La regola e l’eccezione: domicilio digitale e la notifica al difensore in cancelleria

In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale art. 16-sexies d.lgs. n. 179/2012 che corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, non è più possibile procedere, ai sensi dell’art. 82 r.d. n. 37/1934, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite. Ciò vale anche laddove il destinatario abbia omesso di eleggere domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

È quanto si legge nell’ordinanza n. 14140/19 della Sesta Sezione Civile – sottosezione seconda – della Corte di Cassazione depositata il 23 maggio. Il caso. D.C., con atto regolarmente notificato, citava a comparire A.L. e la provincia di Salerno chiedendo l’accertamento della insussistenza di qualsivoglia servitù a carico dei terreni in comproprietà con i fratelli, siti nella città di Minori. Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 4072/2014, accoglieva la domanda nei soli confronti di A.L. il quale proponeva appello che veniva dichiarato inammissibile con sentenza n. 125 del 25.01.2018 in quanto proposto tardivamente. La Corte d’Appello di Salerno argomentava l’inammissibilità del gravame sulla base del fatto che la notifica della sentenza di primo grado ad A.L. era avvenuta in data 26.09.2014, mentre l’atto di appello risultava avviato per la notifica in data 11.12.2014 e quindi in un momento in cui il termine breve era già decorso. Difatti, l’avvocato V.S., difensore di prime cure di A.L., aveva eletto domicilio presso il suo studio sito nella città di Nocera Inferiore e non, ai sensi dell’art. 82 r.d. n. 37/1934, nel luogo sede dell’autorità giudiziaria dinanzi la quale alla quale il giudizio si era svolto, cosicché il domicilio doveva intendersi eletto presso la cancelleria di tale autorità giudiziaria e, di conseguenza, la notificazione all’appellante della pronuncia di primo grado presso la cancelleria del Tribunale di Salerno doveva considerarsi idonea a far decorrere il termine breve per impugnare. A.L. proponeva ricorso per cassazione denunciando, con un unico motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 16- sexies d.lgs. n. 179/12 in relazione art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché degli artt. 325 e 327 c.p.c. sulla scorta dell’avvento del c.d. domicilio digitale e susseguente nullità della notificazione della sentenza di primo grado. La Cassazione accoglie il ricorso. Notificazione sentenza e decorrenza termini per l’appello. La notificazione della sentenza, ai sensi dell’art. 285 c.p.c., al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, deve avvenire su istanza di parte a norma dell'art. 170 c.p.c., in forza del quale la sentenza va notificata al procuratore costituito o direttamente alla parte nei casi in cui quest'ultima sia autorizzata a stare in giudizio personalmente . Da suddetta notificazione decorrono i termini per proporre le impugnazioni, decorsi inutilmente i quali la sentenza diviene cosa giudicata. Si distinguono, in particolare, due tipologie di termini un termine breve e un termine lungo. Con particolare riguardo al primo trenta giorni per il regolamento di competenza, l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo revocatoria, ovvero sessanta giorni laddove riguardi il ricorso per cassazione , la regola generale è quella in base alla quale esso decorre dalla notifica della sentenza. Tuttavia, il codice di rito prevede che, indipendentemente dalla notificazione, l'appello così come il ricorso per cassazione e la revocazione non possono in ogni caso proporsi decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza termine lungo . Chiarito quindi che la pronuncia va notificata al procuratore costituito, quando tuttavia questi esercita il proprio ufficio in un giudizio fuori della circoscrizione del Tribunale al quale è assegnato, l’art. 82 r.d. n. 37/1935 prevede che l’avvocato, all’atto della costituzione in giudizio, debba eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale la causa è in corso, pena la presunzione di elezione del domicilio presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente. La ratio essendi della disposizione summenzionata va rinvenuta nell’obiettivo, in un periodo in cui era difficile la comunicazione e lo scambio di informazioni, di semplificare le notificazioni tra avvocati, in modo tale da non gravare la classe forense e le cancellerie di lunghe ricerche anagrafiche al fine di individuare i destinatari di atti giudiziari e delle relative comunicazioni. È questa norma che viene posta come motivazione della pronuncia di inammissibilità per tardività dell’appello di A.L., ed è proprio questa norma che solleva il dubbio sull’attualità della stessa in presenza di un contesto tecnologico che sembra oramai aver superato le preoccupazioni che erano state poste alla base della emanazione del regio decreto. Domicilio digitale. Il d.lgs. n. 179/2012 ha introdotto nell’ordinamento processual civilistico, per ragioni di speditezza e celerità, un istituto volto a velocizzare l’attività di notifica e, più in generale, a perfezionare il processo civile telematico. Ci si riferisce al domicilio digitale”, strumento idoneo a coniugare celerità, semplificazione e progresso tecnologico in vista di una maggiore efficienza della macchina giudiziaria. L’art. 16- sexies del decreto citato, in particolare prevede che, salvo quanto stabilito dall’art. 366 c.p.c., la notificazione in cancelleria su istanza di parti private è possibile solo quando la notificazione tramite PEC sia impossibile per causa imputabile al destinatario. In altri termini oggi la notifica in cancelleria è possibile solo nel caso in cui risulti impossibile notificare all’indirizzo di posta elettronica