L’accertamento del giudicato esterno impedisce l’esame nel merito della vicenda già oggetto di altro giudizio

Qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell'identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.

Con la pronuncia del 4 aprile 2019, n. 9316, il S.C. ha l’occasione per illustrare le principali questioni in tema di giudicato esterno e, in particolare, i riflessi dello stesso nei confronti di altre vicende giudiziarie nelle quali si affrontano i medesimi fatti oggetto del giudicato. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento prende le mosse dall’azione esecutiva avviata nei confronti dei possessori sine titulo di un immobile da parte dei proprietari che avevano intenzione di entrare nella disponibilità dell’immobile stesso. Avverso questa azione erano state promosse due opposizioni all’esecuzione una ai sensi dell’art. 615, comma 1, rigettata con sentenza passata in giudicata una ai sensi del secondo comma dell’art. 615, accolta in primo grado con sentenza poi confermata in appello ed impugnata per ricorso in Cassazione. Senza entrare nel merito delle questioni e dei motivi di ricorso, il S.C., verificata l’identità delle opposizioni promosse e, soprattutto, il passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso la prima opposizione rigettandola, accoglie l’eccezione di giudicato esterno promossa dai ricorrenti e cassa, quindi, la sentenza appellata, senza rinvio ulteriore. Giudicato interno e giudicato esterno come e perché. Secondo la giurisprudenza nell’interpretazione che offre dell’art. 2909 c.c., bisogna distinguere tra giudicato interno e giudicato esterno. La nozione di giudicato interno fa riferimento alle statuizioni relative a diritti, meri fatti o questioni di rito formatesi durante uno stesso processo ancora in corso di svolgimento, rispetto alle quali il giudice, dello stesso grado o del grado successivo, non è più tenuto a rivalutare la questione, ma solo ad adeguarsi a quanto accertato e risolto. Per giudicato esterno, invece, si intende quella pronuncia adottata in un diverso processo tra le stesse parti – come nel caso di specie - che incide però sul medesimo rapporto giuridico oggetto di controversia, ovvero attiene a questioni di fatto o di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause. Quale finalità del giudicato esterno. Il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d'interesse pubblico di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e può essere rilevato d’ufficio dal giudice, il quale non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo. Pertanto, l'esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d'ufficio. Accertamento del giudicato ed effetti processuali. Una volta accertata la sussistenza del giudicato interno o esterno si producono una serie di effetti sul processo in corso. In particolare, il passaggio in giudicato di una pronuncia del giudice ordinario o del giudice amministrativo recante statuizioni sul merito di una pretesa riferita affrontata anche in altro giudizio produce i suoi effetti anche nel successivo giudizio, a prescindere da un'esplicita declaratoria in tal senso, sicché le parti non possono più contestarla nelle successive controversie tra le stesse, fondate sul medesimo rapporto ed instaurate davanti ad un giudice diverso, in quanto il giudicato esterno ha la medesima autorità di quello interno, perseguendo – come visto - entrambi il fine di eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche e di garantire la stabilità delle decisioni. Nel caso di specie, infatti, l’accertamento del giudicato esterno ha determinato l’impossibilità per la Cassazione di esaminare quanto oggetto della sentenza di appello impugnata, posto che la questione era già stata risolta con altra sentenza passata in giudicata tra le medesime parti. Giudicato esterno e giudizio di Cassazione. Analogamente a quanto testè riferito, nel giudizio di cassazione il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d'ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla sentenza impugnata. Giudicato esterno e certezza della formazione. Effetti così rilevanti come quelli