand’anche del medesimo procedente, non consente il superamento di quel limite e quindi l’assegnazione di crediti in misura maggiore.

Con la sentenza n. 15595 dell’11 giugno 2019 il S.C. interviene su un particolare aspetto del processo esecutivo, stabilendo il principio per il quale, in assenza di estensione del pignoramento, non è possibile rivendicare ulteriori crediti nell’ambito della procedura esecutiva, non essendo - peraltro - consentito superare tale limite per il tramite di un atto di intervento promosso dal medesimo creditore procedente. Il caso. La vicenda decisa dal S.C. con la sentenza in esame si inserisce nell’ambito di un procedimento esecutivo, nel quale il creditore, all’esito di un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, interviene rivendicando un credito maggiore rispetto a quello pignorato. La domanda viene rigettata sul rilievo che, in assenza di un ulteriore pignoramento sulla base di un titolo diverso da quello per il quale si procede, non è possibile rivendicare somme ulteriori, in quanto il limite al pignoramento è dato dall’importo precettato. Tale decisione viene confermata dalla Cassazione per la quale sarebbe stato necessario, anziché promuovere intervento, svolgere ulteriore atto di pignoramento sulla base dei nuovi titoli formatisi successivamente all’avvio del procedimento esecutivo. Estensione del pignoramento l’art. 499 c.p.c La norma prevede che ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. Lo scopo della norma è quello di evitare che i beni originariamente pignorati in misura ritenuta dal creditore procedente idonea al soddisfacimento del proprio credito si rivelino poi insufficienti in conseguenza dell'intervento di altri creditori. La norma in esame costituisce quindi una regolamentazione del rapporto tra creditore procedente e creditori intervenuti, sancendo la possibilità che, grazie all’attività del primo, anche i secondi possano essere soddisfatti in caso di intervento ad una procedura esecutiva già in essere. Estensione del pignoramento e nota di trascrizione. Diverso è, invece, il senso dell’estensione di cui all’art. 2912 c.c., per il quale il pignoramento si estende, in sostanza, anche agli accessori dei beni pignorati, con l’obbligo - a pena di inefficacia - di indicare tali beni. La mancata espressa indicazione, nel pignoramento e nella nota di trascrizione ed in difetto di ulteriori altrettanto univoci elementi in senso contrario dei dati catastali propri, esclusivi ed univoci di una pertinenza, a fronte della espressa indicazione di quelli diversi e distinti di altri beni e soprattutto della cosa principale, integra - in applicazione del principio inclusio unius exclusio alterius - un sicuro elemento contrario all'estensione del pignoramento a quella specifica pertinenza, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza o meno del vincolo pertinenziale. Creditore procedente ed intervento dello stesso nel processo esecutivo. La questione effettivamente centrale nella sentenza in commento riguarda la possibilità o meno per il creditore procedente di intervenire nel procedimento da lui stesso introdotto, sulla base di un ulteriore titolo esecutivo, al fine di conseguire una somma maggiore ed ulteriore rispetto a quella indicata nel pignoramento. A tale domanda il S.C. fornisce risposta negativa. Come noto, infatti, l’intervento nel processo esecutivo realizza un concorso tra creditore intervenuto e creditore procedente, in virtù del quale l’interventore soggiace alle sorti del primo pignoramento, e quindi anche alla sua misura salvo che non chieda l’estensione ex art. 499 c.p.c Limite del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo. Fermo quanto precede, il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, previsto dagli artt. 548 e 549 c.p.c. ha la funzione di determinare l'oggetto del pignoramento, e quindi di accertare l'esistenza, i caratteri e la misura del credito del debitore verso il terzo pertanto, ove sia possibile l'esatta determinazione del relativo importo, ad essa deve certamente procedersi in quella sede, restando preclusa tale possibilità al giudice dell'esecuzione. Ciò costituisce l’attuazione del principio espresso nella massima in epigrafe, per il quale l’importo precettato rappresenta il limite al pignoramento effettuabile, in assenza di ulteriori pignoramenti sulla base di altri e