certificata per colpa del titolare della casella PEC. Ciò vale anche nel caso in cui l’avvocato sia iscritto in un albo di altra circoscrizione e non abbia eletto domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito finanche in questa ipotesi si potrà procedere alla notifica in cancelleria solo se l’impossibilità della notifica tramite PEC è imputabile al destinatario stesso. Il sistema del luogo delle notifiche, all’indomani del domicilio digitale può essere, quindi, così sintetizzato, distinguendo a seconda che il difensore sia intra circoscrizione o fuori circoscrizione. Se il difensore è intra-circoscrizione con PEC funzionante e con elezione di domicilio diverso dal proprio domicilio professionale, la notifica va eseguita alternativamente presso il domicilio eletto o a mezzo PEC con PEC funzionante ma senza elezione di domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, la notifica può essere eseguita presso il domicilio professionale o a mezzo PEC. Ancora, con PEC non funzionante e senza elezione di domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, la notifica dovrà essere eseguita presso il suo domicilio professionale se invece nelle medesime condizioni ha eletto domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, la notifica dovrà essere eseguita presso il domicilio eletto. Diverse sono le conclusioni per quanto concerne il difensore fuori circoscrizione se ha la PEC funzionante ed ha eletto domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, la notifica può essere eseguita alternativamente presso il domicilio eletto o a mezzo PEC se invece ha eletto domicilio fuori dal comune ove ha sede il giudice adito, la notifica deve essere eseguita a mezzo PEC se viene eletto, ovvero non eletto, domicilio fuori dal comune ove ha sede il giudice adito ma la PEC non è funzionante, la notifica può essere eseguita in cancelleria. Rapporto tra domicilio digitale e notificazioni fisiche”. All’indomani dell’introduzione del domicilio digitale, oggi l’unico indirizzo di posta elettronica certificata rilevante ai fini processuali è quello che il difensore ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza. Basti pensare che l’attuale art. 125 c.p.c. così come modificato dal d.l. n. 90/2014 conv. in l. n. 114/2014 non prevede più l’obbligo del difensore di indicare il proprio indirizzo PEC negli atti di parte, e ciò in quanto i dati di ciascun avvocato sono rinvenibili tramite visura di appositi registri telematici. Ogni avvocato è, dunque, munito di un domicilio digitale” conoscibile da parte di ogni terzo, talché l’ambito di operatività della domiciliazione ex lege di cui al regio decreto del 1934 risulta limitato ai casi in cui le notificazioni non possano essere effettuate per via telematica per causa imputabile al destinatario. In definitiva, in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione ex art. 16- sexies d.lgs. n. 179/2012 del domicilio digitale corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, non è più possibile procedere, ai sensi dell’art. 82 r.d. n. 37/1934, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario ex multis Cass. n. 14914/2018 . Tornando al caso di specie, al difensore di A.L., l’avvocato V.S., era assegnato un ben preciso indirizzo PEC conoscibile mediante visura del registro INIPEC, sicché in mancanza di elezione di domicilio la notifica della sentenza di primo grado doveva essere effettuata all’indirizzo di posta elettronica certificata rinvenibile dalla consultazione del summenzionato registro. Per tali ragioni la Corte di Cassazione, accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 gennaio – 23 maggio 2019, n. 14140 Presidente Lombardo – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Con atto notificato in data 30.9.2015 C.D. , proprietario unitamente ai fratelli di un fabbricato con adiacenti terreni in Minori, citava a comparire dinanzi al tribunale di Salerno L.A. e la Provincia di Salerno. Chiedeva accertarsi e darsi atto dell’insussistenza di qualsivoglia servitù a carico dei terreni in comproprietà sua e dei suoi fratelli e farsi ordine ai convenuti di astenersi dal transitare sui fondi. Si costituiva L.A. . Instava, tra l’altro, per il rigetto dell’avversa domanda. Resisteva la Provincia di Salerno. Con sentenza n. 4072/2014 l’adito tribunale accoglieva la domanda nei soli confronti di L.A. . Proponeva appello L.A. . Resisteva C.D. . Resisteva la Provincia di Salerno. Con sentenza n. 125 del 25.1.2018 la corte d’appello di Salerno dichiarava inammissibile il gravame siccome tardivamente proposto. Evidenziava la corte che l’avvocato Vincenzo Sorrentino, difensore in prime cure dell’appellante, aveva eletto domicilio presso il suo studio, in omissis , e non già, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, nel luogo - Salerno - sede dell’autorità giudiziaria dinanzi alla quale il giudizio di prime cure si era svolto, cosicché il domicilio doveva intendersi eletto presso la cancelleria di tale autorità giudiziaria. Evidenziava altresì che l’avvocato Sorrentino non aveva indicato nei propri atti difensivi l’indirizzo p.e.c. comunicato al proprio ordine professionale, cosicché la notificazione all’appellante della statuizione di prime cure presso la cancelleria del tribunale di Salerno era idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. Evidenziava quindi che la notificazione all’appellante della statuizione di primo grado presso la cancelleria del tribunale di Salerno era avvenuta in data 26.9.2014 e che l’atto di gravame era stato avviato per la notifica in data 11.12.2014 che pertanto il gravame era stato esperito tardivamente, allorché il termine breve era già decorso. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso L.A. ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con vittoria di spese da attribuirsi al difensore anticipatario. C.D. ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio. La Provincia di Salerno non ha svolto difese. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 sexies, nonché degli artt. 325 e 327 c.p.c Deduce che, a seguito dell’entrata in vigore del domicilio digitale , non è più possibile procedere alle comunicazioni o notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, ancorché si sia omesso di eleggere domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale la lite è pendente, a meno che l’indirizzo di posta elettronica certificata sia inaccessibile per cause imputabili al destinatario ovvero non sia desumibile dai registri generali degli indirizzi elettronici. Deduce inoltre che negli atti di parte non è più necessario indicare l’indirizzo p.e.c. del difensore, essendo questo reperibile dai pubblici elenchi REGINDE ed INPEC così ricorso, pag. 11 . Deduce su tale scorta che all’avvocato Vincenzo Sorrentino - suo difensore in prime cure - così come risulta dalla visura INIPEC, era ed è assegnato un ben preciso indirizzo p.e.c., sicché il difensore di C.D. , in mancanza di elezione di domicilio, avrebbe dovuto notificare la sentenza di primo grado al medesimo indirizzo di posta elettronica certificata. Deduce quindi che la nullità della notificazione della sentenza di primo grado - avvenuta in data 26.9.2014, successivamente all’entrata in vigore della L. n. 114 del 2014, di conversione del D.Lgs. n. 90 del 2014 - ne ha comportato l’inidoneità a provocare il decorso del termine breve , con l’ulteriore conseguenza che l’appello, proposto antecedentemente alla scadenza del termine lungo , doveva considerarsi tempestivo. Il motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento. Si evidenzia, per un verso, che, in materia di notificazioni al difensore, la regola del cosiddetto domicilio digitale , di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012 , introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 52, comma 1, lett. b convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 , che impone di eseguire le notificazioni e le comunicazioni esclusivamente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, ha immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla vigenza del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, in applicazione del generale principio del tempus regit actum cfr. Cass. ord. 14.12.2017, n. 30139 . Si evidenzia, per altro verso, che in prime cure il tribunale di Salerno ha pronunciato con sentenza del 9.8.2014 si veda sentenza d’appello, pag. 3, primo rigo . Si evidenzia, per altro verso ancora, che la notificazione della sentenza di primo grado è avvenuta in data 26.9.2014 vedi sentenza d’appello, pag. 3 ricorso, pag. 9 . La disciplina di cui all’art. 16 sexies cit. dunque si applica senz’altro, ratione temporis, al caso di specie. Su tale scorta si rappresenta che, in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione ex art. 16 cit. del domicilio digitale corrispondente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza , non è più possibile procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario cfr. Cass. 11.7.2017, n. 17048 cfr. Cass. 8.6.2018, n. 14914 . In questi termini si reputa quanto segue. Da un lato, è da escludere, contrariamente all’assunto del controricorrente al riguardo vedi controricorso, pag. 5 , che la mera mancata indicazione del codice fiscale da parte dell’avvocato Vincenzo Sorrentino, difensore in prime cure di L.A. in questa sede ricorrente , abbia reso inaccessibile l’indirizzo di posta elettronica certificata dello stesso avvocato Sorrentino per cause a costui imputabili ed ascrivibili. Dall’altro, è da considerare nulla la notificazione in cancelleria della sentenza n. 4072/2014 del tribunale di Salerno cfr. Cass. 8.6.2018, n. 14914, con riferimento alla nullità, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale , della notificazione dell’atto di appello effettuata - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite . Dall’altro ancora, è da ritenere che la nullità ha reso la notificazione della sentenza di prime cure di certo inidonea a provocare il decorso del termine breve , cosicché la notificazione - in data 11.12.2014 - dell’atto di appello di L.A. antecedentemente alla scadenza del termine lungo era valsa a rendere il gravame senz’altro tempestivo cfr. a tal specifico riguardo Cass. sez. un. 23.7.2018, n. 19526, secondo cui la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni rese dal Consiglio nazionale forense su provvedimenti disciplinari a carico di avvocati è soggetta al termine c.d. lungo di cui all’art. 327 c.p.c., ove non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessuna delle parti interessate abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa nella specie, questa Corte ha ritenuto operante il termine lungo in relazione all’impugnazione di una decisione disciplinare del C.N. F., notificata d’ufficio all’avvocato - che non aveva eletto domicilio nel comune sede dell’ufficio procedente - presso lo stesso C.N.F. forense e non all’indirizzo p.e.c. indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, nonostante tale indirizzo non risultasse inaccessibile . In accoglimento del ricorso la sentenza n. 125 del 25.1.2018 della corte d’appello di Salerno va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. In dipendenza dell’accoglimento del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione a norma del D.P.R. cit., art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza n. 125 del 25.1.2018 della corte d’appello di Salerno e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.