prodotti dalla sussistenza del giudicato impongo un particolare scrupolo nell’accertamento dello stesso. Affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo, infatti, è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria. Peraltro, il giudicato esterno, in quanto provvisto di vis imperativa e indisponibilità per le parti, va assimilato agli elementi normativi , sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici , in base agli artt. 12 ss. disp. prel. c.c., con conseguente sindacabilità degli eventuali errori interpretativi sotto il profilo della violazione di legge. Giudicato esterno nel processo tributario. Parzialmente diversa rispetto a quanto finora illustrato è la questione del giudicato nel processo tributario. Nel processo tributario, infatti, l'efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardino tributi diversi stante la diversità strutturale delle suddette imposte, oggettivamente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 ottobre 2018 – 4 aprile 2019, n. 9316 Presidente Vivaldi – Relatore Gianniti Rilevato in fatto 1.La Corte d’appello di Ancona con la sentenza impugnata recante numero 459/2014 - rigettando l’appello proposto da F.L. e da A.L. - ha integralmente confermato la sentenza n. 197/2005 con la quale il Tribunale di Ascoli Piceno aveva accolto l’opposizione proposta da C.G.L. e G. , nonché da P.M. alla procedura esecutiva iniziata dalla F. e dalla A. . 2. Era accaduto che, in data 18/9/2004, la F. e l’A. - volendo entrare nella disponibilità di un immobile, sito in omissis , del quale si erano rese aggiudicatarie a seguito di vendita all’incanto nella procedura espropriativa promossa contro C.G.G. ed E. - avevano notificato a C.G.L. , G. ed E. , nonché a Fi.Ra. e P.M. , quali possessori sine titulo, contestualmente - il decreto di trasferimento in loro favore del bene emesso il 23/6/2003 dal Tribunale di Ascoli Piceno, con il quale si era ingiunto ai debitori e a chiunque si trovasse senza titolo nel possesso dell’immobile di rilasciarli alla piena e libera disponibilità degli acquirenti e - atto di precetto, con il quale veniva intimato agli stessi il rilascio del bene entro 10 giorni. Trascorso detto ultimo termine, la F. e l’A. avevano notificato preavviso di rilascio e in data 30 ottobre 2004 era stato eseguito il primo accesso, rimasto infruttuoso, da parte dell’ufficiale giudiziario. Avverso l’esecuzione forzata erano state proposte due opposizioni - la prima era stata promossa ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, con atto di citazione notificato in data 24 settembre 2004 davanti all’allora Tribunale di San Benedetto del Tronto da parte di C.G.L. , G. ed E. , nonché da parte di Fi.Ra. e P.M. detta opposizione è stata definita con sentenza n. 766/2014 del Tribunale di Ascoli Piceno, nelle more passate in giudicato come di seguito sarà precisato - la seconda era stata promossa ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, con ricorso depositato il 13/11/2004 da parte dei soli G.L. e G. , nonché P.M. detta opposizione ha formato oggetto, dapprima, della sentenza n. 197/2005 del Tribunale di Ascoli Piceno e, poi, della sentenza n. 459/2014 della Corte di appello di Ancona impugnata per l’appunto con il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità . In particolare, nell’opposizione promossa ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2 C.G.L. figlia di G. e nipote di E. , gli originari debitori espropriati aveva dedotto di possedere legittimamente in forza di scrittura privata di vendita in data 10 marzo 2004, con la quale la F. e l’A. - dopo essere entrate nella disponibilità del bene a seguito del decreto di trasferimento e dopo averle successivamente ceduto spontaneamente il possesso - le avevano venduto la proprietà del bene. C.G.G. e P.M. avevano eccepito il loro difetto di legittimazione passiva, deducendo di non essere nel possesso dell’immobile. La F. e l’A. , parte opposta, avevano controdedotto che la compravendita di cui alla menzionata scrittura privata si era risolta di diritto ex art. 1454 c.c., essendosi parte acquirente resa inadempiente al pagamento del secondo