Le spese di lite vanno liquidate in base all’esito finale del giudizio e non in relazione a ciascuna fase di esso

In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 10245/19, depositata l’11 aprile. Il fatto. Il Tribunale omologava il concordato preventivo di una società, rigettando l’opposizione proposta da una parte che assumeva di essere creditore della stessa in forza di un rapporto di lavoro subordinato. Avverso il rigetto l’opponente proponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello, la quale dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione negando sia la tempestività della stessa che la legittimazione ad impugnare del ricorrente. La Cassazione invece cassava la pronuncia e riconosceva al lavoratore la tempestività dell’appello e la legittimazione ad impugnare. Il procedimento era riassunto davanti alla Corte d’appello di Roma per decidere anche sulle spese processuali e questa respingeva il gravame e versava le spese processuali sul ricorrente. In Cassazione il lavoratore impugna tale pronuncia lamentando che le spese del giudizio di legittimità non potevano essere versate su di lui, in quanto la Suprema Corte aveva accolto il ricorso da lui proposto. Le spese di giudizio. La Corte, ritenendo infondato il motivo di ricorso, rileva che nel caso di specie deve trovare applicazione il principio Cass. civ., n. 20289/15 per cui in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, e, tuttavia, complessivamente soccombente, al rimborso delle stesse in favore della controparte . In forza del sopraesposto principio, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza28 febbraio – 11 aprile 2019, n. 10245 Presidente Scaldaferri – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Il Tribunale di Velletri, con decreto del 24 novembre 2005, omologava il concordato preventivo di Kabelsystem s.r.l. in liquidazione , rigettando l’opposizione proposta da G.C. che assumeva di essere creditore della stessa in ragione di un rapporto di lavoro subordinato. 2. - G. proponeva gravame. La Corte d’appello di Roma dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione ritenendola tardiva, in quanto proposta oltre il termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento reclamato e negando, inoltre, che l’appellante fosse legittimato a impugnare l’omologazione, non avendo egli fornito alcuna prova dell’esistenza del suo credito, dovendosi invece fondatamente ritenere la relativa domanda di accertamento ancora sub judice, avendo l’impugnante prodotto, dinanzi al Tribunale, la copia del ricorso in appello presentato nella afferente causa di lavoro. 3. - La pronuncia della Corte di Roma era impugnata dallo stesso G. e questa Corte, con sentenza n. 3954 del 29 febbraio 2016, la cassava. Venivano nella circostanza riconosciute sia la tempestività dell’appello che la legittimazione ad impugnare da parte di G. . 4. - Il procedimento era quindi riassunto avanti alla Corte di appello di Roma che respingeva il gravame rilevando come l’istante fosse carente di interesse ad agire la Corte distrettuale osservava, in proposito, che le somme di cui G. era creditore erano state già corrisposte dalla società prima dell’introduzione del giudizio di opposizione all’omologa rilevava, inoltre, che era esclusa ogni altra ragione di credito del medesimo appellante in relazione alla pretesa natura subordinata del rapporto intercorso tra lui e la società Kabelsystem. 5. - Quest’ultima pronuncia è stata impugnata da G.C. con un ricorso per cassazione basato su due motivi illustrati da memoria. Non vi sono controricorrenti. Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo è lamentata la violazione dell’art. 91 c.p.c Deduce il ricorrente che le spese del giudizio di legittimità non potevano essere riversate su di lui, in quanto la Corte di cassazione aveva accolto il ricorso da lui proposto. Con il secondo mezzo viene lamentata la violazione dell’art. 384 c.p.c Assume l’odierno istante che questa Corte, nel disporre il rinvio, aveva riconosciuto, in capo a lui, la piena legittimazione a impugnare il decreto di omologa a suo avviso, la Corte di appello di Roma si era discostata da quanto statuito in sede di legittimità e aveva violato quanto prescritto dal cit. art. 384 c.p.c., comma 2. 2. - Precede, nell’ordine logico, l’esame del secondo motivo, che è infondato. Non corrisponde al vero che la Corte di appello abbia denegato la legittimazione ad agire di G. , con ciò contravvenendo al giudicato formatosi con la pronuncia di legittimità. La sentenza impugnata - come in precedenza rilevato - ha di contro escluso l’interesse ad agire da parte dell’appellante, ritenendo definitivamente accertata l’insussistenza della posizione creditoria dallo stesso vantata nei confronti della società Kabelsystem. Come i due profili quello attinente alla legittimazione e quello concernente l’interesse ad agire siano tra di loro non intereferenti emerge, d’altro canto, dalla stessa sentenza n. 3594 di questa Corte, da cui si è originato il giudizio di rinvio. Nella circostanza, infatti, è stato disatteso l’assunto del giudice di appello per cui la legittimazione dell’odierno ricorrente all’opposizione discendeva dal non aver fornito il medesimo la dimostrazione dell’esistenza del credito di lavoro, siccome ancora sub judice nella sede naturale. La Corte di legittimità ha in proposito rilevato che legittimati a impugnare il provvedimento assunto dal tribunale fallimentare in sede di omologazione sono tutti i soggetti, opponenti e debitore, che abbiano rivestito la qualità di parte in senso formale nel relativo giudizio di omologa. Si intende, allora, come la questione attinente all’esistenza o meno del credito, implicato nell’accertamento compiuto dal giudice del rinvio nel quadro della verifica della ricorrenza dell’interesse ad agire, si collochi al di fuori dell’area descritta dallo scrutinio della legittimazione scrutinio che la pronuncia di legittimità ha ancorato a un presupposto l’essere l’odierno ricorrente parte del giudizio di omologa del tutto distinto da quello valorizzato dalla Corte di appello ai fini dell’accertamento dell’interesse ex art. 100 c.p.c. l’essere sussistente il credito oggetto del vanto creditorio . Pure infondato è il primo motivo. Sul punto, va applicato il principio per cui, in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, e, tuttavia, complessivamente soccombente, al rimborso delle stesse in favore della controparte Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289 . 3. - Nulla deve statuirsi in punto di spese processuali, stante la mancata resistenza al ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.