Il giudice relatore, nel giudizio di cassazione, svolge ruolo simile al giudice istruttore

La ricusazione non può avere una funzione meramente preventiva, indipendente dalla effettiva assegnazione della causa ad un collegio di cui il giudice designato fa parte e può essere richiesta in ipotesi tassativamente indicate dalla legge, è posta a salvaguardia della imparzialità e non può essere utilizzata quale strumento per impedire ad un giudice di pronunciarsi su una data questione.

Il caso. Un avvocato, in proprio, quale difensore di se stesso, proponeva ricorso in cassazione avverso una sentenza del Giudice di Pace. Il giudice relatore chiedeva che fosse dichiarata l’improcedibilità. Parte ricorrente proponeva ricusazione del giudice relatore, ritenendo che la richiesta formulata dal giudice si mostrava in palese contrasto con la legge e la giurisprudenza indicata in ricorso ed era stata articolata in due sole righe, circostanza che, a dire di controparte, mostrava l’assenza di imparzialità del giudice. Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 7541/19, depositata il 18 marzo. La ricusazione. Il procedimento di ricusazione del giudice ha natura giurisdizionale, sicché è necessario garantirvi il contraddittorio delle parti del processo cui la ricusazione accede, le quali devono essere messe in condizione di intervenire e adeguatamente interloquire, senza avere diritto, tuttavia, ad uno specifico termine, che non è previsto dalla legge - Cass. n. 16627/2014. La ricusazione, infatti, è uno strumento diretto ad impedire ai giudici concretamente designati alla trattazione della causa, in presenza di tassative ipotesi che, per scelta del legislatore, impediscono un esercizio imparziale della funzione giurisdizionale o non lo fanno apparire tale. La stessa non può, pertanto, avere una funzione meramente preventiva, indipendente dalla effettiva assegnazione della causa ad un collegio di cui il giudice designato fa parte. – Cass. 12345/2001. La proposta di improcedibilità avanzata dal giudice relatore non è anticipazione di giudizio. La S.C. ha chiarito che la legge prevede la possibilità per il giudice relatore di avanzare una proposta che, tuttavia, non corrisponde ad anticipazione del giudizio e non vincola il collegio. Proposta del giudice relatore e motivazione. Al fine di garantire il contradditorio, il giudice relatore che ritenga opportuno avanzare una proposta, dovrà predisporre una concisa relazione da cui sia possibile comprendere le motivazioni della stessa, concedendo termine alla controparte affinché possa articolare le proprie difese. La relazione citata garantisce il contraddittorio e non ha alcun ruolo anticipatorio essendo ferma ed indiscutibile la libertà del collegio di aderire o non aderire alla proposta. Con queste argomentazioni, il collegio ha respinto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 6 novembre 2018 – 18 marzo 2019, n. 7541 Presidente D’Ascola - Relatore Criscuolo Ragioni in fatto ed in diritto della decisione L’avvocato A.F. , quale difensore in proprio, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe che aveva confermato l’ordinanza di convalida del Giudice di Pace in un giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione per violazione del codice della strada. Il relatore della sezione designata di cui all’art. 376 c.p.c., comma 1, ha depositato proposta per l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ed il presidente ha fissato l’udienza camerale del 19/7/2018, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio con ordinanza interlocutoria del 17 agosto 2018 n. 20782 ha disposto trasmettersi gli atti al Presidente titolare della sesta sezione civile affinché valutasse se nella memoria fosse possibile ravvisare un’istanza di ricusazione nei confronti del relatore. Quindi il Presidente titolare ha dato disposizioni affinché fosse fissata una nuova adunanza ai fini della decisione ex art. 53 c.p.c., con la composizione di un collegio del quale non facesse parte il relatore destinatario della richiesta del ricorrente con provvedimento dell’8 ottobre 2018 il Coordinatore della sottosezione seconda della sesta sezione civile ha fissato l’udienza del 6/11/2018, designando il consigliere C.M. , in sostituzione del consigliere O.L. interessato dalla ricusazione. Preliminarmente, deve darsi atto che il procedimento camerale attivato con l’istanza di ricusazione è regolato dall’art. 53 c.p.c., comma 2, con le formalità partecipative ivi