Il pagamento delle spese di lite nel giudizio per accertare un credito vantato

In tema di condanna al pagamento delle spese processuali, la Corte Costituzionale con sentenza n. 77/2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni .

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 13922/19, depositata il 22 maggio. Il caso. L’attrice presentava domanda di insinuazione nel passivo fallimentare di una s.r.l. assumendo di aver svolto attività lavorativa presso la società poi fallita. Il Tribunale riteneva di accogliere la domanda di ammissione in via privilegiata del credito in questione e stabiliva che le spese processuali erano compensate interamente tra le parti in quanto il presente giudizio si è reso necessario per accertare il credito vantato . Avverso la decisione in quest’ultimo senso la ricorrente si rivolge alla Suprema Corte di Cassazione. Le spese processuali. In particolare, sostiene la ricorrente che il Tribunale non aveva fatto corretta applicazione del generale principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. secondo cui, l’accoglimento dell’opposizione doveva comportare automaticamente la condanna alle spese a carico del fallimento. Infatti, non si era verificata, nella fattispecie, nessuna delle due ipotesi indicate dall’art. 92 c.p.c. così come modificato dalla l. n. 162/2014, poiché si trattava di un classico caso di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato non regolarizzato. Sul punto, occorre riprendere quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 77/2018, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni . Con questa decisione la Consulta ha ritenuto che tale assetto normativo posto che il legislatore del 2014 ha preso in considerazione due ipotesi tassative, ossia la novità assoluta della questione e il mutamento giurisprudenziale su una questione dirimente, oltre a quella della soccombenza parziale vada a violare il principio di ragionevolezza e di uguaglianza, lasciando fuori analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa. Andando a violare anche i principi del giusto processo e del diritto alla tutela giurisdizionale. Infatti la sostanza che identifica le suddette due ipotesi tassative, in realtà, può rinvenirsi anche in altre situazioni meno gravi ed eccezionali. Rifacendosi, dunque, al caso di specie, la motivazione adottata dal Tribunale non può considerarsi idonea a giustificare la compensazione delle spese di lite. Pertanto, il decreto impugnato va cassato in relazione alla statuizione sulla compensazione delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 28 febbraio – 22 maggio 2019, n. 13922 Presidente Didone – Relatore Dolmetta Fatti di causa 1.- S.M. ha presentato domanda di insinuazione nel passivo fallimentare della s.r.l. XXXXX, assumendo di avere svolto attività lavorativa alle dipendenze della società poi fallita. Ha precisato di essere stata inquadrata come lavoratrice a progetto, con funzioni intese al miglioramento e rafforzamento dell’immagine aziendale presso i clienti , mentre nei fatti le mansioni svolte si erano sostanziate nel dirigere i corsi di tonificazione, di pilates, di danza per bimbi, di acquagym e nel seguire personalmente i clienti della palestra . Nell’opporsi il curatore all’ammissione del credito, il giudice delegato ha respinto la domanda. 2.- Con ricorso L. Fall., ex art. 98, depositato nel corso dell’aprile 2015, S.M. ha presentato avanti al Tribunale di Alessandria opposizione avverso la detta esclusione. Il curatore non si è costituito. Escusse talune prove testimoniali, il Tribunale ha ritenuto di accogliere la domanda di ammissione in via privilegiata del credito in questione. È di palmare evidenza - ha rilevato il giudice - che l’attività in concreto svolta era del tutto estranea al progetto previsto nel contratto . Con la conseguente conversione del rapporto di lavoro a progetto in quello di lavoro subordinato ai sensi della L. n. 267 del 2003, art. 69. Accolto il credito nei termini della domanda formulata dall’opponente, il Tribunale piemontese ha altresì stabilito che le spese processuali sono interamente compensate tra le parti in quanto il presente giudizio si è reso necessario per accertare il credito vantato . 3.- Avverso quest’ultima statuizione è insorta S.M. , presentando ricorso affidato a un motivo di cassazione. Il fallimento della s.r.l. non ha svolto difese. Ragioni della decisione 4.