acconto per l’importo di Euro 80 mila ed essendo perdurato l’inadempimento anche dopo la ricezione di formale diffida ad adempiere conseguentemente, il titolo esecutivo ex art. 586 c.p.c. - che non aveva mai esaurito la sua funzione, dato che le aggiudicatarie non avevano mai acquisito la disponibilità del bene in ragione della protratta occupazione - era utilizzabile nei confronti di C.G.L. , la quale non poteva opporre una situazione di legittimo possesso dell’immobile. Il Tribunale di Ascoli Piceno - sezione distaccata di San Benedetto del Tronto - con sentenza n. 197/2005 aveva accolto l’opposizione condannando le opposte alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla parte opponente. Avverso la sentenza del giudice di primo grado avevano proposto appello la F. e l’A. . Nel giudizio di appello si erano costituiti G.L. e G. , nonché P.M. , contestando l’impugnazione. E l’appello è stato per l’appunto respinto dalla Corte di appello di Ancona con la sentenza impugnata. 3.Avverso la sentenza della Corte d’appello hanno proposto ricorso F.L. e A.L. . Hanno resistito con controricorso C.G.L. e P.M. , i quali, in via subordinata hanno rilevato l’omessa notifica del ricorso agli eredi di C.G.G. , deceduto nel corso del giudizio, ed hanno chiesto disporsi l’integrazione del contraddittorio a detti eredi, anche per ragioni di litisconsorzio processuale. In vista dell’udienza pubblica svoltasi in data 18 luglio 2018 le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Ad esito dell’udienza, il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso. E questa Corte, sentiti i difensori presenti, con ordinanza interlocutoria ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di C.G.G. o, in mancanza, del curatore dell’eredità giacente, fissando alle ricorrenti il termine di novanta giorni, decorrente dalla data di comunicazione dell’ordinanza, per eseguire la notificazione. Integrato il contraddittorio, il ricorso è stato nuovamente trattato nell’odierna pubblica udienza, nella quale Procuratore generale e difensori delle parti hanno rassegnato le conclusioni in epigrafe precisate. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso è affidato ad un solo motivo, articolato in varie doglianze e preceduto dall’eccezione di intervenuto giudicato esterno. 1.1. Precisamente, F.L. e A.L. in via preliminare eccepiscono che la sentenza impugnata contrasta con la sentenza n. 766/2014, emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 22/9/2014, pubblicata in pari data e passata in giudicato in data 9/3/2015. Rilevano che detta sentenza definitiva ha valutato e qualificato i fatti posti a fondamento dell’opposizione in modo del tutto incompatibile con la prospettazione giuridica nei limiti della sua comprensibilità, denunciati nel merito ed il risultato offerti dalla Corte di Appello di Ancona. L’accertamento contenuto in detta sentenza, divenuta irrevocabile, secondo le ricorrenti, assorbe ogni questione sulla validità o meno del titolo azionato, precludendo ogni decisione sull’argomento di segno contrario basato sugli stessi elementi di fatto. 1.2. Passando al c.d. merito cassatorio, F.L. e A.L. , denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 la nullità della sentenza e la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per motivazione meramente apparente e tale da impedire di comprendere l’iter logico seguito dalla Corte d’appello. Deducono le ricorrenti che la Corte territoriale, incorrendo nel vizio denunciato, ha motivato il rigetto dell’appello in poche righe contenute nella pagina 5 della sentenza dal contenuto incomprensibile, tanto più che la stessa Corte d’appello ha dichiarato p.4 di discostarsi dal percorso argomentativo seguito dal primo giudice. In breve, secondo le ricorrenti, nella sentenza non sono indicate le ragioni per le quali la fattispecie contrattuale di compravendita, ancor prima di essere risolta, avesse assorbito la precedente posizione di diritto, generandone una nuova, e neppure sono indicate le ragioni per le quali il decreto di trasferimento aveva esaurito la sua efficacia. In via subordinata, per il caso in cui fosse considerato