Scappa dal servizio militare e dalla guerra: riconosciuto lo status di rifugiato

I Giudici del Tribunale di Palermo smentiscono la visione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva respinto la domanda presentata da un cittadino originario dell’Ucraina. Decisiva la constatazione che l’uomo potrebbe essere costretto a compiere crimini di guerra, e avrebbe come alternativa solo il rifiuto di prestare servizio nell’esercito, rifiuto sanzionato però con una pena detentiva.

Va riconosciuta protezione allo straniero che fugge dal proprio Paese per evitare il servizio militare quale ‘riservista’ e la guerra, che rifiuta perché contrario all’uccisione di uomini . Per i Giudici del Tribunale di Palermo, difatti, la sanzione penale prevista per i renitenti alla leva è valutabile come atto di persecuzione. Respinte le obiezioni mosse dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e dal Ministero dell’Interno Tribunale di Palermo, sez. I Civile, decreto depositato del 5 marzo 2019 . Conflitto. Ricostruita nei dettagli la vicenda di un uomo, originario dell’Ucraina, che si è visto negare, una volta approdato in Italia, il riconoscimento della protezione. In sostanza, egli è fuggito dal proprio Paese perché, inquadrato come tenente di riserva, ha voluto evitare di dovere prendere parte alla guerra presente nella regione di Dombass. Nessun dubbio sulla sua chiamata alle armi a certificarlo la ‘cartolina-precetto’ poi ricevuta dal padre. Certa anche la sanzione penale prevista in Ucraina per i renitenti alla leva. Tuttavia, lo straniero si è comunque dato alla fuga per evitare di combattere, perché contrario , ha spiegato, alla guerra e all’uccisione di uomini contro altri uomini . Meglio la reclusione , piuttosto che la partecipazione a un conflitto armato , ha chiosato. Queste parole non sono state ritenute sufficienti dalla Commissione territoriale, che ha respinto la richiesta di protezione avanzata dal cittadino ucraino. Persecuzione. A salvare l’uomo, però, è la diversa valutazione compiuta dai Giudici del Tribunale di Palermo, i quali si soffermano sul pericolo cui egli andrebbe incontro con il rimpatrio in Ucraina, ossia le sanzioni previste in quel Paese per i renitenti alla leva. In premessa, viene comunque ricordato che in base alle vigenti norme di diritto internazionale, gli Stati hanno diritto di autodifesa e di richiedere ai cittadini di prestare servizio militare . Di conseguenza, la renitenza alla leva e la diserzione non sono di per sé rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale . Tuttavia, a modificare l’orizzonte è il richiamo al d.l. n. 251 del 2007, secondo cui gli atti di persecuzione rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato possono configurarsi come azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini di guerra . E diverse fonti, osservano i Giudici, attestano la commissione di crimini di guerra nel conflitto ucraino, sia da parte dello Stato ucraino che delle forze armate separatiste della Repubblica popolare del Donetsk . Impossibile, poi, per lo straniero optare per l’obiezione di coscienza , riconosciuta in Ucraina solo per alcuni gruppi religiosi, non quello a cui lui appartiene attualmente. Evidenti, quindi, secondo i giudici, i pericoli connessi a un ritorno in patria. Ciò perché vi è una ragionevole possibilità che l’uomo possa essere impiegato nel conflitto armato nella regione del Donbass, con conseguente elevato rischio di vedersi coinvolto, anche indirettamente, nel compimento di atti definibili come crimini di guerra . Allo stesso tempo, va annotato che il rifiuto a prestare servizio militare rappresenterebbe l’unico mezzo per evitare la partecipazione a tale conflitto ma tale atto potrebbe essere punito con una pena detentiva da uno a cinque anni , come previsto dal Codice Penale dell’Ucraina. Tirando le somme, la menzionata sanzione costituisce atto di persecuzione , e ciò a prescindere dalla durata della pena , e l’appartenenza al gruppo sociale dei renitenti alla leva rappresenta il fondamento della persecuzione , concludono i Giudici. Vi sono quindi tutti i presupposti per riconoscere lo status di rifugiato in favore del cittadino ucraino.

Tribunale di Palermo, sez. I Civile, decreto 5 marzo 2019 Presidente/Estensore Vacca