diversi titoli esecutivi. Processo esecutivo e pluralità di creditori. La disciplina poc’anzi riferita costituisce una delle numerose modalità di regolamentazione del concorso di più creditori nel processo esecutivo. Il principio alla base è la sostanziale autonomia dei titoli in base ai quali detti creditori procedono. Nel processo di esecuzione forzata, infatti, al quale partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione non possono ostacolare la prosecuzione dell'esecuzione sull'impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. Tuttavia, occorre distinguere a se l'azione esecutiva si sia arrestata prima o dopo l'intervento, poiché nel primo caso, non esistendo un valido pignoramento al quale gli interventi possano ricollegarsi, il processo esecutivo è improseguibile b se il difetto del titolo posto a fondamento dell'azione esecutiva del creditore procedente sia originario o sopravvenuto, posto che solo il primo impedisce che l'azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l'estensione in loro favore di tutti gli atti compiuti finché il titolo del creditore procedente ha conservato validità. Esecuzione forzata ed intervento di creditore munito di titolo esecutivo. Analogamente, secondo la prospettiva offerta in precedenza, nel procedimento di esecuzione forzata a cui partecipino più creditori concorrenti, il creditore titolato, spiegando intervento, propone un'autonoma azione, fondata su un titolo esecutivo diverso ed autonomo rispetto a quello del creditore procedente. L'intervenuto, in sostanza, si giova del pignoramento posto in essere dal primo creditore come atto formale, ma la sua azione esecutiva rimane legittimata dal suo titolo esecutivo e non è invece soggetta alle sorti del titolo esecutivo azionato dal procedente la cui sopravvenuta inefficacia impedisce soltanto al pignorante di compiere ulteriori atti esecutivi .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 marzo – 11 giugno 2019, n. 15595 Presidente De Stefano – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. T.A. , creditore di F.M. in base a titolo esecutivo rappresentato da un lodo arbitrale, nel 2011 iniziò l’esecuzione sui beni del debitore, pignorando presso terzi il credito vantato da quegli nei confronti di due società, la Itas Mutua s.p.a. e la Itas Vita s.p.a 2. Il precetto notificato dal creditore F.M. alle due suddette società quantificava il credito azionato nell’importo di Euro 35.476,81. Le due società resero dichiarazione negativa. Il creditore procedente introdusse di conseguenza dinanzi al Tribunale di Trento, ai sensi dell’art. 548 c.p.c., il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Il Tribunale di Trento sentenza 26 novembre 2013 , e poi la Corte d’appello della stessa città sentenza 12 giugno 2014 accertarono che Itas Mutua e Itas Vita erano debitrici di F.M. dell’importo di Euro 228.157,30. 3. Il creditore procedente T.A. , nelle more del primo grado del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, intervenne volontariamente nel procedimento esecutivo da lui stesso iniziato, invocando l’ulteriore titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo dell’importo di Euro 116.879,37, emesso dal Tribunale di Macerata su suo ricorso, e sempre nei confronti di F.M. . Nell’atto di intervento T.A. dichiarò che questo era compiuto al fine di sottoporre al vincolo ciel pignoramento tutti i crediti vantati nei confronti della Itas Vita e della Itas Mutua dal debitore intimato, e formulò richiesta di partecipare alla distribuzione della somma ricavata all’esito della procedura di espropriazione presso il terzo. 4. Passata in giudicato la sentenza d’appello con cui era stata accertata la misura del debito delle società Itas Vita ed Itas Mutua nei confronti di F.M. , T.A. riassunse il procedimento esecutivo, all’esito del quale tuttavia il giudice dell’esecuzione gli assegnò solo la somma di 35.476,81 Euro, pari all’importo azionato e pignorato ex art. 546 c.p.c. , ed in acconto sul maggior credito azionato ed oggetto di intervento . 