previste, quale disciplina speciale applicabile ratione materiae rispetto a quella di cui al D.L. n. 168 del 2016, convertito con modificazioni dalla L. n. 197 del 2016 Cass. Sez. U., ord. 16/2/2017, n. 4098 . Occorre poi evidenziare che non appare possibile tenere conto delle memorie trasmesse a mezzo PEC dal ricorrente in prossimità della udienza camerale fissata per la decisione della ricusazione, atteso che al momento il processo telematico non risulta ancora applicabile al giudizio di cassazione. Va altresì premesso che gli istituti dell’astensione e della ricusazione costituiscono il necessario coronario processuale del principio di imparzialità del giudice, di rango costituzionale, e con particolare riguardo alla ricusazione, quale strumento volto a far valere concretamente la terzietà del giudice, essa mira a soddisfare non soltanto un interesse generale dell’amministrazione della giustizia, ma anche un diritto soggettivo della parte, alla luce sia dell’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sia del nuovo testo dell’art. 111 Cost., postulandone la tutelabilità giurisdizionale attraverso un procedimento che si conclude con una ordinanza che ha natura decisoria Cass. Sez. U., 20/11/2003, n. 17636 Cass. Sez. U., 22/7/2014, n. 16627 . Tuttavia le ipotesi di ricusazione sono pacificamente ritenute tassative Cass., Sez. U., 08/10/2001, n. 12345 Cass. 27/08/2003, n. 12525 , così come tassativi sono i casi in cui sussiste il dovere del giudice di astenersi, non potendo l’ordinamento consentire illimitatamente alle parti di ricusare il giudice o a qualunque giudice-persona fisica di astenersi dal decidere il limite dell’astensione e della ricusazione è dato, da una parte, dal diniego di giustizia, dall’altro, dalla necessaria soggezione alla giustizia . Orbene, a fronte del contenuto della proposta del relatore nel senso dell’inammissibilità del ricorso, nelle memorie del 12 luglio 2018 il ricorrente ha chiesto espressamente l’astensione ovvero la sostituzione del relatore, richiesta questa da intendersi quale volta a ricusare il magistrato autore della proposta, e ciò sul presupposto dell’erroneità delle conclusioni di cui alla stessa proposta, tacciata di essere manifestamente apodittica e contraddittoria con le risultanze, la legge e giurisprudenza col ricorso allegati, aggiungendosi altresì a pag. 3 che il relatore si sarebbe rivelato di parte, nel propendere con due righe per la detta inammissibilità. Ad avviso del Collegio non ricorrono le condizioni per l’accoglimento dell’istanza di ricusazione. In particolare, non è invocabile l’ipotesi di cui all’art. 51, n. 4, relativo a chi ha conosciuto in altro grado del processo , poiché - a prescindere dalla evidente diversità della situazione qui in esame rispetto a quella ipotesi - è decisivo comunque il rilievo che la predisposizione della proposta da parte del consigliere relatore è prevista dalla legge. In tal senso valga il richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte la quale, sebbene in relazione alla previgente disposizione di cui all’art. 380 bis c.p.c., che prevedeva la compilazione da parte del relatore non già di una semplice proposta, come oggi avviene in conseguenza della novella di cui al D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e , conv. in L. n. 197 del 2016, ha costantemente ribadito che non è dato ricusare ad opera delle parti il relatore. In tal senso si era evidenziato che la relazione delineata dall’art. 380 bis non era né un segmento di decisione pur revocabile sottoposto alla approvazione del Collegio né una qualificata opinione versata agli atti era una proposta di definizione processuale accelerata che traeva le mosse dalla ricorrenza delle condizioni normative di cui all’art. 375 c.p.c., nn. 1 - 2 - 3 – 5, ed indicava alle parti ed al Collegio l’ipotesi di siffatta ricorrenza. Per rendere chiara e discutibile tale proposta il relatore non doveva limitarsi ad una indicazione sintetica conclusiva ma doveva formulare una concisa relazione che, all’esito della sintetica narrativa, offrisse pubblica attestazione delle ragioni di fatto e di diritto alla base della proposta. Tale meccanismo processuale trovava poi una sua giustificazione razionale nell’esigenza di provocazione del contraddittorio che aveva spinto anche all’introduzione dell’art. 384 c.p.c., comma 4 ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 12, là dove prevede che la decisione su questioni rilevabili d’ufficio dal Collegio debba