Atto di citazione in appello: rinnovazione della notifica e sanatoria della nullità ex tunc

La nullità dell’atto di citazione in appello – con cui è stato assegnato un termine a comparire inferiore a 90 giorni – può essere sanata ex tunc per effetto del rinnovo della notifica dell’atto medesimo ciò anche se nel frattempo, ed al momento della rinnovazione, siano decorsi i termini di impugnazione.

A stabilirlo la Corte di Cassazione, con sentenza n. 11549/19 depositata il 2 maggio, respingendo il ricorso di un legale quale componente di un Comitato di controllo regionale , avverso la sentenza d’appello che aveva disposto la revoca del decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti di un Assessorato. Efficacia retroattiva della sanatoria. In particolare, l’avvocato aveva eccepito dinanzi alla Corte d’Appello la decadenza dell’Assessorato appellante dal diritto d’impugnazione, essendo stata la citazione in appello ritualmente notificata solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. I Giudici territoriali avevano tuttavia respinto detta eccezione, accogliendo nel merito l’appello, sull’assunto per cui l’originaria nullità dell’atto di citazione in appello – per assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello dovuto - era stata sanata con efficacia retroattiva dalla rinnovazione della notifica nonché dalla costituzione del convenuto. E questo sebbene la richiesta di rinnovazione della notifica fosse stata presentata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, in quanto spirato il termine per poterla impugnare ex art. 327 c.p.c Irrilevante l’intervenuto decorso dei termini per impugnare. Della stessa opinione la Corte di Cassazione, cui si era rivolto il legale reiterando la medesima doglianza. Nello specifico, l’applicabilità dell’art. 164 c.p.c. nullità della citazione anche alle nullità della vocatio in ius verificatesi nell’atto di citazione in appello, comporta l’operatività dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dal secondo e terzo comma della medesima disposizione. Il dato testuale della norma, laddove prevede che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione, sta a significare che la rinnovazione rituale del vizio attinente la vocatio in ius , produce una sanatoria con effetto retroattivo. È dunque irrilevante che nel momento in cui avvenga la rinnovazione della citazione, siano già decorsi, come nella specie, i termini di impugnazione. Non erra pertanto la sentenza impugnata – concludono gli Ermellini - laddove ritiene che il vizio della citazione in appello sia stato sanato, con effetto retroattivo, per via dell’autorizzata rinnovazione dell’atto medesimo. Così come non erra laddove sostiene che proprio l’effetto retroattivo abbia impedito che la sentenza impugnata passasse in giudicato, dato che la sanatoria ha acquistato efficacia nel momento dell’esecuzione della prima notifica, quando non era ancora completamente decorso il termine per impugnare. Sulla base di tale argomentazione, la Cassazione respinge dunque il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 febbraio – 2 maggio 2019, n. 11549 Presidente Giancola – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 28 marzo 2008, rigettava l’opposizione proposta dall’Assessorato alla Famiglia Politiche Sociali ed Autonomie Locali della Regione siciliana avverso i distinti decreti ingiuntivi ottenuti da vari componenti del CO.RE.CO., fra cui l’Avv. M.S. , per il pagamento degli arretrati, non corrisposti, relativi all’attività svolta nella qualità di componenti del Comitato regionale di controllo. 2. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello l’Assessorato alla Famiglia alle Politiche Sociali e alle Autonomie Locali della Regione siciliana. L’Avv. M. eccepiva in quella sede processuale la decadenza dell’appellante dal diritto all’impugnazione perché l’atto di citazione in appello era stato ritualmente notificato solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 373/2016, disattendeva l’eccezione di decadenza sollevata dal M. , rilevando che la notifica dell’appello era stata reiterata con esito positivo il 20 febbraio 2009, quando non era ancora scaduto il termine per impugnare il vizio di questa citazione, che aveva assegnato un termine a comparire inferiore a quello dovuto, era stato poi sanato - a dire del collegio del gravame - per effetto sia dell’autorizzata rinnovazione della notifica dell’atto, sia della successiva costituzione del convenuto. Nel merito la corte territoriale accoglieva l’appello proposto e revocava il decreto ingiuntivo già emesso in favore dell’Avv. M. nei confronti dell’Assessore degli enti locali della Regione Sicilia. 