6. Avverso tale ordinanza di assegnazione T.A. propose opposizione gli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Trento. Questo, all’esito della fase di merito, con sentenza 11 novembre 2015 n. 1048 rigettò l’opposizione. Ritenne il Tribunale in sintesi che - l’art. 546 c.p.c. limita gli effetti del pignoramento all’importo precettato, aumentato della metà - pertanto il vincolo di indisponibilità creato dal pignoramento è circoscritto a tale importo, indipendentemente dal fatto che il terzo sia debitore o divenga in futuro debitore di un importo maggiore - nulla rilevava, nella specie, la circostanza che il creditore procedente, avendo acquisito un secondo titolo esecutivo successivamente al primo pignoramento, aveva compiuto un atto di intervento nella procedura esecutiva, giacché il pignoramento comunque rimaneva limitato all’importo indicato nel primo precetto. Il Tribunale aggiunse che il limite indicato dall’art. 546 c.p.c. era insuperabile, se non per il tramite di un successivo pignoramento, e non attraverso un mero atto di intervento. 7. La sentenza suddetta è stata impugnata per cassazione da T.A. , con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria. Hanno resistito con un controricorso unitario la Itas Mutua e la Itas Vita. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 543, 546, 548 e 549 c.p.c., nonché degli artt. 2740 e 2917 c.c Dopo aver ricostruito il quadro normativo applicabile ratione temporis, il ricorrente formula in sequenza una serie di rilievi così riassumibili a durante il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, il procedimento esecutivo era rimasto sospeso, e di conseguenza egli poteva legittimamente intervenire in esso, ex art. 551 c.p.c. b i terzi pignorati Itas Mutua ed Itas Vita avevano illegittimamente disposto, dopo il pignoramento, non solo delle somme pignorate, ma di tutti i propri debiti nei confronti del terzo esecutato c la sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 2740 e 2917 c.c., in quanto F.M. era tenuto a rispondere dei propri debiti nei confronti di T.A. non solo con i crediti da lui vantati nei confronti della Itas Mutua e della Itas Vita al momento del pignoramento, ma anche con i crediti sorti successivamente d in ogni caso, quando nel pignoramento presso terzi sorga controversia sulla misura dell’obbligo del terzo, quest’ultima può dirsi determinata solo all’esito del giudizio di accertamento del suddetto obbligo fino a che il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo non si concluda, perciò, il credito del terzo non è determinato nel suo ammontare, con la conseguenza che il terzo deve astenersi dal disporre di qualsiasi somma da lui dovuta al debitore esecutato. Sulla base dei suddetti rilievi il ricorrente conclude che il Tribunale di Trento avrebbe falsamente applicato al caso di specie l’art. 546 c.p.c., norma non pertinente rispetto al caso di specie. Infatti quella norma può trovare applicazione solo quando il debito del terzo verso il debitore esecutato sia esistente ed ammesso dal terzo pignorato, ma non quando sia negato o contestato. In queste ultime due ipotesi pertanto, secondo il ricorrente il vincolo di indisponibilità non può che estendersi a tutte le somme che risulteranno accertate all’esito del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo . 1.2. Il motivo è infondato. Il punto di diritto che la censura appena riassunta pone a questa Corte è il seguente se, eseguito un pignoramento presso terzi per una determinata somma 35 , ed accertato che il terzo è debitore del debitore esecutato per una somma di molto maggiore 200 , il creditore procedente, acquisito dopo il pignoramento un ulteriore titolo esecutivo, possa utilmente intervenire nella procedura esecutiva e pretendere l’assegnazione del credito pignorato in misura superiore 150 a quella oggetto di pignoramento e comunque eccedente il limite previsto dall’art. 546 c.p.c A tale quesito deve darsi risposta negativa. 1.3. Pignorando un credito del proprio debitore nei confronti di terzi, il creditore procedente impone al terzo pignorato l’obbligo di non disporre della somma pignorata art. 543 c.p.c. e art. 546 c.p.c., comma 1 . Tuttavia il pignoramento di un credito può avvenire non solo per l’intero ammontare di questo, ma anche per una parte soltanto. È dunque rimessa al creditore procedente l’individuazione della somma da sottoporre concretamente a pignoramento, col solo limite rappresentato dal divieto di azionare in modo frazionato ed ingiustificato l’unitario titolo esecutivo cfr. Cass. 09/04/2013, n. 8576 . In tal caso il vincolo di indisponibilità scaturente dal pignoramento produrrà i suoi effetti nei limiti dell’importo pignorato