Il provvedimento di revoca o concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo non può essere impugnato con reclamo

Non sussistono valide ragioni – né di ordine costituzionale, né di natura sistemica – per ritenere necessaria l’equiparazione, quanto al regime delle impugnazioni, delle ordinanze sospensive adottate in sede esecutiva art. 624 c.p.c. con le ordinanze di concessione o diniego della sospensione dell’efficacia sospensiva del titolo ex art. 615, comma 1, c.p.c., trattandosi questi ultimi di provvedimenti suscettibili di riesame nel senso della conferma o della revoca con la sentenza che definisce il giudizio e residuando, in ogni caso, il rimedio ex art. 624 c.p.c. per l’eventualità affatto scontata di avvio del procedimento esecutivo.

E’ quanto rilevato nell’ordinanza emessa dal Tribunale di Fermo il 28 gennaio 2019. Il caso. I ricorrenti proponevano reclamo avverso l’ordinanza di sospensione della provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo opposto. Il Tribunale adito, investito della questione, conclude affermando per la non reclamabilità dell’ordinanza in questione. In particolare, il Giudice di merito sostiene che, non avendo il legislatore previsto espressamente la reclamabilità dell’ordinanza ex art 615, comma 1, c.p.c., nella fattispecie in esame si tratta di verificare l’applicabilità in via analogica della disciplina dettata dall’art. 624 c.p.c. alle ordinanze che provvedono sull’istanza di sospensione emesse dal Giudice dell’esecuzione nei giudizi di opposizione dell’azione esecutiva. Peraltro, secondo il magistrato, l’estensibilità della disciplina del rito cautelare uniforme alle ordinanze in questione, sembrerebbe implicitamente esclusa dall’art. 660- quaterdecies c.p.c., secondo cui dette norme, si applicano oltre alle fattispecie tipiche disciplinate dal codice di rito sequestri, denuncia di nuova opera e danno temuto, provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. e di istruzione preventiva agli atri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali in quanto compatibili. In sostanza, conclude il Giudice, il procedimento cautelare uniforme trova applicazione esclusivamente nelle fattispecie tipiche previste dal codice di rito, disciplinando in via residuale i soli provvedimenti cautelari previsti dal codice di rito e dalle leggi speciali. Dall’altra parte, se il legislatore avesse voluto includere nella disciplina del cautelare uniforme altri istituti del codice di rito, avrebbe potuto indicarlo espressamente così come ha fatto per i provvedimenti elencati nell’art. 669- quaterdecies c.p.c L’applicazione analogica della disciplina dettata per la fase esecutiva e, dunque, dal pignoramento in poi ex art. 491 c.p.c. nell’art. 624 c.p.c., inoltre, prosegue il Giudice, sembrerebbe esclusa da ragioni di carattere ermeneutico e sistematico. L’art. 624 c.p.c., innanzi tutto è norma dettata esclusivamente per il processo di esecuzione, essendo diretta a disciplinare l’attività del giudice dell’esecuzione e stante l’espresso richiamo all’esecuzione forzata. L’ordinanza ex art. 615, comma 1, c.p.c., inoltre, andrebbe ricondotta ai provvedimenti sommari di natura inibitoria, piuttosto che cautelare in senso proprio, atteso che il periculum in sede di opposizione a precetto è immanente nella necessità di evitare l’esercizio illegittimo dell’azione esecutiva, con la conseguenza che laddove l’opposizione presenti immediatamente un elevato grado di fondatezza, operando un concreto bilanciamento dei contrapposti interessi, occorre inibire un’esecuzione contra ius , che deve essere oggetto di verifica puntuale e rigorosa, a differenza dei procedimenti cautelari in cui il periculum va apprezzato alla luce del concreto pregiudizio paventato in danno al destinatario del provvedimento. Concludendo. Nel procedimento esecutivo, inoltre, la natura cautelare del provvedimento è determinata dall’esecuzione in corso e dunque, dall’immediata aggressione ai beni del debitore, non a caso, infatti, il potere riservato al Giudice dell’esecuzione consiste nella possibilità di sospendere l’esecuzione mentre il proprium del potere inibitorio accordato al Giudice istruttore inerisce alla legittimità dell’azione esecutiva stessa, potendo questi sospendere l’efficacia esecutiva del titolo.