assolto l’obbligo di motivazione, le ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la mancata ammissione dei mezzi istruttori volti a dimostrare che loro non erano mai state immesse nel possesso del bene immobile. Più precisamente deducono che la Corte di merito a nel caso in cui avesse ritenuto che il titolo esecutivo costituito dal decreto di trasferimento in data 23/6/2003 aveva esaurito la sua efficacia per aver fatto conseguire alle aggiudicatarie il possesso dell’immobile già prima della stipulazione della scrittura privata 10/3/2014 , avrebbe dovuto ammettere le richieste istruttorie, che erano state formulate proprio al fine di dimostrare la perdurante occupazione dell’immobile da parte dei resistenti occupazione che aveva loro impedito di ottenere, in forza del decreto di trasferimento, la materiale disponibilità dello stesso b e, in mancanza di loro acquisizione del possesso quali aggiudicatarie , non avrebbe dovuto ritenere esauriti gli effetti del decreto di trasferimento, salvo violare l’art. 586 c.p.c., comma 3, e art. 474 c.p.c., comma 2, n. 1 la cui violazione per l’appunto viene denunciata . Sempre in via subordinata, per il caso in cui fosse considerato assolto l’obbligo di motivazione, le ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione degli artt. 1230, 1458, 2033 e 1372 c.c., per avere la Corte territoriale ricondotto l’estinzione della pretesa creditoria contenuta nel titolo esecutivo ad una presunta novazione derivante dalla stipula della scrittura privata di compravendita, peraltro senza considerare l’intervenuta risoluzione di tale negozio. Deducono le ricorrenti che la Corte di merito - nel caso in cui avesse ritenuto che il titolo esecutivo costituito dal decreto di trasferimento in data 23/6/2003 aveva esaurito la sua efficacia per novazione della pretesa creditoria in esso contenuta con quella scaturente dalla scrittura privata del 10/3/2004 - sarebbe incorsa nel vizio denunciato. Al riguardo sottolineano che non avevano mai posto in essere una qualche manifestazione di volontà volta a rinunciare all’efficacia esecutiva del decreto di trasferimento in data 23/6/2003, in quanto nella successiva vendita 10/3/2004 nulla era stato sul punto cristallizzato e, d’altra parte, alla data del 10/3/2004, non avevano alcun interesse alla sostituzione dell’obbligazione contenuta nel titolo esecutivo con le obbligazioni derivanti dal contratto di compravendita, in quanto, all’atto della sottoscrizione della scrittura privata, avevano ricevuto soltanto l’acconto di 30 mila Euro a fronte dei complessivi 240 mila Euro, pattuiti per il prezzo . Ed ancora le ricorrenti rilevano che la decisione della Corte di merito è errata anche a voler ritenere che la vendita avesse avuto effetto novativo, in quanto, secondo autorevole dottrina, alla risoluzione del contratto novativo per inadempimento segue la reviviscenza dell’originaria obbligazione e che comunque la nuova posizione di diritto generata dal contratto avrebbe al più potuto produrre effetti nei confronti loro nonché nei confronti di C.G.L. e giammai nei confronti del padre e del marito della stessa, signori C.G.G. e P.M. , che neppure erano stati parti della scrittura di vendita . 2. L’eccezione di giudicato esterno è fondata. 2.1. In primo luogo va dato atto che la sentenza n. 766/2014, emessa e pubblicata in data 22/9/2014 dal Tribunale di Ascoli Piceno, essendo stata notificata e non essendo stata impugnata, ha acquistato autorità di cosa giudicata in data 8 marzo 2015. Secondo parte controricorrente, la notifica di detta sentenza all’avv. Perri, avvenuta a mezzo PEC, sarebbe nulla in quanto a mancherebbe la dichiarazione di autentica delle copie b non sarebbero stati indicati gli estremi della sentenza c non sarebbe stata individuata la parte, assistita dal procuratore destinatario della notifica. Pertanto, la sentenza sarebbe passata in giudicato soltanto con il decorso del termine lungo ossia in data 22/10/2015 . Sennonché, dall’esame del fascicolo - al quale questa corte accedere in considerazione della natura della doglianza in esame risulta che la sentenza n. 766/20145 del Tribunale di