oltre tale limite, il debitore esecutato resta libero di disporre ad esempio, mediante cessione del proprio credito e correlativamente il terzo pignorato resta libero di adempiere la parte di credito non pignorata a richiesta del suo creditore. Se dunque è consentito il pignoramento parziale d’un credito, la parte di questo non pignorata non è soggetta a vincoli, ed in sede esecutiva non se ne potrà ordinare l’assegnazione al creditore. Poiché nel nostro caso il creditore procedente aveva pignorato presso terzi la sola somma di Euro 35.476,81, e non vi era stato un secondo pignoramento, l’odierno ricorrente non poteva pretendere l’assegnazione del maggior importo risultante dal secondo titolo esecutivo. 1.4. Ciò posto in linea generale, deve ora stabilirsi se il creditore procedente possa utilmente intervenire nel procedimento esecutivo da lui stesso introdotto, sulla base di un ulteriore titolo esecutivo, al fine di conseguire l’assegnazione di una somma ulteriore rispetto a quella indicata nel pignoramento ed in misura anche eccedente il limite del credito precettato, aumentato della metà. Anche a tale quesito deve darsi risposta negativa. In primo luogo, infatti, va rilevato che l’intervento è avvenuto durante la pendenza del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, e quindi ben oltre l’udienza di cui all’art. 547 c.p.c., termine ultimo per l’intervento sicché esso potrebbe, a tutto concedere e nella ricorrenza dei relativi presupposti, essere qualificato tardivo, con ogni conseguenza. In secondo luogo, l’intervento nel processo esecutivo realizza un concorso tra creditore intervenuto e creditore procedente usualmente definito accessorio, in virtù del quale l’interventore soggiace alle sorti del primo pignoramento, e quindi anche alla sua misura, salvo che nel caso di pignoramento presso terzi - non ne chieda l’estensione ex art. 499 c.p.c Nel caso di specie, però, il creditore procedente non risulta avere mai validamente - e tanto meno tempestivamente - proceduto all’estensione del pignoramento, con la conseguenza che egli non può invocare un effetto l’assegnazione del maggior credito emerso all’esito del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, rispetto a quello oggetto di pignoramento in mancanza dell’atto che lo presuppone l’estensione del pignoramento . Non rileva, al riguardo, che il credito sia stato accertato all’esito del giudizio una volta previsto dall’art. 548 c.p.c. o, attualmente, del peculiare subprocedimento che lo ha sostituito se è vero che il pignoramento presso terzi è una fattispecie processuale a formazione progressiva, nondimeno il suo oggetto resta univocamente delimitato dall’art. 546 c.p.c., comma 1, non potendo più, dove la novella di questo, sostenersi che esso si estenda alla totalità dei crediti del debitore esecutato nei confronti del terzo, essendo libero questi di disporre del credito nella misura eccedente quel limite l’importo del credito precettato, aumentato della metà . Pertanto, va fatta applicazione del seguente principio di diritto il limite previsto dall’art. 546 c.p.c., comma 1, vale a dire l’importo del credito precettato aumentato della metà, delimita anche l’oggetto del processo esecutivo pertanto, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, quand’anche del medesimo procedente, non consente il superamento di quel limite e quindi l’assegnazione di crediti in misura maggiore . 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta formalmente il vizio di omessa motivazione . Dall’illustrazione del motivo, tuttavia, emerge che egli abbia inteso prospettare il ben diverso vizio di omessa pronuncia e quindi di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 . Espone infatti il ricorrente che, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, egli aveva formulato una domanda subordinata aveva chiesto che il Tribunale, se avesse ritenuto impossibile assegnargli l’intero credito da lui preteso anche con l’atto di intervento, gli fosse almeno assegnato l’importo indicato nel pignoramento Euro 35.476,81 , aumentato della metà, così come prescritto dall’art. 546 c.p.c Deduce che su tale domanda subordinata il giudice di merito non si è pronunciato, e ciò costituirebbe una omessa motivazione . 