Sosta in area destinata agli invalidi senza esposizione del contrassegno: ad esser provato è lo stato di necessità

Nell’ipotesi in cui il conducente sosti in un’area destinata a portatori di handicap senza l’esposizione dell’apposito contrassegno , non perché sia personalmente titolare di tale beneficio, ma in quanto accompagnatore di un soggetto invalido, deve comprovarsi l’esistenza dell’autorizzazione in favore del soggetto accompagnato ed inoltre che il veicolo sia a servizio di quest’ultimo.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 12625/19, depositata il 13 maggio. Il caso. Il GdP rigettava l’opposizione proposta da un conducente avverso il verbale di accertamento con cui la Polizia Municipale gli contestava la violazione dell’art. 158, commi 2 e 5, c.d.s., per aver sostato con la propria auto in un’area destinata agli invalidi senza esporre il contrassegno autorizzativo. Anche il Tribunale, adito in secondo grado, rigettava il gravame del conducendo, confermando la decisione di primo grado. Così tale soggetto ricorre in Cassazione. Il motivo di ricorso. In particolare il ricorrente denuncia falsa applicazione del summenzionato art. 158, commi 2 e 5, c.d.s., per aver i giudici di merito equiparato la mancata esposizione del contrassegno in esame a l’esserne sforniti, sostenendo che la sua sosta in tale area era stata legittimata dallo stato di necessità dovuto all’accompagnamento della madre invalida, titolare dell’autorizzazione. Dunque, non poteva essere sanzionato per la mancanza del contrassegno autorizzativo, ma tuttalpiù per la mancata esposizione dello stesso, ex art. 188 c.d.s L’intervento della Suprema Corte. Ma, nel caso in esame, a configurarsi è proprio il comportamento previsto dall’art. 158, comma 2, lett. g , c.d.s., in quanto il conducente non esponeva il contrassegno invalidi che deve essere rilasciato dal Comune. E in tali casi, non essendo possibile stabilire se il veicolo sia al servizio di un portatore di handicap, è l’autorità procedente a dover contestare la violazione dell’art. 158. Inoltre, il ricorrente afferma che non era personalmente titolare del beneficio, ma accompagnatore di un invalido e non ha comprovato né l’esistenza dell’autorizzazione in favore del soggetto accompagnato né che il veicolo fosse a servizio della made invalida, omettendo così di indicare lo stato di necessità. Per tali ragioni, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 7 novembre 2018 – 13 maggio 2019, n. 12625 Presidente Lombardo – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Il Giudice di pace di La Spezia, con sentenza n. 84/15, rigettava l’opposizione proposta da D.C. avverso il verbale di accertamento con cui la Polizia Municipale della Spezia gli contestava la violazione dell’art. 158 C.d.S., commi 2 e 5, per aver sostato in area destinata agli invalidi senza esporre il contrassegno autorizzativo. A seguito di impugnazione proposta dal D. , il Tribunale della Spezia, con sentenza n. 883/2016, rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza del Tribunale della Spezia D. propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi. Rimasto intimato il Comune della Spezia. Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che con il primo motivo parte ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 158 C.d.S. e dell’art. 381 Reg. esec. del C.d.S., per avere il giudice di merito equiparato la mancata esposizione del contrassegno a l’esserne sforniti. Sostiene il ricorrente che la sosta in area destinata agli invalidi sarebbe stata legittimata dallo stato di necessità dovuto all’accompagnamento della madre invalida, titolare di autorizzazione. Ne consegue che non poteva essere sanzionato per la mancanza del contrassegno, ai sensi dell’art. 158 C.d.S., ma tutt’al più per la mancata esposizione dello stesso, ai sensi dell’art. 188 C.d.S La censura non può trovare ingresso. Occorre premettere che l’art. 158 C.d.S., comma 2, lett. g , sanziona la condotta di chi lascia un veicolo in sosta negli spazi riservati ai veicoli per persone invalide, di cui all’art. 188 C.d.S L’art. 188 C.d.S. concerne, invero, l’uso di apposite strutture che gli enti proprietari della strada devono predisporre per la circolazione e la sosta di veicoli al servizio di persone invalide e che sono determinate ai sensi dell’art. 381 Reg. esec. C.d.S., comma 6. Orbene, è proprio il comportamento previsto dall’art. 158 C.d.S., comma 2, lett. g , che dagli atti risulta essere stato posto in essere dal ricorrente, il quale, a quanto risulta dalla sentenza impugnata, ha dichiarato di aver sostato nel parcheggio riservato alle vetture di servizio per persone invalide. Il veicolo non esponeva il contrassegno invalidi che deve essere rilasciato dal Comune affinché l’avente diritto si avvalga del diritto di sostare in area riservata. In tali casi, come chiarito da questa Corte, non essendo possibile stabilire se il veicolo sia al servizio di un portatore di handicap, l’autorità che procede ad accertare il fatto deve contestare la violazione di cui all’art. 158 C.d.S. cfr. Cass. n. 7729/2009 n. 8488/2007 . Inoltre, il ricorrente afferma che in quella circostanza non era personalmente titolare del beneficio, bensì accompagnatore di un invalido, tuttavia non ha comprovato nè l’esistenza dell’autorizzazione in favore del soggetto accompagnato, nè che il veicolo fosse a servizio della madre invalida, conseguentemente vana è la doglianza che gli sia stata contestata l’infrazione di cui all’art. 158 C.d.S., e non già quella di cui all’art. 188 C.d.S. - con il secondo motivo parte ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 4, comma 1, assumendo che la sussistenza dello stato di necessità della madre invalida valesse a scriminare il comportamento illegittimo. Il motivo è inammissibile. Lo stato di necessità presupponeva, in primis, la circostanza che il veicolo fosse a servizio della madre invalida, circostanza che nella specie non risulta, come sopra evidenziato, provata dal D. , al quale, infatti, è stata contestata la violazione di cui all’art. 158 C.d.S Peraltro, la valutazione dello stato di necessità implica un accertamento di fatto come tale riservato al giudice di merito. Nella specie, il Tribunale ha ritenuto non specificamente e obiettivamente comprovato lo stato di necessità del D. si v. pag. 4 della sentenza impugnata . Il ricorrente, dunque, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, avrebbe dovuto indicare, in ossequio al principio di specificità del ricorso, quale elemento di fatto decisivo ad accertare lo stato di necessità il giudice di merito avrebbe omesso di prendere in considerazione, nonché specificare in quale atto del giudizio precedente lo abbia indicato. Nella specie, al contrario, il ricorrente si limita ad asserire genericamente l’esistenza di uno stato di necessità, senza indicare in quale sede o modo tale esimente sia stata provata, nè quale elemento di fatto non sia stato preso in considerazione dal giudice di merito. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Nessuna pronuncia sulle spese processuali in mancanza di difese da parte del Comune intimato. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all’art. 13, il comma 1-quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dell’Amministrazione ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.