- Il motivo formulato nel ricorso assume violazione delle norme degli artt. 91 e 92 c.p.c Ad avviso del ricorrente, dunque, il Tribunale ha errato non avendo fatto corretta applicazione del principio generale valido ai fini della regolamentazione delle spese in ragione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., il semplice accoglimento dell’opposizione doveva comportare automaticamente la condanna alle spese a carico del fallimento . Del resto, nel caso di specie non si era verificata - così si prosegue - alcuna delle ipotesi contemplate oggi dalla norma dell’art. 92 c.p.c., così come modificata dalla L. n. 162 del 2014, posto che tale norma ha eliminato il potere del giudice . di compensare le spese di lite alla ricorrenza di gravi ed eccezionali ragioni . La questione sottoposta all’esame del Tribunale - argomenta ancora il ricorrente - non era nuova, nè è stata oggetto di mutamenti giurisprudenziali era, infatti, il classico caso di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato non regolarizzato . 5.- Per orientare in modo corretto l’analisi del motivo che è stato proposto, occorre rilevare in via preliminare che, con sentenza 19 aprile 2018 n. 77, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dalla D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni . Con tale pronuncia, la Consulta - preso atto come il legislatore del 2014 abbia inteso far riferimento a due ipotesi tassative e rigide l’assoluta novità della questione il mutamento della giurisprudenza su una questione dirimente , in addizione all’invariata ipotesi della soccombenza parziale - ha ritenuto che un simile assetto normativo venga peraltro a violare il principio di ragionevolezza e di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., comma 1, nella misura in cui lascia fuori altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa . La rigidità di tale tassatività - ha aggiunto inoltre ridonda anche in violazione del canone del giusto processo art. 111 Cost., comma 1 e del diritto alla tutela giurisdizionale art. 24 Cost., comma 1 , perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione imprevista e imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti . In via correlata, la sentenza ha osservato che la sostanza identificativa delle due ipotesi prese in considerazione dalla legge può ugualmente rinvenirsi in altre situazioni non meno gravi ed eccezionali e tuttavia non iscrivibili in un rigido catalogo di ipotesi nominate e che, perciò, necessariamente debbono essere rimesse alla prudente valutazione del giudice della controversia con connesso suo obbligo di motivazione della decisione di compensare le spese ex art. 111 Cost., comma 6 . E ha quindi ritenuto che le ipotesi prese in specifica considerazione dalla legge debbano in realtà avere carattere paradigmatico e svolg ere una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale di grave ed eccezionale ragione di compensazione delle spese che deve comunque essere espressamente motivata . Più in particolare, la pronuncia ha ritenuto che l’indicazione normativa dell’ assoluta novità della questione rifletta il paradigma generale della situazione di oggettiva e marcata incertezza , in fatto o in diritto, non orientata dalla giurisprudenza e che quella del mutamento di giurisprudenza su questione dirimente sia rappresentativa dell’idea di sopravvenuto mutamento dei termini della controversia senza che nulla possa addebitarsi alle parti . 6.- Sulla scorta di queste premesse, si può ora procedere al merito della fattispecie concretamente in esame. Per rilevare che la motivazione specificamente addotta dal Tribunale di Alessandria - che, in sostanza, si basa sulla ravvisata necessità di escutere prove testimoniali, per l’assenza di prove documentali o altrimenti liquide - non può in alcun modo essere considerata come idonea a giustificare la compensazione nè parziale, nè tantomeno totale delle spese di lite. Tale motivazione si manifesta, infatti, ben lungi dal potere rientrare in uno o l’altro dei paradigmi individuati dalla Corte Costituzionale. All’opposto, la motivazione addotta dal Tribunale risulta in realtà scontrarsi con la constatazione che - trattandosi nella specie di riqualificare un rapporto di lavoro sulla base delle mansioni nel concreto effettivamente svolte dal lavoratore - risulta ipotesi del tutto corrente che le relative circostanze vadano accertate a mezzo prove testimoniali. Il decreto impugnato va quindi cassato in relazione alla statuizione relativa alla compensazione delle spese di lite e la controversia rinviata, per tale profilo, al Tribunale di Alessandria, che la giudicherà in conformità con i principi qui sopra enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa, nei termini di cui in motivazione, in decreto impugnato e rinvia la relativa controversia al Tribunale di Alessandria, che la esaminerà in diversa composizione.