2.2. Il motivo va qualificato d’ufficio come denuncia del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. È tale vizio, infatti, che ricorre quando il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda o su una eccezione. Il ben diverso vizio di omessa motivazione sussiste invece quando il giudice, pur provvedendo su una domanda o su una eccezione, non spieghi le ragioni per le quali l’abbia accolta o rigettata. Nel caso di specie è lo stesso ricorrente a lamentare che, sulla sua domanda subordinata di assegnazione dell’importo pignorato maggiorato del 50%, il Tribunale non dice e non scrive nulla così il ricorso, p. 32 . Questo errore nell’inquadramento della censura, tuttavia, non è di ostacolo all’esame del secondo motivo di ricorso. Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. vizio di sussunzione e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 c.p.c. , il ricorso non può per ciò solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 . E nel caso di specie, per quanto detto, l’illustrazione contenuta nelle pp. 31-32 del ricorso è sufficientemente chiara nel prospettare la violazione, da parte della Corte d’appello, dell’art. 112 c.p.c., e dunque il suddetto errore non è di per sé causa di inammissibilità del ricorso. 2.3. Il motivo, tuttavia, va dichiarato inammissibile per altra ragione, ovvero per la violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6. Il ricorrente, infatti, lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di assegnazione di un credito pari all’importo precettato, aumentato della metà. Stabilisce tuttavia l’art. 546 c.p.c., comma 1, che nell’espropriazione presso terzi, dal giorno della notifica del pignoramento, il terzo pignorato deve astenersi dal disporre della somma pignorata, nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà. La norma, dunque, stabilisce una relazione tra somma pignorata e somma precettata l’indisponibilità della prima incontra il limite di una volta e mezzo l’ammontare della seconda. Il ricorrente, pertanto, prospetta un tipo di error in procedendo che si fonda su una erronea valutazione dell’atto di pignoramento da parte del giudice di merito. Si tratta quindi d’un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, si fonda sull’insufficiente esame d’un atto processuale art. 366 c.p.c. , ovvero l’atto di pignoramento. Quando il ricorso si fonda su un atto processuale, il ricorrente ha l’onere di indicarlo in modo specifico nel ricorso, a pena di inammissibilità art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 . Indicarlo in modo specifico vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte a trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo b indicare in quale fase processuale sia stato prodotto c indicare a quale fascicolo sia allegato, e con quale indicizzazione in tal senso, ex multis, Sez. 6 - 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016 Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013 Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011 . Di questi tre oneri, nel caso di specie il ricorrente non ha assolto il primo. Il ricorso, infatti, non riassume nè trascrive il contenuto dell’atto di pignoramento, nè spiega se esso fu compiuto nei limiti della somma precettata , o con quale altra diversa formula abbia indicato l’oggetto del pignoramento. 2.4. Ad abundantiam, questa Corte ritiene non inutile rilevare comunque come il motivo in esame appaia altresì infondato nel merito. Il Tribunale, infatti, non ha omesso di provvedere sulla domanda di assegnazione del credito in misura pari ad una volta e mezzo l’importo precettato, provvedendovi a pag. 5, paragrafo 7, della sentenza impugnata. Ivi il Tribunale, affermando che il pignoramento è limitato all’importo di cui all’atto di pignoramento stesso ha comunque indicato le ragioni della propria decisione anche con riferimento alla mancata assegnazione d’un importo pari al 50% della somma precettata, con valutazione che non ha formato oggetto di specifica doglianza in questa sede. 3. Le spese. 3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. 3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il primo motivo di ricorso - dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso - condanna T.A. alla rifusione in favore di Itas Vita s.p.a. ed Itas Mutua s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 3.700, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di T.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.