Nel riconoscere la validità del decreto ingiuntivo, il Tribunale non può dimenticarsi di pronunciare nel merito

L’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un procedimento ordinario a cognizione piena nel quale il giudice, anche laddove accerti la mancanza delle condizioni richieste per l’ingiunzione, non può prescindere dal pronunciarsi sul merito del diritto fatto valere dal creditore.

Lo ribadisce la Suprema Corte con sentenza n. 7020/19 depositata il 12 marzo. Il caso. La C.S.Q. s.r.l. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Pavia su richiesta dell’ANAF s.p.a. per il pagamento di una somma e degli interessi moratori, in forza di una fattura emessa per la prestazione di servizi. La società attrice eccepiva, a sostegno dell’opposizione, la nullità del decreto ingiuntivo per invalidità della procura del difensore apposta a margine del ricorso monitorio, deducendo la mancata indicazione del nome del legale rappresentante della società e l’illeggibilità della firma apposta in calce al mandato difensivo. La decisione del Giudice di Pace, che aveva accolto l’eccezione pregiudiziale di nullità della procura e aveva revocato il decreto ingiuntivo, veniva ribaltata in appello dal Tribunale di Pavia. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società ingiunta. Manca la pronuncia di merito. Tra i motivi di ricorso, la Corte di Cassazione ritiene fondati i primi due, relativi rispettivamente all’invalidità della procura rilasciata per il ricorso di ingiunzione e alla mancata pronuncia di merito sulla pretesa dedotta con lo stesso, che assume la veste di domanda giudiziale. In merito a tali questioni sollevate dalla società ricorrente, gli Ermellini ricordano che l’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un procedimento ordinario a cognizione piena nel quale il giudice , pur avendo accertato la mancanza delle condizioni richieste per l’ingiunzione, non può prescindere dal pronunciarsi sul merito del diritto fatto valere dal creditore . Pertanto, il Tribunale non poteva limitarsi a riconoscere la validità del decreto ingiuntivo senza pronunciarsi sul merito della pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione. Per tali motivi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Pavia.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 novembre 2018 – 12 marzo 2019, n. 7020 Presidente Oricchio – Relatore Tedesco Fatti di causa Il C.S.Q. - Centro Sicurezza e Qualità - di M.M. C.S.Q. ha proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Pavia su richiesta di ANAF S.p.A. per il pagamento della somma di Euro 1.920,00 in forza di fattura emessa per prestazione di servizi, oltre interessi moratori D.Lgs. n. 231 del 2002, ex art. 4. A sostegno dell’opposizione ha eccepito la nullità del decreto ingiuntivo per l’invalidità della procura al difensore apposta a margine del ricorso monitorio, deducendo non era indicato il nome del legale rappresentante della società ricorrente e non era leggibile la firma apposta dal rappresentante in calce al mandato difensivo. Nel merito l’opponente ha contestato la fondatezza della pretesa, per non avere l’ANAF dato la prova della prestazione indicata in fattura. Ha inoltre negato la legittimità della liquidazione degli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002. Il giudice di pace ha accolto l’eccezione pregiudiziale di nullità della procura e ha revocato il decreto ingiuntivo, con condanna dalla ingiungente al pagamento delle spese di lite. Il Tribunale di Pavia, a seguito dell’appello proposto dalla ANAF S.p.A., ha riconosciuto infondata l’eccezione di nullità del mandato difensivo. Quindi in accoglimento dell’appello ha confermato il decreto ingiuntivo opposto. Successivamente, su ricorso dell’ANAF, il tribunale ha integrato la sentenza, aggiungendo la condanna della C.S.Q. a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado. Per la cassazione della sentenza C.S.Q. ha proposto ricorso affidato a tre motivi. L’ANAF ha partecipato alla discussione orale davanti al collegio. Ragioni della decisione 1. Nella discussione orale l’ANAF ha eccepito la nullità della notifica del ricorso per cassazione eseguita il 3 febbraio 2015 a mezzo del servizio postale in omissis , presso il domiciliatario per il giudizio d’appello avv. Cinzia Faravelli. Il piego, depositato presso l’ufficio postale il 9 febbraio 2015, risulta restituito al mittente il 23 febbraio 2015 per compiuta giacenza, in quanto non ritirato dal destinatario entro dieci giorni. La ragione di nullità è stata identificata nel fatto che il difensore domiciliatario