Ascoli Piceno - è stata notificata via PEC in data 11/2/2015 all’avv. Perri al riguardo si rileva che a in ognuna delle relate allegate alle tre pec inviate dall’avv. Olivieri all’avv. Perri è attestata la conformità della sentenza all’originale informatico b i dati, di cui parte controricorrente lamenta l’omissione, sono dati che mancano nella stessa sentenza estratta dal fascicolo telematico ragion per cui detta mancanza non può in alcun modo essere imputata alle odierne ricorrenti c le relate di notifica indicano specificatamente a quale degli assistiti dell’avv. Perri era diretta ogni singola notifica e cioè C.G.L. , suo marito P.M. e sua madre Fi.Ra. - è stata notificata all’avv. Venieri difensore, unitamente all’avv. Perri, di C.G.L. , P.M. e Fi.Ra. in data 7/10/2014 a mezzo ufficiale giudiziario e in data 6/2/2015 a mezzo PEC dall’avv. Olivieri. In definitiva, la sentenza n. 766/2014 è stata ritualmente notificata ai procuratori di C.G.L. e di P.M. e, non essendo stata impugnata peraltro, non soltanto entro il termine di giorni 30 ma neppure successivamente , ha acquisito autorità di cosa giudicata. 2.2. Il Tribunale di Ascoli Piceno - respingendo l’opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 1, fondata sulla medesima causa petendi dell’opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, la cui decisione è oggetto di questo giudizio di legittimità - ha definitivamente accertato il diritto di F. - A. di procedere ad esecuzione forzata nei confronti di C.G. e c. in forza di titolo esecutivo costituito dal decreto di trasferimento emesso il 23/6/2003 dal Tribunale di Ascoli Piceno. Il passaggio in giudicato delle predette statuizioni rende irretrattabili le statuizioni riguardanti - la perdurante efficacia esecutiva del decreto di trasferimento nonostante il successivo contratto del 10/3/2004 e l’immissione nel possesso dell’opponente C.G. - l’infondatezza dei motivi di opposizione all’esecuzione, dedotti dalla C.G. il legittimo possesso dell’immobile, conseguito dopo il decreto di trasferimento in virtù della scrittura del 10/3/2004 in quella sede identici a quelli che l’opponente ha addotto con l’opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2 . Dalla totale coincidenza delle cause petendi delle due opposizioni deriva che la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno, divenuta definitiva, spiega effetti di giudicato sull’opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, pendente davanti a questa Corte. E - va anche sottolineato - che se è vero che il giudicato su di un’opposizione all’esecuzione non copre il dedotto ed il deducibile, ma soltanto il dedotto azione eterodeterminata , nel caso di specie però risultano essere state dedotte identiche ragioni di opposizione. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata poiché il giudicato formatosi in altra controversia ed esterno riverbera i suoi effetti anche sul presente giudizio e causa , preso atto del definitivo accertamento positivo del diritto di agire in executivis e dell’infondatezza delle ragioni di opposizione. Ex art. 384 c.p.c., la causa va decisa nel merito ed - in conformità del giudicato - va respinta l’opposizione all’esecuzione. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., vanno riconosciute alla parte ricorrente F. -A. le spese relative ad entrambi i gradi del giudizio di merito, oltre a quelle relative al presente giudizio di legittimità, spese tutte che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte - accoglie l’eccezione preliminare di giudicato esterno e, per l’effetto, assorbita ogni ulteriore doglianza, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’opposizione proposta da C.G.L. e G. , nonché da P.M. alla procedura esecutiva iniziata dalla F. e dalla A. - condanna i controricorrenti, in via tra loro solidale, alla rifusione delle spese di tutti i gradi di giudizio, sostenute dalle ricorrenti, spese che liquida per il giudizio di primo grado, in Euro 3.300, e, per il giudizio di appello, in Euro 5.700, oltre, per entrambi i gradi, accessori come per legge nonché oltre alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.