essere preceduta dalla assegnazione alle parti di un termine per formulare osservazioni de successivamente ad opera della L. n. 69 del 2009 alla previsione di cui all’art. 101 c.p.c., comma 2. Si è reputato quindi evidente che la relazione in questione non avesse efficacia decisoria e che la stessa non potesse in alcun modo considerarsi come una sorta di anticipazione del giudizio da parte del consigliere relatore e per di più del collegio, che peraltro procedeva all’esame del ricorso solo dopo aver letto le memorie delle parti, con le loro osservazioni eventualmente critiche rispetto ai contenuti della relazione . Sempre in tale prospettiva si è assimilata l’attività del consigliere relatore, in questa fase, a quella che viene svolta dal giudice istruttore in applicazione dell’art. 182 c.p.c., con la conseguenza che non sussisterebbe alcun obbligo di astenersi né per il consigliere relatore, né per il presidente che ha fissato la adunanza di camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., e ciò anche qualora il pubblico ministero o le parti private invochino la erroneità delle considerazioni svolte nella relazione in tal senso, Cass. n. 24140/2010 Cass. n. 18047/2008 Cass. n. 24612/2007 Cass. n. 9094/2007 . Si è altresì evidenziato come siano anche insussistenti profili di sospetta illegittimità costituzionale del sistema atteso che poiché la relazione si risolve in una mera ipotesi di decisione, il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., dà vita ad un procedimento sostanzialmente bifasico per il quale possono valere le considerazioni già svolte dalla Corte costituzionale nei casi di provvedimento cautelare autorizzato ante causam e di successiva cognizione piena in sede di giudizio di merito sentenza n. 326 del 1997 , di decisione emessa ex art. 186 quater c.p.c. ordinanza n. 168 del 2000 , di rinvio cosiddetto restitutorio ex art. 354 c.p.c. sentenza n. 341 del 1998 . Ritiene il Collegio che tali conclusioni, sebbene riferite alla previgente disciplina dell’art. 380 bis c.p.c., debbano essere tenute ferme anche a seguito della novella. La sostituzione della relazione con una proposta, che peraltro vede nella legge come destinatario il solo presidente, e non anche le parti sebbene poi in sede di predisposizione del protocollo volto a dare attuazione alla riforma del 2016, si sia espressamente previsto che la proposta di trattazione camerale ex art. 380 bis, venga notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione di udienza presidenziale, senza però che debba trasformarsi in una vera e propria relazione, essendosi indicato quale debba esserne il contenuto essenziale - art. 6 del Protocollo del 15 dicembre 2016 tra Corte di cassazione, CNF ed Avvocatura Generale dello Stato impone di mantenere ferma la conclusione circa l’impossibilità di ricusarne l’autore. La volontà del legislatore di ridurre al minimo gli oneri motivazionali connessi alla proposta sebbene poi tale determinazione sia stata temperata in sede di adozione del citato Protocollo conferma la non decisorietà di tale atto, destinato semplicemente a fungere da prima interlocuzione tra il relatore ed il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la più ampia possibilità per il collegio stesso, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio di poter confermare ovvero rivisitare la proposta cfr. Cass. n. 7605/2017 anche in relazione alla disciplina scaturente dalla novella del 2016 anche mediante la soluzione, alternativa alla decisione in sede camerale, di rinvio della causa alla pubblica udienza come previsto dall’art. 380 bis c.p.c., u.c In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento della pena pecuniaria determinata in dispositivo. Il testo della presente ordinanza deve essere comunicato, ai sensi dell’art. 54 c.p.c., u.c Infine ritiene il Collegio che per i contenuti della memoria del 12/7/2018, si renda opportuna la trasmissione degli atti del presente procedimento al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti per le opportune valutazioni circa l’osservanza del dovere di probità e la conformità alla dignità ed al decoro della professione prescritto dall’art. 88 c.p.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento della pena pecuniaria di Euro 250,00 duecentocinquanta/00 Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia degli atti del procedimento in questione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Chieti per le determinazioni di sua competenza.