Tribunale di Fermo, ordinanza 28 gennaio 2019 Presidente Marziali – Relatore Policati Motivi Il reclamo è inammissibile. E infatti, non solo il decreto emesso inaudita altera parte non può essere soggetto a reclamo ma, e la questione è assorbente, nemmeno la successiva ordinanza di conferma o modifica dello stesso, emessa ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., è soggetta a tale mezzo di gravame. Come già osservato da questo Tribunale, va in primo luogo considerato che il legislatore non ha previsto espressamente la reclamabilità dell’ordinanza ex art. 615 co. 1 c.p.c., sicché si tratta di verificare l’applicabilità in via analogica della disciplina dettata dall’art. 624 c.p.c. per le ordinanze sospensive” recte che provvedono sull’istanza di sospensione emesse dal g.e. nelle opposizioni esecutive. L’estensibilità della disciplina del rito cautelare uniforme alle ordinanze in questione, peraltro, sembrerebbe implicitamente esclusa dall’art. 669 quaterdecies c.p.c., secondo cui dette norme si applicano, oltre alle fattispecie tipiche disciplinate dal codice di rito sequestri, denuncia di nuova opera e danno temuto, provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. e di istruzione preventiva , agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali, in quanto compatibili. In sostanza, il procedimento cautelare uniforme trova applicazione esclusivamente nelle fattispecie tipiche previste dal codice di rito, disciplinando in via residuale i soli provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. D’altra parte, se il legislatore avesse volute includere nella disciplina del cautelare uniforme altri istituti del codice di rito, avrebbe potuto indicarlo espressamente così come ha fatto per i provvedimento elencati nell’art. 669 quaterdecies c.p.c. L’applicazione analogica della disciplina dettata per la fase esecutiva e, dunque, dal pignoramento in poi ex art. 491 c.p.c. nell’art. 624 c.p.c., inoltre, sembrerebbe esclusa da ragioni di carattere ermeneutico e sistematico. L’art. 624 c.p.c., innanzitutto, è norma dettata esclusivamente per il processo di esecuzione, essendo diretta a disciplinare l’attività del g.e. e stante l’espresso richiamo all’esecuzione forzata. L’ordinanza ex art. 615 co. 1 c.p.c., inoltre, andrebbe ricondotta ai provvedimenti sommari di natura inibitoria, piuttosto che cautelare in senso proprio, atteso che il periculum in sede di opposizione a precetto è immanente nella necessità di evitare l’esercizio illegittimo dell’azione esecutiva, con la conseguenza che laddove l’opposizione presenti immediatamente un elevato grado di fondatezza, operando un concreto bilanciamento dei contrapposti interessi, occorre inibire un’esecuzione contra ius, che deve essere oggetto di verifica puntuale e rigorosa, a differenza dei procedimenti cautelati in cui il periculum va apprezzato alla luce del concreto pregiudizio paventato in danno al destinatario del provvedimento cfr. Trib. Napoli, Ordinanza del 7.4.2015, Pres. Di Lorenzo - Est. Di Lonardo . Nel processo esecutivo, inoltre, la natura cautelare del provvedimento è determinata dall’esecuzione in corso e, dunque, dall’immediata aggressione ai beni del debitore non a caso, infatti, il potere riservato al g.e. consiste nella possibilità di sospendere l’esecuzione, mentre il proprium del potere inibitorio accordato al g.i. inferisce alla legittimità dell’azione esecutiva stessa, potendo questi sospendere l’efficacia esecutiva del titolo. Su tale ultimo punto, è da tener presente la sentenza della Corte Costituzionale n. 306 del 2007, secondo cui la natura latamente cautelare di provvedimenti a cognizione sommaria emessi dal giudice e incidenti sull’esecutività del titolo non impone una comune disciplina quanto ai rimedi utilizzabili contro ciascuno di essi argomento risolutivo per escludere ulteriormente che un’interpretazione costituzionalmente orientata imponga, pur in difetto di espressa previsione del legislatore, il riconoscimento del regime della reclamabilità del provvedimento sospensivo dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 comma 1 cpc per esigenze di omogeneità di disciplina con il regime previsto dall’art. 624 comma 2 cpc per i provvedimenti di sospensione adottati dal giudice dell’esecuzione” cfr. Trib. Milano, Ordinanza del 28/5/2008 . Per tali ragioni dev’essere rimeditato l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità cfr. Cass. n. 5368/2006 all’indomani della novella introdotto dalla legge 52/2006, che ha eliminato il riferimento all’art. 615 co. 2 c.p.c. originariamente contenuto nel primo comma dell’art. 624 c.p.c., trattandosi, in ogni caso, di norma diretta a disciplinare l’attività del solo giudice dell’esecuzione e, dunque, la fase esecutiva. Non sussistono, in definitiva, valide ragioni - né di ordine costituzionale, né di natura sistemica - per ritenere necessaria l’equiparazione, quanto al regime delle impugnazioni, delle ordinanze sospensive” adottate in sede esecutiva art. 624 c.p.c. con le ordinanze di concessione o diniego della sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615 co. 1 c.p.c., trattandosi questi ultimi di provvedimenti suscettibili di riesame nel senso della conferma o della revoca con la sentenza che definisce il giudizio e residuando, in ogni caso, il rimedio ex art. 624 c.p.c. per l’eventualità affatto scontata di avvio del processo esecutivo. Il reclamo va, quindi, dichiarato inammissibile. Nulla dev’essere, invece, disposto in merito alle spese di lite della presente fase di reclamo, dovendosi regolamentare le stesse con la sentenza conclusiva del giudizio di merito cfr. Trib. Napoli 7.4.2015 . P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone - Dichiara il reclamo inammissibile.