3. Ha presentato ricorso per cassazione contro detta pronuncia l’Avv. M.S. , affidandosi a un unico motivo di impugnazione. L’intimato Assessorato alla Famiglia alle Politiche Sociali e alle Autonomie Locali della Regione siciliana non ha svolto alcuna difesa. La sesta sezione, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 30 ottobre 2018 ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c. e ha rimesso la causa alla pubblica udienza della prima sezione. Ragioni della decisione 4. Il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 326, 327, 330, 170 e 291 c.p.c. in tesi di parte ricorrente, posto che era onere dell’appellante individuare il luogo in cui doveva essere eseguita la notificazione dell’atto di citazione in appello presso il procuratore costituito in primo grado, la notifica effettuata il 3 febbraio 2009 presso il vecchio domicilio del difensore era nulla per fatto imputabile all’operato dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, che non si era preoccupata di consultare preventivamente l’albo professionale, mentre la seconda notifica effettuata il 20 febbraio 2009 era nulla in quanto non aveva rispettato i termini a comparire previsti dall’art. 163-bis c.p.c., comma 1. Non valevano poi a sanare quest’ultima nullità nè la terza notificazione effettuata dall’appellante dietro concessione di un termine ai sensi dell’art. 164 c.p.c., comma 2, - perché la richiesta di rinnovazione avanzata all’udienza del 20 maggio 2009 e l’attività di notificazione effettuata in data 3 giugno 2009 erano state compiute quando la sentenza appellata pubblicata il 28 marzo 2008 era ormai divenuta cosa giudicata dal 13 maggio 2009 -, nè la costituzione in giudizio, che non era rivolta ad alcuna sanatoria ma solo a sollecitare il giudice di appello a pronunciare l’avvenuta decadenza dall’impugnazione. La Corte d’appello avrebbe perciò erroneamente ritenuto che il processo notificatorio iniziato e riattivato dall’appellante fosse idoneo a instaurare regolarmente l’impugnazione, pur in assenza di una valida notificazione entro il termine previsto dall’art. 327 c.p.c. e sebbene la richiesta di rinnovazione della notifica non fosse stata presentata prima del passaggio in cosa giudicata della sentenza appellata, come imponeva l’art. 291 c.p.c 5. Il motivo non è fondato. 5.1 Il rinvio operato dall’art. 359 c.p.c. alle disposizioni del procedimento di primo grado fa sì che l’art. 163-bis c.p.c., secondo il quale tra il giorno della notifica della citazione e quello dell’udienza di comparizione devono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni, si applichi anche al giudizio di appello ne consegue che se tra la notifica dell’atto di appello e l’udienza di comparizione intercorre un termine inferiore a quello così prescritto l’atto di citazione è nullo, ex art. 164 c.p.c., comma 1, e deve applicarsi il comma 2 di tale norma, secondo cui, in caso di mancata costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità della citazione, ne dispone la rinnovazione entro un termine perentorio Cass. 13128/2010 . 5.2 La disciplina dettata dal nuovo testo dell’art. 164 c.p.c., applicabile anche in appello in virtù del richiamo di cui all’art. 359 c.p.c., opera una distinzione quanto alle conseguenze della rinnovazione della citazione nulla e della costituzione del convenuto, giacché mentre i vizi afferenti alla vocatio in ius sono sanati con effetto ex tunc, quelli relativi alla editio actionis sono sanati con effetto ex nunc Cass. 17474/2007, Cass. 22024/2009 . La mancanza nella citazione di tutti i requisiti indicati dall’art. 164 c.p.c., comma 1, - e, quindi, di tutti gli elementi integranti la vocatio in jus - non vale perciò a sottrarla, anche se si tratta di citazione in appello, all’operatività dei meccanismi di sanatoria ex tunc previsti dal secondo e comma 3 della medesima disposizione Cass. 13079/2018 . 5.3 Il dato testuale della norma, laddove prevede che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dalla momento della prima notificazione , esplicita che la rinnovazione rituale del vizio della vocatio in ius produce una sanatoria con efficacia retroattiva Cass. 13652/2004 . E l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 164 c.p.c. anche alle nullità della vocatio in ius verificatesi nell’atto di citazione in appello fa sì che la sanatoria ex tunc operi in via generalizzata, anche se nel momento in cui avviene la rinnovazione della citazione siano già decorsi i termini di impugnazione si veda in questi termini Cass. 17474/2007, seppur rispetto alla diversa ipotesi di sanatoria conseguente alla costituzione in giudizio del convenuto . Non erra dunque la sentenza impugnata nè quando ritiene che il vizio della vocatio in ius sia stato sanato, con effetto retroattivo, ad opera dell’autorizzata rinnovazione dell’atto di citazione in appello, nè laddove rileva che l’effetto retroattivo ha impedito che la sentenza passasse in giudicato, dato che la sanatoria ha acquistato efficacia dal momento 20 febbraio 2009 dell’esecuzione della notificazione nulla ai sensi del combinato disposto dell’art. 359 c.p.c., art. 164, comma 1, e art. 163-bis c.p.c., comma 1, quando ancora non era completamente decorso il termine per impugnare previsto dall’art. 327 c.p.c 6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto. La mancata costituzione in sede di legittimità dell’amministrazione intimata esime questo collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.