aveva trasferito altrove il proprio studio, dando regolare comunicazione della variazione al competente consiglio dell’ordine. La circostanza costituisce mera enunciazione, tuttavia la denunciata nullità, qualora in ipotesi sussistente, non potrebbe comunque essere dichiarata, poiché la costituzione della resistente, anche se avvenuta solo in occasione della discussione innanzi alla Corte, avrebbe sanato la nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3 cfr. Cass. n. 9362/2002 . Nè la resistente avrebbe ragione di chiedere di essere rimessa in termini per il deposito del controricorso, perché a tale deposito avrebbe potuto provvedere autonomamente, senza temere una eventuale eccezione di tardività della notificazione oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c Invero, come chiarito da questa Corte, la nullità della notificazione del ricorso impedisce il decorso del termine per la notificazione del controricorso Cass. n. 27452/2008 n. 908/2005 . 2. Il primo motivo denuncia nullità del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il Tribunale di Pavia ha riconosciuto infondata l’eccezione di invalidità della procura rilasciata per il ricorso per ingiunzione, che il giudice di pace aveva accolto. La ricorrente sostiene che il riconoscimento della validità formale del provvedimento monitorio non esauriva la materia del contendere, che comprendeva la verifica della fondatezza della pretesa fatta valere con il ricorso per decreto ingiuntivo, sulla quale il tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e 645 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c L’opposizione a decreto ingiuntivo non consiste in un giudizio di mero accertamento della validità del decreto ingiuntivo, ma instaura un giudizio ordinario destinato a concludersi con una pronuncia di merito sulla pretesa dedotta con il ricorso, che assume la veste della domanda giudiziale. Il tribunale, pertanto, dopo avere riconosciuto la validità formale del provvedimento monitorio, avrebbe dovuto statuire sul merito della domanda, accertando l’an e il quantum della pretesa del creditore. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 287 e 112 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La ANAF ha richiesto in appello la restituzione delle somme pagate in dipendenza della sentenza riformata, ma il tribunale non ha pronunciato su tale domanda. Si sostiene che tale omissione integrava un vizio di omessa pronuncia, non emendabile tramite il procedimento di correzione di errore materiale. 3. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono fondati. L’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un procedimento ordinario a cognizione piena art. 645 c.p.c. nel quale il giudice anche se abbia accertato essere stata emessa l’ingiunzione nella mancanza delle condizioni richieste dagli artt. 633 c.p.c. e ss., deve comunque pronunciare sul merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione tenendo conto degli elementi probatori esibiti nel corso del giudizio, con salvezza delle ipotesi del difetto di competenza funzionale dell’organo che ha emesso l’ingiunzione o del difetto dei presupposti processuali, di pregiudiziali ed ostative ragioni preclusive della pronuncia del decreto stesso del quale il giudice dell’opposizione è tenuto a dichiarare la nullità Cass. n. 4121/2001 . Nel caso in esame è avvenuto che il giudice di primo grado ha ritenuto la sussistenza di tali ragioni preclusive della pronuncia del decreto, mentre il giudice d’appello è andato in contrario avviso e ha riconosciuto valido, sotto il profilo considerato, il decreto ingiuntivo. Ma a questo punto il tribunale non poteva limitarsi a riconoscere la validità del decreto ingiuntivo, ma, in applicazione dei principi sopra indicati sulla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, avrebbe dovuto pronunciare sul merito della pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione. È ovvio che l’opponente, totalmente vittorioso in primo grado, non aveva altro onere se non quello di riproporre nel giudizio d’appello, così come ha fatto, le ragioni di opposizione contro il decreto ingiuntivo. 4. Assorbito il terzo motivo. 5. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale di Pavia in persona di diverso magistrato, che provvederà all’esame del merito della causa di opposizione e liquiderà le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo e il secondo motivo dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia al Tribunale di Pavia in persona di diverso magistrato anche per le spese del giudizio di legittimità.